[Incontrotempo] Comunicato redazione Infoxoa

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Quando tutto è più chiaro, le barricate diventano ponti!

Prima iniziarono con i bambini rom, gli presero le impronte, proseguirono con le prostitute cacciandole come bestie, poi con gli immigrati senza accorgersi che andavano al lavoro, passarono alle vie di fatto con i centri sociali sgomberandoli, caricarono gli studenti che protestavano, dissero che erano tutti terroristi, eversivi, fannulloni e bamboccioni. Poi dissero che c’era la crisi, o lo dissero prima, fatto sta che la crisi era di tutti, che tutti dovevano pagare, o meglio tutti quelli che la crisi la subivano. Poi qualcuno cominciò a dire che non era cosi, che non era possibile, che avevamo da reclamare diritti e dignità, prima che pensare a salvare banchieri, finanzieri, politicanti. Allora iniziarono a trovare bottiglie molotov mentre sgomberavano un centro sociale a Roma, che tutti riconobbero perché erano uguali identiche a quelle di Genova, quelle che la polizia portò alla Diaz per massacrare decine di persone durante il G8 e che poi scomparvero e che nessuno ritrovò. Ora siamo tutti più tranquilli, sono state ritrovate: la polizia le portò al centro sociale Horus appena sgomberato.
Insomma, fatto sta che ad un certo punto tutto diventò più chiaro: i fascisti che rigurgitano erano come sempre i soliti mercenari, servi dell’ordine costituito, che servivano a porre la questione della forza e dell’autoritarismo. L’esercito che doveva essere utile ai cittadini per prendere la metro si rivelò quello per che era: l’esercito! E tra camionette ai cortei e jeep in periferia militarizzarono le città. I padroni, dopo aver tanto pianto per la competitività necessaria a far soldi nel grande mercato globale, si resero conto che il socialismo era alle porte, cosi che tutti i loro debiti furono regalati al popolo lavoratore e consumatore. Ed i governi che fino al giorno prima, durante il balletto del chi sale e chi scende, dicevano di non avere un euro da destinare a salari, case popolari, ospedali migliori, trovarono, come le molotov all’Horus, in qualche cassetto di qualche ministero, qualche decina di miliardi di euro da donare, prima alle banche, poi ai costruttori di automobili, poi a tutte le grandi imprese che ne chiedevano.
Poi avvenne un fatto strano, migliaia di persone scesero in piazza, lo slogan più urlato era: “la vostra crisi non la pagheremo noi” e con insolenza e sfacciataggine in molti occuparono università e scuole, altri inventarono assessorati autogestiti e popolari alla casa, altri non andarono a lavorare quel giorno, qualcuno portò i propri figli a vedere il sole in una giornata di pioggia.
Allora i potenti si incazzarono e dissero: “Ma come, c’è la crisi? Abbiamo messo in piedi tutto st’armamentario! Questi non vogliono partecipare a pagare la crisi? Allora una svolta ci vuole” disse il più lesto tra loro “una svolta autoritaria ci vuole”! Fu così, che morta la mediazione, finita l’alternanza, con la crisi che entrava nelle tasche dei soliti noti che già pagavano da anni, in molti decisero di rimettere in piedi le barricate della ragione, della gioia, della libertà perché in fondo tutto quello di cui necessitavano erano ponti, luoghi di attraversamento, di comunione, anzi di comunanza, anzi di comunismo. Barricate che diventassero ponti, usate per incontrare, per scambiare, per costruire, non più le alternanze, non più le menzogne, ma le alternative.
E ad un certo punto tutto fu più chiaro: le barricate sono ponti che servono per difendere un centro sociale, una facoltà occupata, un posto di lavoro, un diritto negato, una casa occupata, un migrante malmenato, un precario deriso, un giovane sfruttato, per difendere sogni che diventano realtà.
E non ci furono né padani né alemanni che tennero, tanto meno manager e capitani di industria, o banchieri, finanzieri, magistrati, falsi giornalisti e politicanti, né eserciti, poliziotti, camice nere o brune. Ad un certo punto la svolta arrivò: non era più quella autoritaria, ma quella per la libertà!


Siamo il sangue nuovo nelle arterie della metropoli!
Cospirare vuol dire respirare insieme!

Infoxoa, rivista di quotidiano movimento