[Lecce-sf] Molise, in cantina una piccola Cernobyl

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Aihe: [Lecce-sf] Molise, in cantina una piccola Cernobyl
Molise, perdite radioattive dai bidoni abbandonati in un vecchio
palazzo

www.lastampa.it

GIANNI LANNES

CAMPOBASSO

Benvenuti in
Molise, in provincia di Campobasso, a un passo dal mare Adriatico, dove
è conficcata una bomba a orologeria radioattiva. «La situazione di
Castelmauro è grave - sottolinea l'ingegner Roberto Mezzanotte
dell'Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e per i Servizi Tecnici -
Parliamo di un impianto ben lontano dagli standard di sicurezza.
Abbiamo segnalato il caso alle autorità competenti. Occorre un'urgente
azione di rimozione dei rifiuti nucleari e bonifica dei luoghi».

Le
fughe di radioattività dal deposito di scorie nucleari d'origine
industriale e sanitaria del Centro applicazioni nucleari controlli e
ricerche, minacciano la salubrità dell'intero Molise e delle regioni
limitrofe (Abruzzo, Lazio, Puglia, Campania). I radioisotopi americio
241 e cobalto 60 sprigionano radiazioni alfa e gamma. L'ultima verifica
radiometrica parla chiaro: «E' stato riscontrato il superamento dei
limiti previsti dalla legge» scrive ai ministeri dell'Interno e
dell'Ambiente il professor Bernardo De Berardinis, direttore
dell'ufficio Pianificazione, Valutazione e Prevenzione dei rischi
presso la Protezione civile.

Il Canrc - sede e laboratorio a Termoli
- ha gestito dal 19 dicembre 1979, con il nulla osta del medico
provinciale Ermanno Sabatini, un magazzino radioattivo. La «Cernobyl
fai da te» è ubicata in uno scantinato di un'antica abitazione in via
Palazzo al civico 6, nei pressi della cattedrale e del municipio. Il
territorio, oltretutto, è soggetto a rischio sismico e idrogeologico.
Con l'Ordinanza del presidente del consiglio dei ministri (3274/2003)
il borgo è stato dichiarato a «sismicità medio-alta» e incluso nella
zona 2. Per i danni inflitti dal sisma del 31 ottobre 2002 il paese ha
registrato danni per 83 milioni di euro. Eppure, nonostante siano già
stati spesi ben 550 milioni per una ricostruzione fantasma, il
governatore Iorio si è dimenticato di bonificare il deposito illegale
di rifiuti nucleari, o, quantomeno, di verificare le condizioni
statiche dell'antico edificio che lo ospita.

Spiega il sindaco
Giuseppe Mancini (An), ingegnere di professione. «Di case lesionate ce
ne sono - risponde laconico il primo cittadino - Ma non so se il
palazzo dei De Notariis è stato controllato». Potrebbe aver subito
lesioni strutturali, aggravate dall'alluvione del 2003, ma nessuno l'ha
ancora verificato. Il proprietario della cantina nucleare, Quintino De
Notariis, deceduto recentemente a Cuba per aneurisma, non ha mai sanato
la situazione. A distanza di anni, il tecnico non ha mai osservato le
numerose ingiunzioni di sgombero e bonifica dei luoghi. Atti imposti
dalla magistratura (sentenza n. 1428/2000 del tribunale di Campobasso)
dal Tar Molise (sentenza n. 435/2002) e attraverso un decreto
ingiuntivo siglato dal presidente della giunta regionale (provvedimento
n. 151 del 18 ottobre 2002).

L'avvocato Giovanni De Notariis,
fratello del responsabile risponde sprezzante: «E' lo Stato che deve
farsi carico di questa situazione. Noi non siamo responsabili e non
dobbiamo fornire spiegazioni a nessuno; tantomeno ai giornalisti». I
riscontri sono evidenti: da duemila bidoni tossici e radioattivi da 50
litri cadauno, stipati alla rinfusa nell'abitazione dei fratelli De
Notariis, fluisce da un buon ventennio, radioattività al di sopra della
norma consentita. L'Arpa Molise ha evidenziato che dagli ultimi
accertamenti effettuati «è stato riscontrato un campo di radiazione,
tale da risultare superiore al limite previsto dalla normativa vigente
in relazione all'esposizione massima ammissibile per la popolazione
(1mSV/anno)».

Anche i Vigili del Fuoco hanno rilevato valori di
intensità di esposizione superiore di gran lunga a quelli del fondo
naturale. In una nota sottoscritta dal dottor Claudio Cristofaro
(responsabile del settore fisico dell'Arpa) e dal dottor Luigi Petracca
(direttore generale) «i valori registrati rappresentano un ulteriore
campanello d'allarme, che dovrebbe indurre ad adottare misure
definitive per il totale smantellamento del deposito di Castelmauro,
che si appalesa del tutto incompatibile con il contesto urbano e con il
tessuto abitativo in cui risulta ubicato già dai primi anni Ottanta».

I contenitori metallici corrosi dall'umidità perdono lentamente il
contenuto: lo attestano le quindicinali verifiche dell'Apat. Ora,
addirittura, è possibile fotografare i famigerati fusti azzurrognoli da
una finestrella munita di una grata rosicchiata dai ratti. Un
terrorista potrebbe innescare un'ecatombe. Due malandate porte di legno
ed una metallica, custodiscono il magazzino nucleare. Non esiste un
piano di sicurezza: un cataclisma, un incendio o addirittura la caduta
di un velivolo avrebbero conseguenze disastrose. Neppure un cartello
segnala il pericolo. «La quantità di radiazioni assorbita dagli esseri
viventi viene misurata in sievert. Nell'essere umano, una dose di 4
sievert distribuita su tutto il corpo, pari a 40 mila radiografie,
causa la morte nel 50 per cento dei casi» avverte Maurizio Cumo,
ordinario di impianti nucleari all'università La Sapienza di Roma.
«Nella considerazione che sia necessaria l'adozione di immediate misure
finalizzate alla messa in sicurezza di materiali radioattivi presenti
nel sito sopraindicato, appare indispensabile assumere iniziative di
carattere straordinario, che assicurino la salvaguardia della zona»
annota il 3 aprile 2006, Paolo Togni, capo di gabinetto del ministero
ambientale. Diciotto giorni dopo (protocollo DPC/CG/24300), Guido
Bertolaso si rivolge alla Regione: «Il Ministero dell'Ambiente e della
Tutela del territorio ha evidenziato la necessità di adottare misure
per la messa in sicurezza del materiale radioattivo presente nel
territorio del Comune di Castelmauro: si invita codesta amministrazione
regionale a comunicare ogni dettagliato elemento utile per valutare
compiutamente la vicenda».

Parole al vento. L'8 ottobre 1987 la
Direzione della sicurezza nucleare dell'Enea evidenziava che nel
deposito di rifiuti «erano accatastati in maniera incontrollabile circa
4 mila fusti privi delle dovute indicazioni» e denunciava il titolare
del deposito, Quintino De Notariis «per aver gestito nell'abitato di
Castelmauro un deposito di rifiuti radioattivi provenienti da attività
industriali, mediche e di ricerca scientifica (…) illegittimo per
mancata precisazione dei limiti quantitativi e per aver effettuato
trasporti di rifiuti radioattivi senza essere in possesso
dell'autorizzazione interministeriale».

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