[Incontrotempo] L'onda anomala studentesca a Palermo

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Szerző: CSOA ExKarcere
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Címzett: ras, redditoxtutti, incontrotempo
Tárgy: [Incontrotempo] L'onda anomala studentesca a Palermo
E' solo l'inizio... L'onda anomala del movimento studentesco continua a
riversarsi spontaneamente nelle strade di Palermo oggi 28 ottobre a
partire dalle ore 11:00 migliaia di studenti universitari e delle scuole
superiori hanno effettuato dei blocchi spontanei e dei cortei improvvisati
in varie zone della citta' contro il dl Gelmini. Ai blocchi del traffico
per diverse ore si sono accostati striscioni volantini megafonaggio. un
migliaio fra studenti medi e universitari ha bloccato per diverse ore il
quadrivio via notarbartolo/via liberta', per poi partire in corteo fino a
piazza politeama 500 studenti medi e universitari hanno bloccato per
diverse ore i quattro canti e poi sono partiti in corteo per via Maqueda
passando per esprimere solidarieta' dalla Facoltà di Scienze Politiche
occupata circa 300 studenti universitari hanno bloccato per diverse ore
via Basile parallela di viale delle scienze per poi rientrare nelle
facoltà.. Questo atto e' un ulteriore momento di pressione , dopo l'enorme
corteo di ieri, di oltre 30.000 persone, contro il governo per l'immediato
ritiro del dl gelmini che domani (29 ott) sara' in discussione e
approvazione al senato.. Le arterie bloccate sono quattro canti via
notarbartolo/via liberta' , via E. Basile , p.zza Ottavio Ziino Un
ulteriore momento di lotta delle centinaia che si sono svolti in questi
giorni , stanno paralizzando la citta' di Palermo e dimostrano la
spontaneita' ,la irrappresentabilita' e l'anomalia di questo movimento.
L'onda anomala vi travolgera'... ritiro immediato del dl gelmini
http://nogelminipalermo2.noblogs.org per info contattare Giorgio Martinico
338-1962258 di seguito il volantino distribuito unitariamente dai vari
blocchi e cortei. UN MOVIMENTO IRRAPPRESENTABILE!! È una nuova
composizione soggettiva quella che sta emergendo dallo straordinario
movimento che, in questi giorni, sta finalmente incendiando le università
italiane. Il casus belli è la legge 133 di Gelmini e Tremonti, con i tagli
– a questo punto definitivi – all’istruzione superiore, la drastica
riduzione del fondo di finanziamento ordinario, il blocco del turnover, la
trasformazione delle università in fondazioni private. L’obiettivo sono
complessivamente le politiche che, da destra a sinistra, non sembrano
avere altra strategia se non la dismissione del sistema universitario. Una
composizione nuova, dicevamo: assolutamente pragmatica, compiutamente
post-ideologica, interamente socializzata nel tessuto produttivo
metropolitano, senza alcuna lacrima da versare per le bandiere, colorate o
belle che siano. Sa che i confini tra formazione e lavoro sono saltati,
nel segno della precarietà e della devalorizzazione. Non è un caso,
allora, che in queste settimane nelle affollatissime assemblee di facoltà
e di ateneo, a Palermo e nelle altre città, tutti vogliano prendere parola
per porre al centro la questione della dequalificazione dei saperi e dei
titoli di studio, per rivendicare denaro, per rovesciare l’assenza di
futuro in pienezza della decisione sul proprio presente. È una
composizione irrappresentabile, che sta facendo dell’ingovernabilità una
forma di espressione di piazza e di conflitto. Si muove veloce e in modo
imprevedibile, non è mai dove i poliziotti e il sistema politico si
aspettano di trovarla, proprio come è successo nella rivolta del 2006 in
Francia contro il Cpe. Non mancano certo i problemi, soprattutto a
osservare la situazione con lenti poco abituate: ma i tratti difficoltosi
della non politicizzazione dei nuovi studenti sono continuamente
reversibili nella radicalità delle pratiche. Così, per ora, l’apparente
mancanza di un discorso diffuso sull’occupazione degli atenei non si
risolve nell’immobilismo, ma al contrario produce la necessità di invadere
la metropoli per renderla ingestibile. Questa è anche, o forse
soprattutto, una composizione che vuole vincere, proprio come hanno fatto
gli studenti contro il Cpe. Per farlo, ha scelto una temporalità autonoma
e indipendente, non subalterna né ai tempi della politica (la legge, del
resto, è già passata e va fatta ritirare), né all’immagine lineare delle
forme di crescita e maturazione dei movimenti. Per vincere, quindi,
bisogna rendere permanente l’ingovernabilità, scegliere di volta in volta
i terreni su cui costruire forza, durare un minuto di più dell’avversario.
Questo è ciò che questo movimento ci sta insegnando: tra le macerie
dell’università pubblica c’è la vita. La vita di una composizione
soggettiva che non ha alcuna intenzione di sobbarcarsi i costi della
crisi, finanziaria e dell’università, perché il fallimento è quello di chi
le macerie le ha create o, in mezzo ad esse, tenta di conservare
pavidamente i propri residuali privilegi. Tutto ciò è condensato in quello
slogan che risuona continuamente nelle piazze, “noi la crisi non la
paghiamo”, che è già programma politico e di lotta. È un movimento che
combatte il mercato senza alcuna nostalgia dello Stato, consapevole che il
pubblico non va difeso, ma costruito. I poliziotti con il fiato corto che,
negli ultimi giorni, inseguono lo sciame di studenti che improvvisano
cortei, blocchi spontanei, sono la miglior metafora di un sistema politico
e di potere che, per quanto mostri i muscoli, non riesce a catturare la
gioia della cooperazione sociale e del conflitto. L’anomalia della
situazione italiana non è Berlusconi, come le retoriche di sinistra da
tempo raccontano. L’anomalia si chiama movimento universitario.
Un’anomalia selvaggia, libera, imprendibile.