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Author: Errata
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Subject: [Badgirlz-list] LA BANDA BAADER MEINHOF alla festa del cinema
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LA BANDA BAADER MEINHOF alla festa del cinema
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    Gli anni di piombo tedeschi in scena tra fascino e terrore Il regista tedesco Uli Edel risolleva il velo su una stagione tragica della Germania occidentale. Nel film "La banda Baader Meinhof", presentato fuori concorso al Festival di Roma e dal 31 ottobre nelle sale italiane, ripercorre dieci anni di storia della RAF, l'organizzazione terroristica di estrema sinistra fondata nel 1970 da Andreas Baader e Ulrike Meinhof. Correndo però a volte il rischio di raffigurare i leader della lotta armata come degli eroi. Il film prende il via nel 1968, con i primi movimenti studenteschi contro gli Stati Uniti e la guerra in Vietnam, e finisce con il suicidio in carcere dei due leader del movimento che nel '70 scelse la strada terroristica. I figli della generazione vissuta sotto il nazismo temevano l'imperialismo Usa, protestavano contro Israele, manifestavano come i coetanei francesi e i neri americani. Fino a quando una fazione più radicale, guidata da
 Andreas Baader (Moritz Bleibtreu), Ulrike Meinhof (Martina Gedeck) e Gudrun Ensslin (Johanna Wokalek), entrò in clandestinità e scelse la strada della violenza «contro l'oppressione e la violenza in tutto il mondo». Portarono a termine attacchi contro obiettivi americani, centrali di polizia, sedi dei giornali. Nel '72 la polizia tedesca riuscì a catturarli, ma mentre i tre erano in carcere nuovi adepti erano pronti ad arruolarsi. In un disperato e ormai incontrollato colpo di coda della lotta armata che culminò con il dirottamento di un aereo della Lufthansa nell'ottobre del '77. Il film scritto dal produttore e sceneggiatore Bernd Eichinger in Germania sta riscuotendo molto successo e ovviamente ha riaperto il dibattito su quel decennio. «Sia io che Eichinger siamo stati protagonisti e osservatori di quella stagione, volevamo metterla in scena come l'abbiamo vissuto noi. - ha spiegato il regista a Roma - Ben consapevoli che all'inizio quei
 personaggi rivoluzionari esercitavano un certo fascino su di noi, ma che ad un certo punto tutto mutò e si trasformò in orrore». La pellicola insegue gli eventi con un ritmo serrato, con dialoghi continui e una regia fluida, attenta a non schierarsi dalla parte dei protagonisti, anche se a volte questi somigliano a degli eroi positivi: affascinanti, coraggiosi, idealisti. «Per essere il più possibile obiettivi abbiamo fatto un lavoro accuratissimo di ricerca storica, letto testimonianze e rivisto materiale video. - si difende Eichinger - È chiaro che quei protagonisti avevano, e in parte hanno ancora, un certo fascino. Avevano costruito un mito attorno a loro, si sa che volevano dei cambiamenti ma individuarono il mezzo sbagliato e si distrussero da soli. È normale che oggi il film venga percepito in maniera controversa». Regista e sceneggiatore sono stati accusati dalla sinistra tedesca di «aver affondato il movimento rivoluzionario» o di
 «aver denunciato i propri amici», ma la loro maggior soddisfazione è di aver riaperto un dibattito pubblico perchè «confrontarsi serve sempre a fare chiarezza». Non ha ancora distribuzione italiana l'altro film tedesco, Schattenwelt, che è sullo stesso tema ma molto più di attualità sul rapporto tra i terroristi e le loro vittime e sul diritto degli ex terroristi di tornare a vivere dopo il carcere. È un piccolo film d'autore con Franziska Petri e Ulrich Noethen protagonisti, piaciuto ai critici più del kolossal sulla Baader Meinhof, che nel raccontare una storia di vittima e carnefice, con i ruoli che si ribaltano, mette l'accento sul post terrorismo. Lui è Wilder, ex terrorista della seconda generazione della Raf, libero dopo 20 anni. Lei è Valerie, la sua vicina di casa, una vittima dimenticata rispetto ai morti importanti. Il padre fu ucciso durante un'azione della Banda e lei adesso non gli dà tregua, inchiodandolo ad un passato che
 non passa e da vittima diventa carnefice. «I terroristi - ha detto il regista Connie Walther -sono stati figure mediatiche e per anni hanno oscurato le vittime, mentre noi sappiamo che le vittime hanno psicologicamente bisogno che la loro sofferenza venga riconosciuta. Ecco cosi che l'ombra lunga del passato ritorna anche dopo anni».