Repubblica Genova
Riprende il dibattimento e nella memoria dell´accusa spunta un parallelo tra le responsabilità dei vertici della polizia e quella dei gerarchi in un eccidio giudicato dalla Cassazione
G8, una sentenza sui nazisti l´ultimo affondo dei pm
C´è anche un richiamo - per le responsabilità gerarchiche - ad una sentenza della Cassazione su un eccidio nazifascista, nelle 500 pagine della memoria conclusiva della procura sull´irruzione alla scuola Diaz. L´atto finale sulla «macelleria messicana» sarà depositato questa mattina alla ripresa del processo, dai pm Francesco Albini Cardona e Enrico Zucca.
Scuola Diaz, l´ultima carta dei pm Una sentenza sull´eccidio nazista
Oggi l´intervento dell´ultimo legale di parte civile. A luglio chiesti in totale 109 anni
Nella memoria dell´accusa il parallelo sulle responsabilità delle gerarchie
C´è anche un richiamo ad una sentenza della Cassazione su un eccidio nazifascista, nelle 500 pagine della memoria conclusiva della procura sull´irruzione alla scuola Diaz nel G8 del luglio 2001. L´atto finale sulla "notte cilena", che vede imputati i vertici della polizia italiana, sarà depositato questa mattina alla ripresa del processo, dai pm Francesco Albini Cardona e Enrico Zucca.
Nelle scorse settimane, anche gli avvocati difensori di alcuni degli imputati hanno depositato una loro memoria, all´interno della quale vengono sostanzialmente contestati i tempi della ricostruzione audiovideo dell´assalto, effettuata dai consulenti tecnici delle parti civili. Questioni che verranno dibattute quando gli avvocati prenderanno la parola per le loro arringhe.
Ma in queste ore di vigilia della ripresa delle udienze, a tenere banco nelle discussioni tra gli avvocati impegnati nel processo sono le indiscrezioni e le anticipazioni sulla memoria della pubblica accusa.
Si è così saputo che nella parte dedicata ai ruoli apicali, ossia alle responsabilità nella gestione del blitz e poi nella redazione dei verbali dei funzionari di grado più alto, i pm hanno inserito una serie di citazioni relative a testi giuridici internazionali, così come a sentenze di tribunali italiani e di altri paesi europei.
Sicuramente il riferimento destinato a far maggiormente discutere è quello che riguarda la sentenza, con cui la Cassazione condanna alcuni soldati e ufficiali nazisti responsabili di uno dei molti eccidi di civili sul finire della seconda guerra mondiale.
L´intento dei magistrati non è, evidentemente, quello di tracciare dei paralleli tra le azioni del 2001 e quelle bestiali delle truppe tedesche di oltre 60 anni fa. Piuttosto, in quella, come in altre sentenze, i pm hanno trovato passaggi significativi riguardanti i rapporti gerarchici all´interno di un corpo militare o di polizia, una conferma alle loro tesi circa il coinvolgimento dei superiori nelle decisioni prese quella notte.
Il programma di questa mattina prevede comunque l´intervento dell´ultimo legale delle parti civili, l´avvocato Alessandro Gamberini.
A luglio al termine della loro requisitoria i pm chiesero al tribunale 28 condanne per complessivi 109 anni e 9 mesi, e un´assoluzione. Tra le richieste: quattro anni e sei mesi di reclusione per Francesco Gratteri e Giovanni Luperi, oggi ai vertici di antiterrorismo e servizi segreti. Sono accusati di aver truccato le prove, falsificato i verbali, contribuito a costruire una «colossale menzogna» per giustificare la «macelleria messicana» come la definì un altro degli imputati il vicequestore Massimiliano Fournier.
(m. p.)
In 252 pagine testimonianze, verbali, foto segnaletiche che raccontano una storia finita con una sentenza shock
La "Mattanza della democrazia" libro verità sugli orrori di Bolzaneto
Le istituzioni avrebbero avuto bisogno di una purificazione che non c´è stata
Calandri è il cronista che ha seguito il maggior numero di udienze del caso
MARCO PREVE
Ci sono libri che non andrebbero scritti. E "Bolzaneto: La mattanza della democrazia" di Massimo Calandri, edito da Derive Approdi, è proprio uno di questi. Perché la storia del carcere speciale del G8 di Genova e delle centinaia di prigionieri innocenti che vi vennero rinchiusi, e poi picchiati, umiliati, privati dei diritti fondamentali, è una storia che un moderno stato democratico in sette anni dovrebbe essere in grado di metabolizzare. In un paese civile il reato di tortura sarebbe compreso nel codice penale, lo Stato e i suoi rappresentanti si sarebbero assunti le loro colpe, gli aguzzini in divisa rapidamente identificati e condannati. Così, il caso Bolzaneto sarebbe materia per gli storici e non per inchieste giornalistiche.
Invece «questo libro è soprattutto necessario», come scrive nella prefazione Giuseppe D´Avanzo, per tanti motivi. Perché in Italia la tortura non esiste, perché nessuna componente dello Stato ha chiesto scusa, perché le poche condanne che ci sono state non rendono giustizia alle vittime in primis e alla democrazia in seconda battuta.
E la storia inizia proprio da qui, ossia dalla fine di una sera di metà luglio in cui in un´aula bunker stracolma di gente e di «energia collettiva», viene pronunciata la sentenza shock.
Massimo Calandri era lì quella sera, ma questo è scontato. Non lo è invece che sia il giornalista italiano che in assoluto ha seguito il maggior numero di udienze del processo Bolzaneto così come di quello della Diaz. Centinaia di ore ad ascoltare e prendere appunti senza contare le migliaia trascorse a raccogliere notizie nella fase dell´indagine. Il risultato è un libro appassionato, documentato, che non fa sconti a nessuno. E che nonostante sostenga una tesi -Bolzaneto fu un buco nero dei diritti - concede spazio e voce a tutti, a condannati e assolti, ad avvocati difensori e parti civili.
Oltre ad un parte centrale del libro che con verbali e foto segnaletiche ripercorre la via crucis di decine di giovani italiani e stranieri, detenuti in una prigione di stampo fascista in cui si strappavano capelli e piercing, si minacciavano le donne di stupro, si offendevano ideali politici e colore della pelle e si obbligava ad inneggiare al duce, Calandri affronta il ricordo di Bolzaneto da una serie di angolature originali e spiazzanti. Come ad esempio quando il cronista deve scrivere di imputati che conosce da anni, e che fino ad allora erano "amici", rappresentanti di una polizia moderna e democratica, mentre oggi sono i protagonisti «di pagine brutte e di comportamenti gravi», come scrissero nella loro memoria i pm Patrizia Petruzziello e Vittorio Ranieri Miniati.
E si ripiomba nel delirio di quei giorni del luglio 2001 con il diario di Raffaele Caruso uno degli avvocati del Genoa Legal Forum che fu il primo legale ad entrare a Bolzaneto.
Ecco forse è proprio nelle parole di Caruso che si ritrova quella perdita dell´innocenza che è il male peggiore creato da Bolzaneto. Caruso, all´epoca 28enne, ha un passato nella Dc, è uno che va in chiesa e non nei centri sociali, è uno che la polizia l´ha sempre vista come amica. Invece in quelle giornate, prima, in piazza Tommaseo si ritrova un agente che gli punta una pistola in faccia solo perché ha chiesto che terminasse il pestaggio di un manifestante inerme, e poi, quando varca i cancelli di Bolzaneto animato dai principi del diritto che per un giovane avvocato sono più forti di una corazza, viene respinto da uomini in divisa minacciosi che si sono ormai isolati dal contesto democratico.
Ecco, Calandri ci racconta quello scoramento, quella delusione che sfocia in un pianto rabbioso. Una sorta di purificazione che avrebbe fatto bene anche alle istituzioni. Invece ci si ritrova con un caso Bolzaneto che ha permesso - come ipotizza ancora D´Avanzo - la proliferazione di germi pericolosi per le libertà personali: leggi per le impronte digitali ai bambini rom, campi di identificazione per gli stranieri, militari di pattuglia nelle nostre strade.
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Carlo
Forum Per La Sinistra Europea - Genova
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