[Incontrotempo] due giorni a Torino dentro le lotte, di fron…

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Author: CSOA ExKarcere
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To: incontrotempo
Subject: [Incontrotempo] due giorni a Torino dentro le lotte, di fronte alla crisi!
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Antagonisti: dentro le lotte, di fronte alla crisi!

Torino 8/9 novembre 2008_Csoa Askatasuna

Proponiamo una due giorni di assemblea e confronto in una fase molto
particolare in cui la crisi, tanto paventata nei tempi addietro, va
materializzandosi e sedimentandosi come crisi globale, se non definitiva,
sicuramente come crisi strutturale e di sistema.
Quand’ancora c’interrogavamo sugli effetti e cause di una crisi della
rappresentanza che colpiva soprattutto una sinistra orfana d’identità e
progetto, ecco giungere un terremoto che sposta su ben altri livelli
l'orizzonte di precarietà del sistema-mondo capitalista segnando, come
dato incontrovertibile, la fine della “globalizzazione felice” e la messa
in archivio delle retoriche neoliberiste.

Dentro i movimenti, contro la crisi

Leggere la fase che stiamo attraversando significa però già attrezzarsi
per affrontarla e attraversarla con pratiche che puntino all'abbattimento
del sistema-crisi, ad una fuoriuscita possibile attraverso le strade
battute dalle resistenze e dalle pratiche dei movimenti. Non è possibile,
in questo contesto, parlare della crisi come un solo aspetto, riservato
all'economia e alla finanza. Ad essere in crisi è un sistema intero, che
trascina e sussume a sé ogni campo del vivente nella sua gerarchia
d'organizzazione del dominio.
E' crisi economica certo, ma è al contempo crisi sociale e culturale, col
proliferare ad ogni latitudine di metastasi razziste e guerra tra bande;
crisi della rappresentanza politica e dei poteri; crisi alimentare,
energetica, ambientale, dispiegata su scala mondiale perché unico vero
prodotto diffuso ovunque - suo normale derivato tossico - della
globalizzazione capitalista. Sarebbe riduttivo e velleitario leggere in
questo passaggio contemporaneo cruciale la fine totale di un sistema, ma è
decisamente compito di chi non ha nessuna contiguità con esso, ma vi cova
anzi un irriducibile antagonismo, provare ad infilare quel varco che già
si può intravedere nelle pratiche dei movimenti e nei loro No costituenti.

Dobbiamo prendere atto di come sia imploso il sistema delle borse e delle
banche, imploso al suo interno, ed esploso all'esterno colpendo con le sue
schegge chiunque viva la materialità di questo presente, fuori dai
terminali delle piazze-affari e delle corporation. Il dato oggettivo che
ci stanno consegnando questi primi tempi è quello di un sistema che si
dimostra nocivo e scellerato per sua natura, incapace di innovarsi
veramente se non tentando di bruciare nei passi più veloci, tutto quello
che ha sotto tiro: territori, comunità, vite. Si dimostra un sistema
cieco, incapace di inventare persino forme di dominio che stiano al passo
con i tempi da esso scanditi, arrivando ancora una volta a dover azzerare
tutto per riorganizzarsi.
La ricaduta è pesante nel sociale, e a farne le spese non sono solo i ceti
più bassi della società ma anche, e forse soprattutto, quelle " classi
medie" (pilastro storico della democrazia parlamentare-rappresentativa)
che vedono erosi i propri passati "privilegi" pagando in rapporto,
conseguenze ben più pesanti, tanto da metterne in discussione la stessa
condizione in termini di status e auto-rappresentazione.

In questo contesto globale in cui le sicurezze immateriali, e presto
quelle materiali, vengono meno, le campagne politico-mediatiche degli
stati nazionali si riversano sulle insicurezze metropolitane, in un abile
gioco di specchi che rovescia i termini del problema. In Italia il
"pacchetto sicurezza" sembra essere l'unica vera risposta tangibile alla
precarietà sociale e alla mancanza di certezze, veicolando attraverso
attente regie, la rabbia e la frustrazione di chi trova sempre più
difficoltà nel vivere questo presente, individualizzando la paura,
fornendo bersagli sociali rappresentati dai migranti e da ogni altra
categoria possa attentare alle certezze dell'immaginario medio.
In egual misura il consenso di Berlusconi si regge sugli stessi sintomi,
rafforzati da un'indecente opposizione, che sebbene possa nei suoi livelli
partitici, portare nelle piazze numeri considerevoli di persone, non
rappresenta nessuna reale alternativa al governo in carica. Semmai proprio
quelle forme di partecipazione, attraverso le quali i partiti fanno la
voce grossa (e tentano di recuperare quello che genuinamente si muove
nella società), vengono immediatamente annullate dalla non volontà di dare
seguito ai maxi-eventi. Anzi, sempre di più, nella sinistra istituzionale,
si prospetta il modello ormai rodato del “manifesta e butta”: mobilitare
l’apparato per convogliare su scadenze ritenute importanti migliaia di
persone, per poi cancellarne la presenza al termine stesso dell’evento,
tramutandola in una forma di partecipazione “liquida” ed in una politica
“liquefatta”.

Scuole e università battono il tempo: No Gelmini Night & Day

Ma la descrizione del quadro istituzionale non esaurisce un panorama
sociale ricco di ben altri segnali. Che il tempo battuto da quest'epoca
sia plurimo lo dimostrano le lotte degli studenti che in un contesto ben
più ampio, rappresentano il primo vero scoglio affrontato dal governo
Berlusconi. Una mobilitazione dispiegata e capillare sta attraversando
l'Italia lasciando sul campo ciò che fino a ieri era considerato
"sinistra", dal sindacato ai partiti, aprendo strade autonome di
mobilitazione ed organizzazione che lasciano intravedere un orizzonte
altro rispetto allo schema prefissato dai poteri costituiti.
A tutti i livelli del sistema-istruzione esiste una mobilitazione capace
di uscire dalle grigie mura non solo degli istituti superiori e delle
università, ma attraverso il connubio genitori-insegnanti, dalle scuole
elementari e materne, dispiegando forme di autorganizzazione che fino a
poco tempo fa erano impensabili.

Si regge proprio su questi due binari la novità del movimento No Gelmini:
sugli studenti, di nuovo protagonisti della scena dopo tanto tempo; sui
genitori e gli insegnanti scorporativizzati, che ne sono il valore
aggiunto nei numeri e nella qualità. E’ impressionante vedere come le
assemblee e le riunioni scolastiche autoconvocate, “stacchino” il
pachiderma sindacale, dettando tempi e modi di una mobilitazione che,
dipendesse da loro, non sarebbe nemmeno partita; tanto che l’unico vero
sforzo sindacale in campo è quello di continuare a riproporsi come agente
della mediazione tra le parti senza esserne soggetto realmente attivo,
dimostrando scarsa capacità anche nel costruirne una rappresentanza
minima.

Se le scuole primarie hanno dato il là alla mobilitazione nella
consapevolezza della posta in gioco di una riforma che sconvolgerebbe i
precari equilibri che permettono la riproduzione sociale ai tempi della
precarietà-come-norma (in quell'intreccio profondo che, via tempo-pieno,
tiene insieme lavoro dei genitori, tempo "libero" e cura dei figli), il
movimento delle facoltà ribelli ha qualificato soggettivamente
l’opposizione al decreto, estendendone la visibilità e la radicalità.
Oltre la consegna di settore gli universitari hanno subito detto: “noi la
crisi non la paghiamo!”, indicando il nesso che tiene insieme crisi
sistemica globale e risposta locale di un ceto di politici-ragionieri
dalla vista corta. Ha anche ricordato ai politici di ogni colore che
"questo movimento è irrappresentabile", al di fuori dal mercato
elettorale, negandosi di fatto come capitale politico per la
rappresentanza.

I tempi sociali sono altri rispetto alla Pantera, ma tra quel movimento e
questa nuova sollevazione corrono sotterranee linee di continuità e
consapevoli rotture. La Pantera sorgeva in una fase storica in cui
ideologie e tradizioni della sinistra segnavano il passo di fronte al
discorso trionfante di un neoliberismo in stato nascente.
Segnò soprattutto, tra quella generazione di universitari, la
consapevolezza di non avere altro referente politico all'infuori di sé,
intravedendo nei contenuti della riforma Zecchino, gli embrioni di una
politica di privatizzazione massiccia del sapere. Questi processi sono
oggi definitivamente giunti a maturazione, con la differenza che è
l'intera classe politica ad essere de-legittimata e nessuno sembra più
disposto a scommettere sull'intrinseca bontà di un mercato
auto-regolantesi, nel momento in cui tutti iniziano a provare sulla
propria pelle gli effetti devastanti della globalizzazione capitalista.

Senza la pretesa di riassumere e rappresentare un movimento che li eccede
e travalica, le soggettività cresciute nei centri sociali sono tra i
protagonisti della mobilitazione, nonostante gli sgomberi e le inchieste
che li tengono nel mirino. Diventa allora centrale, in questo come nei
movimenti che seguiranno, capire come dare continuità a quel linguaggio
conflittuale che fa incontrare sulle strade dei movimenti, i componenti
delle realtà antagoniste e i soggetti sociali che su determinate vertenze
ne utilizzano, e a volte radicalizzano, il lessico e le pratiche.
Sta qui, nell'ambivalenza della crisi, nelle forme di insorgenza che si
danno, il ruolo di un proposta politica antagonista, attenta e capace di
fare i conti con il presente, prudente e spregiudicata nell'immaginare ed
organizzare il futuro.

Programma di massima:

sabato 8 novembre h 14: Introduzione e assemblea generale

domenica 9 novembre

h 10: tavoli di lavoro

- NoGelmini: Università, medi e scuole primarie
- Migranti: tra spinte soggettive e razzismo sociale
- Spazi Sociali sotto attacco
- Lavoro&Precarietà: riforma contrattaz. nazionale
- Politiche di genere
- Comunicazione

h 13.30: pranzo
h 14: relazioni e conclusioni


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