Re: [Forumlucca] QUALE NUOVA SINISTRA ?

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Autor: Aldo Zanchetta
Data:  
A: forumlucca, forumvalleserchio
Assumpte: Re: [Forumlucca] QUALE NUOVA SINISTRA ?
Cara Blanca

conosci la storiella dell' omino buono che finito in Paradiso si lamentava
che ci fosse solom una paninoteca mentre in purgatorio c' era una bella
tavola calda e all' inferno un megaristorante ? San Pietro gli rispose : che
vuoi, ma per il <Capo>, te e me mica si poteva mettere un ristorante.

Bene, non credo che una discussione si possa articolare intorno a me e alla
tua risposta. La sinistra ion parte è emigrata nell' indifferenza e quella
che resta prepara una nuova scissione nella scissione della scissione.
Problemi politici troppo gravi per perdersi in chiacchiere.

Io ci ho provato e ci riproverò ma per chi ha la sindrome del suicidio ci
vuole ben altro.

Grazie comunque. Non mi sono sentito del tutto solo

Aldo


----- Original Message -----
From: "blanca" <blanca@???>
To: <forumlucca@???>
Sent: Saturday, September 20, 2008 12:36 PM
Subject: [Forumlucca] QUALE NUOVA SINISTRA ?


Non posso farci niente riflessioni come quelle che propone Aldo, le
condivido.
Mi dispiace, ci ho provare ad essere ultra-critica della critica ma
proprio non ci riesco.
Come diceva un amico prete a proposito di un certo mio
anticlericalismo, le cose che non ti appartengono neanche ti toccano.
Quindi vorrei che fosse chiaro che se le persone di sinistra discutono
della sinistra e criticano la sinistra non è perché la schifano.
Mi sto occupando da anni di questioni identitarie. E mi ha colpito
leggere proprio un "invito pressante a rompere le incrostazioni
identitarie".
Perché non si era mai ancora innescato il cortocircuito tra ciò su cui
ho lavorato (eh si, la ricerca è un lavoro) e l'attualità politica
italiana.
Premetto che sono consapevole di quanto oggi della ricerca non
interessi niente a nessuno, tanto al governo quanto all'elaborazione
politica.
Però me ne frego perché sono convinta che lavorare sui concetti
fondanti delle nostre strutture mentali sia un modo di fare politica a
dispetto della politica.
Così ti rispondo con alcuni pezzetti del mio lavoro presi qua e la,
senza la pretesa di essere esaustiva ma con lo spirito di condividere
gli strumenti che abbiamo.
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Massimo Montanari

[...] L’assunto di base è che l’identità non si costruisce sul nulla,
ma nel confronto e nello scambio con identità diverse. Non solo: che
l’identità è tanto più forte, quanto più la capacità di confronto e di
scambio è stata forte. [...]
In analisi come queste [demolizione e ridefinizione delle idee
tradizionali di radici e identità n.d.r.] i concetti-guida dovrebbero
essere due. Primo: l’identità si costruisce nello scambio. Secondo:
l’identità muta nel tempo. Ossia: l’identità è un fatto dinamico.

La domanda da porre a questo punto è molto semplice: dove abita
l’identità? Nel passato o nel presente? Laggiù o quassù? La risposta è
molto chiara: l’identità è qui, l’identità siamo noi, così come la
storia ci ha costruiti. Eppure, un diffuso equivoco vuole che
l’identità sia qualcosa da cercare, da trovare, da conservare: che
abiti in fondo alla storia, là dove si ritrovano le nostre “radici”.

Le radici: altra parola equivoca, altro concetto pericoloso. Anche
qui, la mia domanda è semplice: come sono fatte, quale forma hanno le
radici? Da come spesso se ne parla, sembrerebbero fatte a forma di
carota: il vertice in fondo sarebbe il punto da ritrovare, il luogo
mitico delle nostre origini. Ma le radici sono fatte al contrario:
scendendo in profondità si allargano. Più scendiamo nel terreno, più
le radici si allargano. E si badi: la pianta, più le radici sono
ampie, più è forte e duratura.

Allora, se proprio vogliamo giocare al gioco delle radici, io propongo
di farlo seriamente e fino in fondo, di utilizzare fino in fondo la
metafora (perché una metafora è sempre specchio della realtà che
rappresenta). Cerchiamo le nostre radici? Benissimo. Più cerchiamo,
più ci allontaniamo da noi. Più cerchiamo, più troviamo il mondo.
Esattamente il contrario di quanto propongono certi mistificatori del
gioco.

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Zygmunt Bauman

«L’idea di identità [...] non è un parto naturale dell’esperienza
umana, non emerge da questa esperienza come un lapalissiano “fatto
concreto”. [...] L’idea di identità è nata dalla crisi
dell’appartenenza e dallo sforzo che essa ha innescato per colmare il
divario tra “ciò che dovrebbe essere” e “ciò che è”, ed elevare la
realtà ai parametri fissati dall’idea, per rifare la realtà a
somiglianza dell’idea.»

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Più modestamente io

Benché l’identità non si definisca al centro ma ai confini, nel
contatto tra le differenze, la coesistenza e la divergenza tra il
punto di vista dell’osservatore e l’autorappresentazione del gruppo
rendono problematico ogni stabile senso di identificazione.





ILa










Dr.ssa Ilaria Sabbatini
cel. + 39 349 8733382
skype: ilariasabbatini
http://www.medievista.it



                                             · · · · · · · @@@@@@@ · ·
· · · · ·


                    Il terrore della tirannia finisce una volta cha ha
paralizzato
                    completamente la vita pubblica e trasformato tutti
i cittadini
                    in individui privati, spogliandoli di ogni
interesse e legame
                    con gli affari pubblici.


                     Annah Arendt


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