Cpt fai-da-te
di Fabrizio Gatti
Raddoppiano gli sbarchi. Aumentano le richieste di asilo. E per
ospitare gli immigrati, il governo improvvisa nuovi centri. Gestiti da
privati. Spesso all'insaputa di sindaci e cittadini
L'importante è che sindaci e cittadini non sappiano nulla. Anche il
ministro dell'Interno e della Lega, Roberto Maroni, deve fare i conti
con le crisi umanitarie e gli obblighi internazionali. Scavalcando gli
umori di elettori e amministratori locali, ha autorizzato l'apertura
di 30 centri di accoglienza per rifugiati che in questi mesi hanno
chiesto asilo in Italia: duemilacinquecento posti letto dal Friuli
Venezia Giulia alla Sicilia gestiti da associazioni religiose, private
o di volontariato. Non è finita: il numero dei richiedenti asilo è in
aumento con in testa cittadini in fuga da Iraq, Afghanistan, Somalia
ed Eritrea. E proprio per questo il Viminale sta per far aprire altri
centri. Una sorta di Cpt fai-da-te, dove gli ospiti hanno possibilità
di uscire e l'obbligo di rientrare la sera. Strutture improvvisate che
a volte si sono rivelate inadatte. È il caso dei 117 stranieri messi a
dormire nella scuola alberghiera di Aviano, in provincia di Pordenone,
e sfrattati in questi giorni perché tra poco ricominceranno le
lezioni. Ma proprio su questa vicenda, il Nord Est ha mostrato la sua
solidarietà: ben 219 sindaci della regione hanno risposto all'appello
dell'Anci, l'Associazione nazionale dei Comuni, per dare ospitalità.
Si tratta di persone che, per la loro condizione, non possono essere
espulse anche se sono entrate in Italia da clandestine. Come i
profughi eritrei in fuga dal regime totalitario di Isaias Afeworki: un
presidente-dittatore che ha tra i suoi sostenitori internazionali
Alleanza nazionale e la giunta della Regione Lombardia, con gli stessi
assessori in prima linea nella campagna nazionale contro
l'immigrazione.
In altri Stati europei, come la Svizzera, i centri di accoglienza
comunali per rifugiati e richiedenti asilo sono una normalità da anni
accettata. In Italia si fa in segreto. Così l'operazione, diretta dal
ministero dell'Interno, è rimasta a lungo sotto silenzio. Fino a pochi
giorni fa, quando a Roma si è scoperto che nemmeno il sindaco Gianni
Alemanno era stato informato. Il motivo di tanta riservatezza lo
spiega un funzionario del Viminale: "Se avessimo aspettato il parere
dei sindaci, oggi avremmo duemila persone abbandonate per strada e
centri come quelli di Lampedusa, Crotone e Foggia in condizioni
esplosive. Su questi temi purtroppo decide la piazza. Nessun sindaco
si mette contro i propri elettori. Anche se la legge, il buon senso e
il diritto internazionale imporrebbero il contrario".
Curioso che sia stato un ministro leghista a dover decidere questo. La
xenofobia dei Comuni è anche il risultato di oltre dieci anni di
propaganda a senso unico, in cui proprio la Lega ha diretto il coro.
Lo si è visto ad Aviano quando in luglio gli abitanti, il Municipio e
la Regione hanno saputo a cose fatte dell'accordo tra il ministero
dell'Interno e l'Ente friulano di assistenza di don Luigi Fabbro. La
Lega: "Siamo arrivati al business dei clandestini". Alleanza
nazionale: "La preoccupazione è tantissima. soprattutto di ordine
pubblico per la sicurezza". Perfino il Pd: "La gestione
dell'ospitalità deve essere improntata a una logica che eviti di
ghettizzare e di scaricare su una sola comunità l'onere
dell'assistenza".
Gli accordi diretti tra il ministero dell'Interno e associazioni
private sono la conseguenza dello stato di emergenza esteso a tutta
Italia da Maroni a fine luglio. "L'ordinanza", aveva spiegato il
ministro, "si propone unicamente di dare assistenza ai clandestini,
togliendoli dalle tende, per alloggiarli in strutture adeguate e in
case con tetto". Non si trattava solo di immigrati arrivati in Italia
in cerca di lavoro. Ma di persone in fuga da zone di guerra. Proprio
in quei giorni i Cara, i centri di accoglienza per richiedenti asilo a
Crotone, Foggia, Caltanissetta, Trapani, Gradisca d'Isonzo in
provincia di Gorizia e Milano non avevano più posti disponibili. Al
Sud centinaia di persone erano state sistemate in tendopoli allestite
accanto ai container delle strutture di accoglienza. La dichiarazione
dello stato di emergenza ha autorizzato il governo a spendere i fondi
straordinari della Protezione civile. E a trovare soluzioni
provvisorie.
Gli enti o i privati che mettono a disposizione dormitori o alberghi e
garantiscono vitto e alloggio incassano dal governo una diaria di
circa 50 euro al giorno per ogni richiedente asilo ospitato. Si tratta
di soldi che non vanno ai rifugiati ma ai gestori italiani che danno
loro assistenza. E questa quota è quasi il doppio di quanto lo Stato
paga (25-30 euro al giorno a persona) alle associazioni e ai 120
comuni che aderiscono allo Sprar, il Sistema di protezione per
richiedenti asilo e rifugiati che costituisce la rete ordinaria di
accoglienza. Insomma l'emergenza, cioè non aver saputo programmare la
distribuzione in Italia dei rifugiati, ci costa ogni mese quasi 2
milioni di euro in più rispetto a una procedura ordinaria. Eppure i
punti deboli della rete di protezione italiana erano conosciuti da
mesi. Prima con il dossier presentato dalla commissione affidata dal
precedente governo all'ambasciatore dell'Onu Staffan De Mistura: un
lavoro meticoloso che, già negli ultimi mesi del centrosinistra, era
finito nei cassetti del ministero dell'Interno. Oggi con una nuova
relazione realizzata dall'Alto commissariato per i rifugiati,
dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni e
dall'Associazione studi giuridici sull'immigrazione: un rapporto sullo
stato dei servizi pronto da marzo.
Il sistema di protezione italiano si basa sui centri di accoglienza
dove i richiedenti asilo vengono ospitati per l'identificazione e la
verbalizzazione della loro storia e rimangono fino a che, in genere
entro sei mesi, lo Stato non ha deciso se accogliere la richiesta.
Poi, se il parere è favorevole, per i più fortunati, i minori e le
famiglie con bambini, scatta l'inserimento nello Sprar, il sistema di
protezione vero e proprio gestito dall'Anci, l'Associazione nazionale
dei Comuni italiani, e finanziato con i versamenti allo Stato dell'8
per mille. Se ciascuno dei 7 mila municipi iscritti all'Anci adottasse
ogni anno un solo rifugiato fino al suo inserimento nel lavoro, non
esisterebbe problema. Infatti la quota dei richiedenti asilo inseriti
nel sistema di protezione verrebbe completamente assorbita: 5.035
domande accolte nel 2006, 7.726 lo scorso anno. Ma tra sindaci
sceriffi e inventori di ordinanze anti immigrati, diventa difficile
trovare amministratori sensibili. Così soltanto 120 comuni aderiscono
alla rete Sprar: tra questi, Riace e altri municipi della Locride in
Calabria con il loro progetto che ha dato casa e lavoro a decine di
rifugiati.
Il 28 gennaio di quest'anno il presidente della Repubblica ha emanato
il decreto 25/2008 che finalmente mette in pratica la direttiva
europea. "Ora l'Italia non può più ignorare le domande dei richiedenti
asilo", spiega Gianfranco Schiavone, esperto legale dell'Associazione
studi giuridici sull'immigrazione e membro della commissione De
Mistura: "Una lacuna che in passato da noi ha mantenuto basso il
numero di rifugiati". Il decreto ha inserito l'Italia tra i Paesi
virtuosi. E questo è anche un motivo dell'incremento delle domande e
dell'emergenza attuale. Un'altra ragione è l'aumento degli sbarchi a
Lampedusa di persone in fuga dalle guerre: 13.916 nei primi otto mesi
di quest'anno, contro i 6.889 dello stesso periodo 2007. Cifre che
però non dovrebbero superare i record del 2005 (22.824 sbarchi in
tutta la Sicilia) e 2006 (21.400).
Oggi cambia l'identikit degli immigrati che arrivano in Italia via
mare, la rotta più pericolosa. "Nel 2007 la metà delle domande di
asilo", racconta Laura Boldrini, portavoce in Italia dell'Alto
commissariato dell'Onu per i rifugiati, "è stata presentata da persone
giunte via mare. Significa che il mare e Lampedusa stanno diventando
la rotta seguita dalle persone più bisognose di protezione. Proprio
per questo è necessario un alto senso di responsabilità da parte di
tutti, cittadini, enti locali e anche mezzi di informazione. Perché
chi arriva in Italia in cerca di asilo sia percepito nel modo giusto.
C'è un allarmismo nazionale che deve essere disinnescato soprattutto
quando si tratta di rifugiati".
Una soluzione per ridurre il numero di immigrati clandestini e di
richiedenti asilo è anche l'isolamento dei regimi che spingono decine
di migliaia di uomini e donne a fuggire. Un caso che va nella
direzione opposta è la giunta di centrodestra della Regione Lombardia.
Se lo ricordano ancora gli impiegati al Pirellone quando nel marzo
2003 l'attuale assessore regionale alla Sicurezza, Pier Gianni
Prosperini (An), autore di memorabili campagne sulle tv locali contro
gli immigrati, ha presentato l'amico e dittatore eritreo Afeworki al
presidente Roberto Formigoni. Milano è anche una delle città più avare
nell'assistenza ai rifugiati. Un esempio? Il centro d'accoglienza per
richiedenti asilo: soltanto 20 posti, uno dei più piccoli in Italia
(04 settembre 2008)
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Cpt-fai-da-te/2039811
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"Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli
uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la
rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un
ammutinamento potrà rovesciare" (Antonio Gramsci, febbraio 1917)
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