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Don Luigi, la resa del prete di frontiera
"Troppi poveri da aiutare, chiudo la sacrestia e vado in Africa a fare il missionario"
Duecento lettere agli amici dal parroco di San Siro: "Non ho un euro per sfamarli, mi appello a voi e all´aiuto di Dio"
GIUSEPPE FILETTO
Ha resistito a sette incendi alla chiesa, appiccati lo scorso anno, in meno di sei mesi, dalla mano del suo stesso sacrestano, un giovane disperato che aveva raccolto dalla strada. Ha perfino sorriso dopo il pestaggio a sangue da parte di un ladro, scoperto l´8 ottobre del 2005 a rubare in sacrestia, un rumeno che la mattina chiedeva i soldi per mangiare e li riceveva proprio da lui, don Luigi Traverso. «Ma l´assalto dei poveri è impressionante», confessa il parroco di San Siro. Che ora, a 79 anni, vorrebbe gettare la spugna, sommerso dai debiti, da 3500 euro di fido in rosso alla banca, e dalle richieste di aiuto che non riesce a soddisfare: «Vede», dice, mostrando un malloppo di bollette del gas, della luce e di affitto, quattromila euro da pagare, di gente che non ce la fa più ad arrivare neppure a fine giornata. «Chiudo tutto e vado in Africa, a fare il missionario - si sfoga il prete di frontiera - qui non si può più andare avanti, ogni giorno ci sono sempre più poveri che chiedono soldi e cibo».
La povertà dilaga e don Luigi ha scritto un´addolorata e drammatica lettera ai suoi parrocchiani: «Io vi assicuro, e spero che mi crederete, non so più cosa fare... pur selezionando i casi, controllando i consumi, vagliando caso per caso... sono proprio arrivato al capolinea. Dovrei chiudere la sacrestia e il Centro di ascolto e sparire... «.
Ogni mattina dietro la porta della canonica, in via San Siro dei vicoli, il parroco (è qui da 50 anni) trova 70 persone: che chiedono elemosina ed incredibilmente hanno fame. A 20 metri da via Cairoli, dove - ironia della sorte - l´erboristeria all´angolo consiglia ai clienti il test bio-energetico, un modo moderno di indicare la cura dimagrante. A 50 metri da via Garibaldi, patrimonio dell´Unesco, con i palazzi sfarzosi e le illusioni da guardare e impossibili da realizzare. «Accanto al benessere di pochi aumenta la miseria di molti», scrive don Luigi.
Fame ed opulenza. Miseria e nobiltà. Qui stridono con durezza, la stessa denunciata dal parroco nelle 200 lettere spedite ad altrettanti "amici". «Che mi hanno sempre aiutato, persone sensibili - ripete - ma che ora fanno fatica, adesso fanno mancare qualcosa, forse perché anche per loro i tempi sono diventati difficili». Ad essi don Traverso chiede se c´è ancora spazio, tempo e volontà di andare avanti: «Cosa mi dite? Di farlo? Di continuare quel poco che è possibile e sperare nell´aiuto di Dio e nel vostro?».
Uno scritto provocatorio, ammette don Luigi, per stimolare le persone che possono: «Poi dove vado?», si chiede. «Sono cose che scrivo quando mi trovo nella disperazione», aggiunge, cercando di smorzare i toni drammatici. Una lettera accompagnata dalle coordinate bancarie per l´eventuale bonifico, ma anche da una richiesta di perdono: «Per essermi ancora permesso di importunarvi», ripete il parroco che don Balletto definì "santo fatto e finito", ma che teme di salire ancora una volta in prima pagina. «Lui è così, è un modesto, non ama apparire e nasconde tutto quello che fa», spiega Giorgio, uno dei 20 collaboratori di "San Siro" che il prete ha saputo coinvolgere. Ad ognuno ha affidato un compito: c´è chi raccoglie viveri e li distribuisce, chi soldi e pensa all´economia della chiesa. Ma quello di infilare comunque la mano in tasca ed allungarla di nascosto verso i poveri è un vizio che il parroco non ha perso da quando è stato educato dalla famiglia ai Giovi.
Alle 11.55 di ieri nella cupa sacrestia rivestita di noce scuro, attendono in cinque, tre minuti dopo sono dieci: una coppia di nordafricani, due italiani, tre rumeni, una zingara, un albanese ed un barbone. Aspettano perché sanno che alla fine il Don troverà qualche spicciolo anche per loro: allungato sempre con il palmo chiuso in segno di riservatezza. Quantomeno, per i suoi "cristiani" ricupererà qualcosa da mettere sotto i denti. Fino a quando? «Fino a quando il Signore deciderà che saremo tutti alla fame».
Il telefono squilla incessantemente. «Non ho neppure un centesimo - risponde il parroco - non so più dove bussare ed a chi chiedere». E la Curia? «Ci dà quel poco che dà a tutti gli altri, i proventi dell´8 per mille, ma è come gettare un pugno di riso dentro un pollaio dove ci sono tante galline affamate». Poveri e nuovi poveri: «Famiglie che fino a pochi anni fa vivevano con un solo stipendio e adesso non ce la fanno più, pensionati, rumeni che con l´apertura del mercato comune sono arrivati a valanga - racconta don Traverso - a qualche ragazza dell´Est sono riuscito a comprare il biglietto e rispedirla in patria, ma dopo pochi mesi me la sono ritrovata di nuovo davanti». Abbagliata dal benessere virtuale.
Tra chi chiede elemosina ci sono i mestieranti. «Oggi è andata proprio male», dice una donna, allargando la mano. Sorride beffarda. San Siro dei vicoli è anche questo.
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