[NuovoLab] Armi, giro di vite (?)

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著者: Edoardo Magnone
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To: Mailing list del Forum sociale di Genova
題目: [NuovoLab] Armi, giro di vite (?)
Armi, giro di vite

A Savona, mano pesante contro le armi: detenerle, richiederle,
custodirle, se non si hanno più che le carte in regola, è e sarà
sempre più difficile. Lo sanno bene tre savonesi che per i motivi più
diversi si sono visti respingere dal Tar, il tribunale amministrativo,
i ricorsi presentati contro Prefettura o Questura per riottenere il
permesso di porto d'armi dopo averlo perso. Sono casi diversi, per
storie diverse, ma accomunati da un chiaro orientamento restrittivo
dei giudici dettato da esigenze di sicurezza pubblica: il rischio è
autorizzare armi senza le dovute cautele. Quindi nel dubbio, si opta
per il "no".

Il primo caso riguarda un savonese (Giacomo B.) che difeso dagli
avvocati Luicano Chiarenza e Cinzia Borgna ha fatto ricorso contro il
Ministero dell'Interno per l'annullamento di un decreto della
Prefettura di Savona sul divieto di detenzioni di armi.

L'uomo aveva subito un furto nella propria abitazione e i ladri tra le
varie cose gli avevano portato via anche una pistola Browning calibro
7,65, che custodiva sul comodino della camera da letto «per difesa
personale». Per il furto lui stesso è stato sottoposto ad un
procedimento penale per l'omessa custodia di armi: il codice dice che
non si può custodire un'arma in casa in modo che chiunque possa
trovarla, prenderla e magari utilizzarla. Di questo procedimento la
Prefettura non ha neppure atteso l'esito notificando al derubato un
decreto di divieto di possesso di nuove armi considerandolo, in
sostanza, soggetto in grado di "abusarne". Una tesi contestata dai
suoi legali: «Il ricorrente - hanno scritto - già da anni è titolare
di porto d'armi e ritenerlo persona capace di abusarne solo per aver
subito un furto, prontamente denunciato, è illogico». I giudici del
collegio del Tar - presidente Enzo Di Sciascio - però non hanno avuto
dubbi: «Un soggetto che detiene, per sua stessa ammissione, un'arma in
un luogo facilmente accessibile ad estranei, tant'è che essa gli viene
sottratta, legittimamente risulta destinatario, da parte dell'autorità
di polizia, di un provvedimento di divieto di detenere armi. E non
possono trovare favorevole ingresso le doglianze di illogicità, a
nulla rilevando il precedente esemplare comportamento del ricorrente,
ma solo quello, frutto di indubbia mancanza delle necessarie cautele,
che ha consentito il furto dell'arma». Da qui la sentenza di rigetto
del Tar.

Altro caso è quello di un altro savonese (Alfio V.) che difeso da
Carlo Risso ha chiamato in causa nuovamente il Ministero per
l'annullamento di un ormai vecchio decreto del Questore di Savona in
cui era stata rigettata l'istanza diretta al rinnovo della licenza di
porto di fucile. In questo caso il ricorrente ha evidenziato di aver
richiesto il rinnovo per uso caccia, che gli è stata precedentemente
assentita per sei anni, vedendosela rifiutare poi in seguito a parere
sfavorevole dei carabinieri di Albisola Superiore che hanno osservato
che il ricorrente "è solito frequentare persone pregiudicate e
tossicodipendenti". Anche in questo caso i giudici hanno scritto:
«Correttamente il Prefetto di Savona, nel provvedimento impugnato,
mette in evidenza che tale frequentazione costituisce un elemento
ostativo all'assentimento di un'autorizzazione di pubblica sicurezza
e, segnatamente, a quella di porto di fucile per uso caccia,
correttamente evidenziando l'inaffidabilità di chi si trovi in questa
situazione, in ordine alle finalità di prevenzione delle condizioni di
sicurezza e di ordine pubblico che caratterizzano il rilascio delle
licenze».

Infine il terzo caso (Giovanni P.), difeso dall'avvocato Roberto Mina,
anche lui contro il Ministero per l'annullamento di un decreto del
Prefetto sulla detenzione di armi. Questi, dopo un lungo contenzioso,
si era visto dichiarare inammissibile un ricorso straordinario fatto
direttamente al Capo dello Stato contro un precedente analogo
provvedimento. Il suo caso è così tornato davanti al Tar i cui giudici
hanno ora chiuso i giochi e sentenziato.

«Il provvedimento prefettizio appare esauriente collegandosi a due
condanne, una del 1997 del tribunale di Genova e una del 2000 del
tribunale di Savona, in cui al ricorrente è stata applicata la pena su
richiesta, fra l'altro, per violenza privata, ed è stata inflitta una
condanna, fra l'altro, per lesioni - c'è scritto nella sentenza - A
nulla vale obiettare che la prima pronuncia è solo di patteggiamento e
la seconda è ancora soggetta a impugnazione. Sono elementi indicanti
un carattere rissoso e violento, che giustifica pienamente il giudizio
secondo cui il ricorrente "è tuttora persona capace di abusare delle
armi"».

A Savona, mano pesante contro le armi: detenerle, richiederle,
custodirle, se non si hanno più che le carte in regola, è e sarà
sempre più difficile. Lo sanno bene tre savonesi che per i motivi più
diversi si sono visti respingere dal Tar, il tribunale amministrativo,
i ricorsi presentati contro Prefettura o Questura per riottenere il
permesso di porto d'armi dopo averlo perso. Sono casi diversi, per
storie diverse, ma accomunati da un chiaro orientamento restrittivo
dei giudici dettato da esigenze di sicurezza pubblica: il rischio è
autorizzare armi senza le dovute cautele. Quindi nel dubbio, si opta
per il "no".

Il primo caso riguarda un savonese (Giacomo B.) che difeso dagli
avvocati Luicano Chiarenza e Cinzia Borgna ha fatto ricorso contro il
Ministero dell'Interno per l'annullamento di un decreto della
Prefettura di Savona sul divieto di detenzioni di armi.

L'uomo aveva subito un furto nella propria abitazione e i ladri tra le
varie cose gli avevano portato via anche una pistola Browning calibro
7,65, che custodiva sul comodino della camera da letto «per difesa
personale». Per il furto lui stesso è stato sottoposto ad un
procedimento penale per l'omessa custodia di armi: il codice dice che
non si può custodire un'arma in casa in modo che chiunque possa
trovarla, prenderla e magari utilizzarla. Di questo procedimento la
Prefettura non ha neppure atteso l'esito notificando al derubato un
decreto di divieto di possesso di nuove armi considerandolo, in
sostanza, soggetto in grado di "abusarne". Una tesi contestata dai
suoi legali: «Il ricorrente - hanno scritto - già da anni è titolare
di porto d'armi e ritenerlo persona capace di abusarne solo per aver
subito un furto, prontamente denunciato, è illogico». I giudici del
collegio del Tar - presidente Enzo Di Sciascio - però non hanno avuto
dubbi: «Un soggetto che detiene, per sua stessa ammissione, un'arma in
un luogo facilmente accessibile ad estranei, tant'è che essa gli viene
sottratta, legittimamente risulta destinatario, da parte dell'autorità
di polizia, di un provvedimento di divieto di detenere armi. E non
possono trovare favorevole ingresso le doglianze di illogicità, a
nulla rilevando il precedente esemplare comportamento del ricorrente,
ma solo quello, frutto di indubbia mancanza delle necessarie cautele,
che ha consentito il furto dell'arma». Da qui la sentenza di rigetto
del Tar.

Altro caso è quello di un altro savonese (Alfio V.) che difeso da
Carlo Risso ha chiamato in causa nuovamente il Ministero per
l'annullamento di un ormai vecchio decreto del Questore di Savona in
cui era stata rigettata l'istanza diretta al rinnovo della licenza di
porto di fucile. In questo caso il ricorrente ha evidenziato di aver
richiesto il rinnovo per uso caccia, che gli è stata precedentemente
assentita per sei anni, vedendosela rifiutare poi in seguito a parere
sfavorevole dei carabinieri di Albisola Superiore che hanno osservato
che il ricorrente "è solito frequentare persone pregiudicate e
tossicodipendenti". Anche in questo caso i giudici hanno scritto:
«Correttamente il Prefetto di Savona, nel provvedimento impugnato,
mette in evidenza che tale frequentazione costituisce un elemento
ostativo all'assentimento di un'autorizzazione di pubblica sicurezza
e, segnatamente, a quella di porto di fucile per uso caccia,
correttamente evidenziando l'inaffidabilità di chi si trovi in questa
situazione, in ordine alle finalità di prevenzione delle condizioni di
sicurezza e di ordine pubblico che caratterizzano il rilascio delle
licenze».

Infine il terzo caso (Giovanni P.), difeso dall'avvocato Roberto Mina,
anche lui contro il Ministero per l'annullamento di un decreto del
Prefetto sulla detenzione di armi. Questi, dopo un lungo contenzioso,
si era visto dichiarare inammissibile un ricorso straordinario fatto
direttamente al Capo dello Stato contro un precedente analogo
provvedimento. Il suo caso è così tornato davanti al Tar i cui giudici
hanno ora chiuso i giochi e sentenziato.

«Il provvedimento prefettizio appare esauriente collegandosi a due
condanne, una del 1997 del tribunale di Genova e una del 2000 del
tribunale di Savona, in cui al ricorrente è stata applicata la pena su
richiesta, fra l'altro, per violenza privata, ed è stata inflitta una
condanna, fra l'altro, per lesioni - c'è scritto nella sentenza - A
nulla vale obiettare che la prima pronuncia è solo di patteggiamento e
la seconda è ancora soggetta a impugnazione. Sono elementi indicanti
un carattere rissoso e violento, che giustifica pienamente il giudizio
secondo cui il ricorrente "è tuttora persona capace di abusare delle
armi"».

http://ilsecoloxix.ilsole24ore.com/savona/2008/09/01/1101726421148-armi-giro-vite.shtml

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"Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli
uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la
rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un
ammutinamento potrà rovesciare" (Antonio Gramsci, febbraio 1917)
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