[Cerchio] Torino: gran bivacco a S. Salvario

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Autore: FAI Torino
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To: cerchio
Oggetto: [Cerchio] Torino: gran bivacco a S. Salvario
Torino: gran bivacco a S. Salvario



L'angolo tra via Berthollet e via Goito, nel cuore del quadrilatero dei divieti, il 16 settembre è stato teatro di un gran bivacco di protesta proposto dall'Assemblea Antirazzista di Torino. Durante l'estate il sindaco Chiamparino aveva emesso un'ordinanza che vietava di bere alcolici e di mangiare in strada in alcune vie di S. Salvario. Si tratta dell'ennesimo tentativo di disciplinare con multe e manganelli un quartiere multietnico, da mesi sottoposto a retate di polizia, da sempre nel mirino di chi lo vorrebbe laboratorio delle strategie repressive contro gli immigrati che ci vivono e ci lavorano.



Intorno alle 17 a S. Salvario c'erano tanti poliziotti della digos ed alcune camionette dell'antisommossa. Poi, poco a poco, sono arrivati antirazzisti armati di cibi e bevande, che hanno aperto tavoli, messo su musica, distribuito volantini ai tanti passanti curiosi di capire cosa stesse succedendo. Su uno striscione viene scritto "Per un quartiere solidale, bivacco generale". Gli abitanti di una casa si offrono di legare al loro balcone la stoffa, che viene tesa di traverso alla via. Più tardi alcuni immigrati ne scriveranno un altro in francese e arabo.

Nel giro di un'ora la strada è piena di gente che mangia, beve, balla. Un gruppo di ragazzi ha portato una tovaglia a quadretti bianchi e rossi: la stende in mezzo alla strada e si siede con vino e pane a fare pic nic; altri subito li imitano. Spunta un pallone ed è subito partita: adulti, ragazzi e bambini cominciano a giocare in mezzo alla strada: le macchine deviano nelle vie laterali perché ormai la festa ha invaso la strada. Alla fine arriva anche un tavolo da calcetto.

Intorno alle 20 da un balcone parte una secchiata d'acqua che investe un bel gruppo di persone: dopo un primo momento di sbigottimento parte un grande applauso e i cori che chiedono un'altra doccia. Questa volta niente polizia, niente manganelli, niente divieti ma una buona secchiata d'acqua per risolvere un contrasto.

Intorno alle 21 il bivacco si scioglie. Per una sera, in barba alle proibizioni, circa duecento persone si sono riprese la strada, sottraendo lo spazio pubblico all'ossessione del controllo, all'obbligo di trasformare le relazioni in merce.



In serata si è svolta la riunione dell'Assemblea Antirazzista.

Il prossimo incontro è fissato per martedì 23 settembre alle 21 a Radio Blackout, in via Cecchi 21.



Di seguito uno dei volantini distribuiti:



Bivacco libero



Chiamparino, appena acquisiti i superpoteri concessi da Maroni, ha emesso un'ordinanza contro i "bivacchi" a S. Salvario. Chi può permettersi di sedere nei dehor dei bar si godrà il fresco delle serate, per gli altri, per quelli delle moretti a un euro bevute su uno scalino in strada ecco pronte le pattuglie.

In nome della "sicurezza" un altro pezzetto di libertà che se ne va.

La libertà di chi non ha soldi e luoghi di socialità e sceglie la gratuità della strada. La libertà di tutti.



La chiamano sicurezza. Ma ha il volto del controllo, il controllo sulla vita quotidiana di ciascuno di noi. Telecamere ad ogni angolo, militari armati nei mercati e nelle piazze, impronte per i bambini rom, botte nei cpt e nelle caserme, denunce per chi si ribella.

Viviamo in uno dei paesi più sicuri del mondo ma i politici e i media che gli fanno da megafono hanno creato lo stato di emergenza permanente. L'emergenza, evocata con pittorica violenza, ha il tema fisso dell'immigrazione irregolare, nel clandestino naturalmente delinquente, contro il quale elaborare e sperimentare nuove strategie disciplinari.

È stata l'estate dei divieti tra superpoteri ai sindaci e militari in strada.

Gran parte delle ordinanze dei sindaci superman sono dirette ancora una volta contro gli immigrati ma poi finiscono con il rendere la vita difficile a tutti. In certe località sono stati vietati il commercio ambulante e la questua, in altre hanno proibito il gioco della palla o il freesbe in spiaggia, in altre ancora le riunioni di più di tre persone nei parchi pubblici, il bagno nelle fontane, dormire sulle panchine, mangiare un panino sugli scalini di un monumento, andare in giro a torso nudo.

Ci sentiremo più sicuri se non correremo più il rischio che una pallonata ci riempia di sabbia lo stuoino? Vivremo meglio se non vedremo più qualcuno che si mangia un panino con le chiappe incollate ai gradini di chiese e musei?

Ne dubitiamo. Ma poco importa: la logica dell'emergenza, giocata con freddo calcolo da padroni e governanti, si fonda sulla paura e la paura è un mostro dai denti aguzzi, che prende alla gola e fa dimenticare il buon senso, quello di sempre, quello che risolve con due parole le questioni con il vicino rompicoglioni, senza invocare prescrizioni e manganelli.

La paura fa accettare tutto, compresi i militari in armi per le strade. Sono gli stessi della Somalia, della Bosnia, dell'Iraq e dell'Afganistan. Gli stessi delle torture, degli stupri, dell'occupazione feroce del territorio.

Il confine tra la guerra "fuori" e quella "dentro" si fa sempre più sottile.

Vogliono disciplinare l'intera società, piegarla ad accettare il lavoro precario, pericoloso, malpagato, costringerla ad una vita che se ne va con l'aria che respiriamo e il cibo che mangiamo, farla rassegnare ad un futuro che non c'è perché ci viene rubato ogni giorno. Cominciano dai più deboli ma poco a poco si occupano di tutti. I provvedimenti dei sindaci con la colt colpiscono le piccole libertà di ciascuno di noi: giocare in un parco, addormentarsi sull'erba, mangiare e bere dove si vuole.

L'estate dei divieti ha visto protagoniste le solite jene fasciste e leghiste così come i primi cittadini della sinistra democratica. Una gara bipartisan verso il peggio, iniziata ben prima che il ministro dell'Interno desse loro i super poteri.

Il divieto di mangiare e bere per strada a S. Salvario è solo l'ultimo tassello di un mosaico che ha la trama dello stato di polizia, del divieto che si intrufola nelle normali relazioni umane.



Fermarli è necessario. Fermarli è possibile.

Basta non stare al gioco, farsi beffe del divieto, afferrare il proprio panino e la propria birra e riprenderci le strade. Proclamiamo il bivacco generale. Oggi e tutti i giorni.



Federazione Anarchica Torinese - FAI

Corso Palermo 46 - la sede è aperta ogni giovedì dalle 21.

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