No al disegno di legge sulla prostituzione
Le proposte avanzate dalle principali organizzazioni attive nel settore
sono state completamente disattese dal Governo
Dinanzi all'allarme e al disagio che diversi cittadini e alcune
collettività manifestano nei confronti del fenomeno prostituzione non ci
sono scorciatoie: occorre tenere insieme la tutela dei diritti delle
vittime di sfruttamento sessuale, il sostegno all'inclusione sociale per
chi si prostituisce e vorrebbe una alternativa, il contrasto delle
organizzazioni criminali, le esigenze di sicurezza che - per essere tale -
non può che venire declinata come "sicurezza sociale" e riguardare tutti,
comprese le persone che si prostituiscono. È questo il messaggio che
alcune delle più qualificate organizzazioni che operano nel settore della
prostituzione e della tratta - ASGI, Associazione Gruppo Abele,
Associazione On the Road, Caritas Italiana, Coordinamento Nazionale
Comunità di Accoglienza (CNCA), Comitato per i Diritti Civili delle
Prostitute, Comune di Venezia, Consorzio Nova, Dedalus, Save the Children
- hanno mandato al Governo presentando un proprio documento di analisi e
proposte.
Le organizzazioni firmatarie del testo sottolineano che la conciliazione
di queste diverse esigenze è già praticata ogni giorno in tante città
della Penisola: si tratta di quel "modello italiano" che ha fatto del
nostro Paese il punto riferimento nello scenario internazionale in materia
di tutela delle persone vittime di grave sfruttamento e di tratta. Un
approccio che ha permesso di proteggere la persona sfruttata e vittima di
tratta che decide di uscire dal racket; proporle occasioni di formazione e
inserimento sociale e lavorativo; favorire la denuncia degli sfruttatori;
rafforzare la collaborazione tra enti locali, associazioni, magistratura,
forze dell'ordine; intervenire per gestire gli eventuali conflitti che si
creano con i residenti.
I promotori del documento hanno chiesto, perciò, al Governo di rafforzare
questo modello che, tra le altre cose, ha portato il nostro Paese al
primato negli arresti e processi per reati di tratta e correlati. Vietare
la prostituzione in strada - come proposto dal Governo nel disegno di
legge - significa invece spingere chi si prostituisce nel sommerso degli
appartamenti, dove chi è sfruttato lo sarà ancora di più, invisibile per
forze dell'ordine e operatori sociali.
Delusione, dunque, degli enti poiché il Governo ha ignorato le richieste
di incontro e i contenuti del documento. Eccone alcuni passaggi-chiave,
con le argomentazioni che gli enti contano comunque di portare nel
dibattito che seguirà:
1) Vietare la prostituzione in strada non è solo una norma inefficace, ma
è innanzitutto controproducente. Nella Relazione dell'Osservatorio sulla
Prostituzione dell'ottobre 2007, redatta dal Ministero dell'Interno, di
concerto con gli altri Ministeri, con la Direzione Nazionale Antimafia,
con Enti Locali e con il Terzo Settore, si afferma che la prostituzione
non è una questione di ordine pubblico, ma una questione sociale.
2) La prostituzione è, spesso, una forma di tratta e riduzione in
schiavitù, soprattutto a danno di donne e minori: gli sforzi devono essere
diretti a contrastare trafficanti e sfruttatori e a dare possibilità di
affrancamento e tutela alle vittime.
3) La prostituzione, soprattutto in strada, è esercitata spesso da persone
con serie difficoltà economiche e sociali (anche donne italiane), o da
persone discriminate che spesso non hanno alternative (come le
transessuali): occorre offrire alternative e possibilità di inclusione
sociale, e non colpire queste persone.
4) Vietare la prostituzione in strada non è una risposta al problema, ma
significherebbe solo spostarlo in luoghi meno accessibili alle Forze
dell'Ordine e agli enti assistenziali. Oltretutto il Governo sottovaluta
il ruolo che gli sfruttatori già hanno anche all'interno di edifici chiusi
come appartamenti e locali notturni, e che con il Disegno di legge
avrebbero ancora di più.
5) Il Disegno di legge non considera che chi si prostituisce non commette
nessun reato contro terzi, ma anzi, spesso, li subisce. Senza l'aiuto
delle vittime è quasi impossibile attuare efficaci azioni di contrasto.
Senza contare che i nuovi provvedimenti rischierebbero di sottrarre
risorse alle forze di polizia nelle attività di indagine e contrasto alla
criminalità e congestionerebbe ulteriormente gli uffici giudiziari. Il
"giro di vite" che il Governo ha varato avvantaggia, di fatto, gli
sfruttatori e danneggia le vittime. E danneggia anche i minori, perché
l'articolo che prevede il rimpatrio dei minori dediti alla prostituzione
sembra ignorare le norme internazionali: un minore dovrebbe essere
rimpatriato nel proprio paese d'origine soltanto se tale misura
corrisponde alla realizzazione del suo superiore interesse. E verificare
ciò, significa identificare, caso per caso, una soluzione duratura che
permetta la più completa realizzazione possibile dei diritti del minore in
questione, la cui opinione in merito deve essere ascoltata e tenuta in
dovuta considerazione.
6) Se tolte dalle strade e mandate al chiuso, le vittime di tratta saranno
ancora più deboli: sarà quasi impossibile raggiungerle e attivare
programmi di aiuto.
Alla luce di tutto ciò le associazioni firmatarie esprimono la loro
contrarietà con la linea di Governo, e avanzano una serie di proposte
volte a garantire i Diritti fondamentali delle persone.
Tra le proposte:
1) L'applicazione reale (e non a macchia di leopardo) della Legge Merlin,
in quanto tutela la dignità delle persone che si prostituiscono, colpisce
lo sfruttamento e favorisce percorsi di fuoriuscita e di assistenza.
Accanto a ciò l'articolo 18 del Testo Unico Immigrazione e la legge sulla
tratta. Ottime leggi ma poco applicate.
2) Formare chi opera sul campo (associazioni, enti, forze dell'ordine,
operatori della giustizia) sulle opportunità offerte dalla legislazione
vigente, in modo che siano sempre più in grado di aiutare chi è sfruttato.
3) Ratificare la Convenzione del Consiglio d'Europa contro la tratta;
4) Promuovere interventi che riescano a realizzare per tutte le persone
che vogliono lasciare la prostituzione, un buon inserimento sociale e
lavorativo.
5) Attività di contatto, formazione, sostegno all'inserimento lavorativo.
6) Mediazione dei conflitti nei territori dove l'esercizio della
prostituzione solleva problemi.
7) Prevedere opportuni collegamenti tra gli apparati nazionali e i Paesi
d'origine delle vittime di tratta in modo da poter prevenire e contrastare
il fenomeno.
8) Assicurare le speciali tutele dovute per i minori. I diritti dei minori
coinvolti in attività prostituiva, tra i quali vittime di sfruttamento,
tratta e riduzione in schiavitù, devono essere pienamente garantiti, senza
alcuna discriminazione. Ciò riguarda anche l'eventualità del rimpatrio: un
minore dovrebbe essere rimpatriato nel proprio paese d'origine soltanto se
tale misura corrisponde alla realizzazione del suo superiore interesse.
9) Supportare l'inclusione socio-lavorativa delle vittime che decidono
volontariamente di rientrare nel proprio Paese e sostenere lo sviluppo
socio-economico dei Paesi stessi. In questa direzione gli estensori
chiedono al Ministero degli Esteri di istituire un'agenzia che funzioni da
interfaccia tra i soggetti attuatori dell'art.18 e dell'art.13 e le
rappresentanze consolari presenti in Italia.
10) Promuovere e pubblicizzare il Numero Verde in aiuto alle vittime di
tratta (800 290290).
11) Attivare collaborazioni con tutti i Ministeri competenti, la Direzione
Nazionale Antimafia, le Organizzazioni Non Profit accreditate,
rappresentanza di Regioni ed Enti Locali, Sindacati ecc. per definire,
programmare e monitorare le politiche e gli interventi in materia di
tratta.
Il Documento è a cura di:
Asgi, Associazione Gruppo Abele, Associazione On the Road, Caritas
Italiana, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca), Comitato
per i Diritti Civili delle Prostitute, Comune di Venezia, Consorzio Nova,
Coop. Sociale Dedalus, Save the Children.
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