[RSF] I: picconate sulla costituzione italiana\ lettere e co…

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著者: pilar
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題目: [RSF] I: picconate sulla costituzione italiana\ lettere e comunicati





Il Presidente promulga la fine della Costituzione!



                                                                                    di Carmelo R. Viola




         Dopo la cancellazione dell’art. 11 a favore degli USA, la mortificazione  della laicità nazionale alle esigenze della casta papale e la “sovranità del cittadino” ridotta ad una barzelletta, ecco la pedata parlamentare alla pur nominale “uguaglianza dei cittadini davanti alla legge”. E non solo perché, grazie al lodo Alfano, le più alte cariche dello Stato possono governare e legiferare quali che siano gli eventuali crimini di cui siano responsabili e dei quali risponderebbero a fine mandato salvo imboscamento estero prima dello scadere dell’immunità – impunità.


         Da sempre penso che nessuno Stato di diritto possa legalizzare ciò che è naturalmente illegittimo: ciò è avvenuto –e non solo con il suddetto “lodo senza lode” a dispetto dell’etimologia – a comprova che lo Stato di diritto non esiste. Ciò avviene in un Paese dove, in nome della legalità, si combatte la criminalità prodotta dal sistema e dove pertanto è difficile distinguere in termini scientifici ciò che è veramente lecito da ciò che non lo è.


         L’unica cosa certa è che l’Italia non rinuncia alla nomea di “patria del diritto” e che si dice, nonostante tutto, uno Stato di diritto ovvero che il gioco delle parole rimane l’unica certezza demagogico-liturgica di una caricatura giuridica indefinibile. 


         Non occorre drammatizzare o soltanto colorire: basta leggere la realtà quale è effettivamente per avere motivi sufficienti di strapparsi i capelli per disperazione politica. Anche se ciò non serve a nulla.  Si è sollevato un polverone di scandalo per le parole di Bossi irriverenti per l’inno nazionale e per la bandiera, ma si tratta di quisquilie – per dirla come avrebbe fatto Toto – se ci si inchina davanti al Custode della Costituzione che ne promulga la fine  con la disinvoltura di un  burocrate che pronuncia la pena di morte di un innocente.


         Del resto, niente di meglio ci si poteva aspettare da un uomo che da molto tempo ormai ha tradito sé stesso abbandonandosi alla recita di buone parole alla stregua di un cappellano che benedice le armi o di un papa, che pronuncia un’omelia pasquale o che, salito in “cathedra”, pronuncia la propria infallibilità. Sono le stesse buone parole pronunciate davanti all’Altare della Patria o rivolte alle Forze Armate o dell’Ordine.


Sono le stesse esortazioni di un Napoletano per i buoni rapporti fra Maggioranza ed Opposizione, avendo Costui accettato per naturale tutto il borghesume di sempre, vissuto di parassitismo ma con un pensierino “caritatevole” (leggi: ipocrita) alla povertà e che, a Mosca, ha raccomandato al patriarca ortodosso di stabilire rapporti di fraterna intesa con il papa cattolico! Più efficiente di così! Che cosa ci si poteva aspettare da un Presidente così buono?

Fuori metafora… Stato di diritto non è semplicemente quello basato su leggi scritte, come si è voluto far credere – ai tonti e ai disinformati - subito dopo la cessazione della monarchia assoluta perché, se così fosse, tutte le leggi sarebbero buone e sarebbe valida la ricetta di “legalità uguale a giustizia e a non criminalità”, come ci vogliono far credere i donchisciotti dell’Antimafia. La scienza sociale, così tanto trascurata, non è poi equiparabile alla formula del “due più due fanno quattro”. Lo Stato di diritto vero non è ancora esistito, almeno in Italia, perché esso è solo quello in cui leggi sono le effettive norme di attuazione dei diritti naturali, per esempio del diritto alla vita sin dal momento in cui si nasce. In Italia, infanti e adulti possono morire di fame!

L‘immunità parlamentare è appartenuta ad uno Stato, il cui Parlamento aveva recepito privilegi già appartenuti al monaca assoluto. Si trattava quindi di uno Stato, immediata filiazione dell’autocrazia e base per una democrazia ancora di là da venire. Il lodo Alfano, panegirico medioevale di un vassallo destinato ad un principe, ci riporta indietro di decenni per realizzare una “dittatura democratica” sui generis, in cui, appunto, la prima funzione della legge è quella di tutelare il capo. Il quale, infatti, ha apertamente ringraziato i suoi collaboratori di averlo liberato dalle persecuzioni (sic!) e di fatto un Presidente, che non ha fatto onore alla propria funzione.

Ancora una sola battuta: lo stesso lodo prevede tolleranza zero per chi “guida” un mezzo di locomozione sotto l’ebbrezza dell’alcol o della droga (il che è una cosa buona), mentre prevede tolleranza totale per chi “guida” lo Stato sotto l’ebbrezza dell’impunità e del potere (il che è quanto abbiamo detto)! Se la matematica non è un’opinione!



                                                               Carmelo R. Viola






(Il lodo Alfano – 24.07.08 – 2475)





L'immigrazione non è un problema di ordine pubblico
di Nicola Tranfaglia

La tattica della destra unita al potere, appoggiata da tutte le televisioni e dalla grande maggioranza dei giornali, è ormai chiara: una politica degli annunci per cui il ministro leghista Maroni dice di voler evitare che gli immigrati si trovino in difficoltà e propone perciò al governo di dichiarare lo stato di emergenza in tutto il territorio nazionale. E Berlusconi dichiara contemporaneamente di fare una politica di sinistra. Nella realtà la misura non fa che approfondire le misure odiose della legge Bossi-Fini che considera l'immigrazione come un fenomeno di emergenza da trattare esclusivamente come problema di ordine pubblico in cui le forze dell'ordine possono fare quello che vogliono.
Sullo sfondo c'è la costruzione in qualche settimana di sette nuovi stabilimenti (ex CPT, ora CIE, centri di identificazione ed espulsione) e la creazione di uno stato d'allarme artificiale in Italia.
................... Ma dove sono le masse di clandestini che premono alle porte delle nostre città…la realtà per questo governo non conta.
Conta invece l'effetto degli annunci che servono a giustificare un clima da Stato di polizia, più o meno palese.
Sono manovre diversive per un obbiettivo coerente con la politica xenofoba e razzista che porta avanti la coalizione di Berlusconi, pesantemente condizionata dalla Lega Nord e dai suoi ministri.
Ma gli organi televisivi e giornalistici che sostengono il governo fanno di tutto per nascondere la realtà agli italiani e questo mostra che l'opposizione dovrà creare nuove occasioni e strumenti per far cambiare idea agli italiani che soltanto quattro mesi fa hanno votato compatti Lega e Popolo della Libertà.
Ci vorranno referendum popolari e piazze gremite per avere un impatto efficace su un paese che sembra essersi addormentato sulle promesse bugiarde di Berlusconi.
La partita, dovremmo dirlo, sta ormai per chiudersi a vantaggio della destra se l'opposizione non costruisce con tutti un'alternativa credibile di governo da contrapporre all'attuale coalizione estremista che vuole trasformare l'Italia in un regime autoritario e populista.

Il tentativo era già stato fatto dal Cavaliere nel quinquennio di governo 2001-2006 ma non era riuscito per le grandi manifestazioni politiche e sindacali, per la rivolta di una società civile ancora viva ma oggi queste condizioni non esistono più e la velocità della destra di creare il regime è assai aumentata.
Gode Berlusconi di appoggi confindustriali e dei media assai più forti, la sinistra è ridotta ai minimi termini, il partito democratico è lacerato da forti contrasti, l'Italia dei valori non può reggere da solo l'opposizione parlamentare.
Insomma bisogna allargare il fronte delle opposizioni, contrapporre alla linea della destra una credibile alternativa di governo, bisogna mobilitare di nuovi la società civile attiva, far emergere le contraddizioni e le bugie del governo.

Se non si riesce a far tutto questo entro l'anno, il rischio dell'involuzione autoritaria è destinato a realizzarsi pienamente.

Dobbiamo rassegnarci fin da adesso o è il caso che prepariamo nel modo giusto una reazione democratica fedele ai principi costituzionali e alla spirito migliore della repubblica?
Non credo che ci siano dubbi su quello che dovremo fare.




Comunicati & lettere

Sindacali:
R28 Aprile Trattativa sul modello contrattuale. Inflazione al 4,1%, da 1.000 a 3.000 euro in meno nelle buste paga, Cgil, Cisl e Uil abbandonino un Tavolo inutile e dannoso”
SOLIDARIETÀ AI LAVORATORI delle COOPERATIVE LEONARDO e JAVA in lotta alla BENNET di ORIGGIO

Comunicato stampa Slai Cobas Sea



L'altra faccia delle Olimpiadi

Un mondo libero da armi nucleari è possibile!

Assembea nazionale movimenti: per resistere un minuto e un metro in più di loro

Nuova base Usa di Vicenza
No Corridoio: Corridoio Intermodale Roma
Luciani: “ Domani quale altro gioco di prestigio inventerà Berlusconi per l’inaugurazione della centrale di Civitavecchia?“





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Nota stampa



Trattativa sul modello contrattuale. Giorgio Cremaschi: “Inquietante e negativo un accordo di principio il 31 luglio”



I segnali che vengono dalla trattativa Confindustria-sindacati sono preoccupanti e negativi.

Mentre l’inflazione ufficiale in Italia si attesta attorno al 4% e quella europea è in crescita, si prendono a riferimento indici che sono già oggi al di sotto di essa. Così si entra nella logica dell’inflazione programmata, cioè della riduzione del potere d’acquisto dei salari, semplicemente con un livello leggermente più alto di quello previsto dal governo. Le dichiarazioni che annunciano una possibile intesa di principio per il 31 luglio sono ancora più inquietanti. A parte la ricorrenza con il più catastrofico accordo sindacale degli ultimi trent’anni, quello del 31 luglio 1992, non si capisce quali accordi di principio si possano fare a meno che l’unico principio concordabile sia la programmazione della riduzione dei salari.

A questo punto è ancora più evidente che è giusta la posizione di chi chiede alla Cgil di venire via da un tavolo che sta prefigurando un accordo in pura perdita per i lavoratori. L’assemblea del 23 luglio di tante e tanti militanti e dirigenti della Cgil è stata su questi temi chiarissima.



Roma, 25 luglio 2008



Roma, 30 luglio 2008



Il 22 luglio, il giorno prima della grande assemblea delle sinistre Cgil, si è svolta la riunione del gruppo di continuità nazionale. Questa la sintesi:





1)    La Cgil è arrivata alla fine della linea politica di questi anni ed è di fronte ad un bivio. Accettare l’impostazione della Cisl e del il sindacato di mercato, che oggi ridefinisce la concertazione come “complicità”, oppure rompere con questa impostazione, con il governo e la Confindustria e aprire una fase di lotte e rinnovamento, scontando anche accordi separati come nel commercio. Occorre in ogni caso un nuovo programma sindacale, più radicale e concreto di quelli che abbiamo messo in campo per difenderci dalla progressiva riduzione dei diritti e dei salari. Con la crisi del capitalismo liberista e la svolta  destra in Italia ed Europa bisogna prepararsi ad una stagione di confitti difficili e frantumati, di cui occorre costruire i legami. Bisogna battere lo sconfittismo che si è diffuso dopo le elezioni, e che segue alla delusione del governo Prodi e sul ruolo della sinistra e della Cgil. Come abbiamo detto c’è una minoranza di massa che è disposta a lottare e che può costituire il punto fermo della ripresa. Occupazione sicura e lotta alla precarietà e per la salute, salario e contratto nazionale e rifiuto del vincolo alla produttività, stato sociale in alternativa alle privatizzazioni ed al sistema dei fondi pensione e sanitari e degli enti bilaterali, questi sono i cardini di un nuovo programma sindacale da costruire e verificare nei conflitti. L’assemblea del 23 luglio è per noi un primo importante momento e segnale in questa direzione




2)    Non sappiamo ora quale scelta prevarrà nel gruppo dirigente. Perché a favore della rottura gioca lo stato di totale marginalità della Cgil in tutti i tavoli negoziali, con il governo che per ragioni politiche tende a riprodurre lo schieramento del patto per l'Italia. Però a favore dell’accordo giocano l’inerzia burocratica di tanta parte delle strutture e la paura dell’isolamento, nonché il fatto che una rottura della concertazione segnerebbe la sconfitta strategica della linea di questi anni. E’ poi evidente la debolezza della posizione di merito della Cgil, che nasce dallo stesso documento confederale che vincola il contratto nazionale all’inflazione realisticamente prevedibile. Come era prevedibile questa posizione ha portato Cgil, Cisl e Uil a rivendicare semplicemente un inflazione programmata più alta di quella del governo, con diverse disponibilità fra loro ma in un quadro comune. Così è difficile perla Cgil rompere sindacalmente.  Non a caso si spera nell’accordo con la sola Confidustria sperando di lasciar fuori il governo. E’ questa una posizione impossibile, che spera che la Confindustria stia più a sinistra del governo, ma che indica la doppia difficoltà della Cgil. Quella di entrare nella concertazione di Berlusconi e di rompere con la Confindustria e con Cisl e Uil. Che a loro volta hanno scelto la via dell’accordo a tutti i costi.






3)    La Rete opera nella speranza che la Cgil rompa  sia con il governo che con la Confindustria, ma si deve preparare anche alla conclusione opposta, cioè alla firma da parte della Cgil di un accordo profondamente negativo per l autonomia della contrattazione e per il ruolo del contratto nazionale. Nel caso della rottura, la Rete la sosterrà restando su una posizione critica e confermando la scelta di un documento congressuale alternativo. Perché sarà ancora più credibile  chiedere un cambiamento di fondo negli obiettivi, nelle pratiche e nei gruppi dirigenti, visto il fallimento della linea concertativa. Nel caso malaugurato dell’ accordo, sarà necessario organizzare subito il dissenso a livello di massa con tutte le alleanze possibili; in primo luogo con la maggioranza della fiom e con lavoro e società. In questo secondo caso è più probabile che al congresso si arrivi con una mozione alternativa di tutta la sinistra sindacale. Questa è la nostra scelta di fondo: costruire una posizione antagonista di massa nella Cgil. Su queste basi ci confrontiamo con i sindacati di base. Stiamo in Cgil ma ci battiamo per rompere il muro che c è con queste organizzazioni, rispettando lo statuto. Dopo l’esperienza comune del “patto contro la guerra”, che proseguiamo, ci può essere quella di un forum per la democrazia sindacale che riproponga la legge sulla democrazia e la rappresentanza sindacale




4)    In ogni caso la Rete deve organizzarsi oggi  in tutta la Cgil. Solo cosi esercitiamo il massimo della iniziativa .Organizzare ovunque la Rete e costruire iniziative e mobilitazioni con tutti coloro che ci stanno in Cgil, non sono in alternativa. Poi arriverà anche il momento delle scelte congressuali e lì si vedrà. In ogni caso si deve far tesoro delle esperienze dei precedenti congressi, garantendosi dalla ripetizione dei fatti negativi per la partecipazione e la diffusione nella battaglia congressuale e nel suo seguito. Per questo al seminario nella Festa, si concluderà il percorso sull’organizzazione della Rete, definendo regole e responsabilità ai vari livelli, sulla base della proposta presentata e delle proposte della discussione. Tutte le compagne e i compagni che partecipano all’esperienza della Rete debbono prepararsi ad un impegno eccezionale a partire da settembre, che misurerà la capacità di tradurre in forza organizzata il consenso e l'ascolto che hanno le nostre posizioni.






Appuntamento

A tutte le compagne ed i compagni

Il 5-6-7 settembre sala Baganza







Giorgio Cremaschi: “Inflazione al 4,1%, da 1.000 a 3.000 euro in meno nelle buste paga, Cgil, Cisl e Uil abbandonino un Tavolo inutile e dannoso”





Con l’inflazione ufficiale al 4,1% aumenta il deficit delle buste paga. Solo per mantenere il passo con questo indice inflazionistico occorrerebbe già oggi aumentare in misura consistente le retribuzioni. Ad esempio per un lavoratore metalmeccanico occorrerebbero circa 80/90 euro di aumento mensile. Considerato che il Contratto nazionale per quest’anno ne dà 60, mancano già oggi centinaia di euro dalle buste paga. Ancora peggio va per le categorie che hanno rinnovato i contratti con aumenti salariali inferiori per il 2007.

Senza interventi sui salari, l’effetto di trascinamento con questo livello di inflazione da qui al 2010 è la perdita di almeno un migliaio di euro per le categorie che hanno fatto i contratti migliori, e di oltre 3.000 euro per chi è in ritardo sul rinnovo contrattuale o ha rinnovato i contratti con cifre molto basse.

Nella sostanza si dimostra ancora una volta che occorre una svolta sugli aumenti salariali e che la linea del Governo e della Confindustria di schiacciare gli aumenti salariali attorno all’inflazione programmata può produrre, se accettata, una drammatica ulteriore riduzione del potere d’acquisto dei salari. Oramai è chiaro che la trattativa confederale è giunta a un punto morto, Cgil, Cisl e Uil devono venir via da un tavolo inutile e dannoso.





Roma, 31 luglio 2008









----- Original Message -----
From: adelantecompaneros
To: "Undisclosed-Recipient:;"@???
Sent: Monday, July 28, 2008 9:48 AM
Subject: SOLIDARIETÀ AI LAVORATORI delle COOPERATIVE LEONARDO e JAVA in lotta alla BENNET di ORIGGIO


SOLIDARIETÀ AI LAVORATORI delle COOPERATIVE LEONARDO e JAVA in lotta alla BENNET di ORIGGIO


Venerdì 25 si è tenuto dalle 21,30, per tutta la notte, fino alle 10 della mattina di sabato 26 il secondo sciopero con picchettaggio attivo dei lavoratori delle cooperative Leonardo e Java in appalto al magazzino centrale della Bennet di Origgio.

Uno sciopero riuscitissimo che ha bloccato l'ingresso dei camion rendendo cosi impossibile il rifornimento delle merci a tutti i supermercati della catena Bennet, che ha visto la partecipazione dello SLAI COBAS, dei militanti del Centro Sociale Vittoria e degli aderenti al Comitato Antirazzista Milanese.

Una importante nottata di lotta e di autorganizzazione dal basso che ha visto esprimere la capacità collettiva di isolare i numerosi momenti di provocazione da parte di qualche crumiro, spinto dalla direzione della cooperativa, dei capetti della cooperativa stessa e da parte dei carabinieri intervenuti in forze per difendere gli interessi delle cooperative e della Bennet. Tra questi episodi vogliamo denunciare politicamente l’aggeressione subita da un cassaintegrato dell'Alfa Romeo, intervenuto per portare solidarietà militante ai lavoratori immigrati di queste 2 cooperative, colpito pesantemente al capo da un carabiniere.

Ma queste provocazioni e questo clima di chiara ed esplicita aggressività da parte dei dirigenti delle cooperative non fermeranno la lotta dei lavoratori.

Una lotta che nasce dalla semplice e naturale esigenza di far rispettare un precedente accordo nazionale.

Questo accordo prevede il saldo del 100% di tredicesima, quattordicesima e la retribuzione completa in caso di malattie e infortuni. Accordo disatteso localmente dalla CGIL e dalla Uil che, con una contrattazione in deroga, permettono alla cooperativa il riconoscimento ai lavoratori solo del 60% del salario con un 20% in più legato al cottimo e alla produttività.

Lo scontro si è fatto frontale quando i lavoratori hanno abbandonato in massa i sindacati concertativi, dandosi un momento di autorganizzazione all'interno del sindacato di base Slai Cobas.

Da quel momento i delegati più esposti sono stati demansionati con una perdita di salario fino a 500 euro al mese!!!! e stanno subendo un mobbing politico ed un clima di terrorismo per piegarne la volontà di lotta, fino alla provocazione più esplicita della settimana scorsa, quando un compagno immigrato delegato dello Slai Cobas è stato accusato di aver minacciato con un taglierino un capetto servo della cooperativa, (utilizzando altri 3 capetti come testimoni) sospeso dal lavoro senza salario e denunciato all'autorità giudiziaria.

Lo sciopero di venerdì 25 e sabato 26 è stato un segnale di forza dei lavoratori che acquisendo coscienza dei propri diritti, hanno risposto in massa in solidarietà al loro collega, richiedendo un tavolo di trattativa con la direzione delle cooperative e della Bennet stessa, che permette questa situazione, per definire la revoca del provvedimento e l'affermazione di un clima di rispetto della dignità dei lavoratori fino ad oggi considerati schiavi senza diritti.

È stata già inoltrata la richiesta di un'assemblea interna retribuita e se ciò non sarà concesso la lotta continuerà, una lotta che ha già ottenuto il risultato di far avvicinare e sensibilizzare altri lavoratori di cooperative dell'indotto Bennet, e di altri grandi colossi della distribuzione e che pone concretamente il problema di un rilancio a settembre di una vertenza generalizzata sui livelli salariali, sulla sicurezza nel e del posto di lavoro e per maggiori diritti e garanzie.

Su queste questioni chiederemo a tutti i compagni e le compagne di schierarsi per sostenere concretamente la lotta di questi lavoratori a stragrande maggioranza immigrati, convinti una volta di più che il conflitto di classe possa nascere e svilupparsi, in maniera incompatibile, solo a partire dai soggetti sociali che in prima persona vivono le condizioni di sfruttamento e precarietà, nei luoghi della produzione e non dalle stanze dei palazzi.



Con i lavoratori della Leonardo e della Java in lotta per migliori condizioni di vita e di lavoro.





I compagni e le compagne del C.S.A. VITTORIA


----- Original Message -----
From: "infoslai" <infoslai@???>
To: <"Undisclosed-Recipient:;"@???>
Sent: Wednesday, July 30, 2008 3:11 PM
Subject: comunicato stampa Slai Cobas Sea
Comunicato stampa



Il giorno 29 luglio 2008 si è svolto un incontro a Palazzo Marino tra i rappresentanti delle sigle: SLAI COBAS, CUB, SDL, UGL, SINPA, FLAI e il Sindaco di Milano Dott.ssa Moratti. Precedentemente il Sindaco aveva incontrato le sigle Confederali, CGIL, CISL e UIL in un tavolo separato.



Lo Slai Cobas ha ribadito che l'accordo del 13 giugno 2008 (mai sottoscritto dallo Slai) non è uno strumento per “risanare” la SEA Handling, ma un mezzo per renderla più appetibile nel caso di eventuali future acquisizioni, in parte o in toto. Un accordo che colpisce unicamente il costo del lavoro e la professionalità dei lavoratori. Un accordo che crea una divisione tra lavoratori a tempo indeterminato di “serie A” e di “serie B”, dopo che una grossa parte di essi sono stati usati per numerosi anni con contratti a tempo determinato; contratti che lo Slai Cobas ha sempre respinto nella maniera più assoluta.



La rivisitazione in peggio delle figure professionali e delle procedure operative, che negli anni hanno portato SEA ad ottenere riconoscimenti nazionali e internazionali in termini di qualità e professionalità, ridurrà notevolmente questi riconoscimenti. La SEA è così destinata a diventare una delle “tante” società di Handling, che non spiccano certo per professionalità, qualità e sicurezza, ma che si garantiscono una nicchia nel settore, unicamente grazie ai tipi di contratto che usano per sottopagare i lavoratori.



Per quanto concerne il Piano Industriale di SEA, a parte il riferimento all'accordo del 13 giugno 2008 che istituisce quale unico strumento di mantenimento dell'Handling la ristrutturazione aziendale, non viene proposto nulla su ciò che sarebbe necessario fare per “risollevare” la SEA Handling, società che volutamente è stata fatta nascere già in passivo nel 2002, se non un accenno generico da parte del Management al mantenimento dell'Handling nel perimetro aziendale e un maggiore sforzo per cercare nuovi clienti .

Non vi sono reali “scelte” aziendali per contenere i costi dove realmente esistono (le decine di migliaia di ore in permessi sindacali, le figure di coordinamento e di responsabilità che si accavallano nei livelli più alti, le difficoltà di comunicazione tra il gestore e l'handling. …), ma solo la scelta di ridurre il costo dei lavoratori, diminuendone i salari reali e i diritti.



Non vi sono accenni al miglioramento ed efficientamento delle attrezzature, che sono la materia prima per un Handler, dopo il personale specializzato, e quindi una delle condizioni necessarie per offrire servizi adeguati alle richieste dei vettori e se si vuole realmente tenere l'handling nel perimetro aziendale. Miglioramenti ed efficientamento che implicherebbero ovviamente investimenti adeguati, ma di cui non vi è traccia alcuna.

Gli unici investimenti di cui si parla sono legati alle infrastrutture gestite da SEA Spa, come la terza pista, un nuovo terminal, parcheggi, restyling delle aerostazioni, alberghi etc.



Come Slai Cobas abbiamo chiesto al Sindaco Moratti, in quanto maggior azionista SEA, un segno di reale intenzione a garantire la continuità di SEA Handling nel gruppo SEA e un accordo di garanzia occupazionale, ma il Sindaco ci ha risposto che non è intenzionato a siglare un tale accordo, ma che “porterà” le nostre richieste al Management SEA.



Non riteniamo accettabile che il “risanamento” di un azienda sia realizzato con il taglio del costo del lavoro ai livelli più bassi, mascherandolo dietro le solite frasi fatte sul “rilancio” aziendale.

Migliaia di dipendenti SEA devono avere dalla proprietà una risposta esaustiva riguardo il loro futuro. Il Sindaco non può liquidare la cosa dicendo che lo riferirà al Management SEA, deve dare una risposta chiara e precisa alle migliaia di lavoratori che per anni hanno garantito introiti nell'ordine di centinaia di milioni di euro in dividendi agli azionisti.

Il Sindaco Moratti, oltre che azionista di SEA, come Commissario dell' Expo e come gestore di 20 mld. di euro di finanziamenti pubblici può, se vuole, intervenire su Malpensa, deve dire chiaramente se intende garantire alla SEA Handling un futuro o meno.



I lavoratori continueranno la loro lotta contro un accordo che serve solo a tagliare il costo del lavoro e a modificare le condizioni complessive di lavoro alla SEA, non certo a “garantirne” un “rilancio”.



Slai Cobas Aeroporti di Linate e Malpensa





Milano, 30.07.08



----- Original Message -----
From: Redazione A Sud
To: asud.informa@???
Sent: Sunday, July 27, 2008 5:22 PM
Subject: L'altra faccia delle Olimpiadi




      A  SUD 


ASUD INFORMA


A pochi giorni dall'inizio delle olimpiadi di Pechino, l'attivista cinese Suki Chung della Labour Action China invitata in Italia da Fair Coop nell'ambito della campagna "Abiti puliti", racconta, in una video intervista ad A Sud, l'altra faccia delle olimpiadi tra sfruttamento, violenze e violazioni dei diritti umani.



Guarda il Video





----- Original Message -----
From: newsletter@???
To: newsletter@???
Sent: Monday, July 28, 2008 9:01 AM
Subject: : Un mondo libero da armi nucleari è possibile!


Campagna "Un futuro senza atomiche"
... Il Corriere della Sera censura ...
28 luglio 2008

Carissime e carissimi!

come alcuni sapranno, è uscita sul Corriere della Sera del 24 luglio una lettera firmata da D'Alema, Fini, La Malfa, Parisi e Francesco Calogero.
"Per un mondo senza armi nucleari"
http://archiviostorico.corriere.it/2008/luglio/24/Per_mondo_senza_armi_nucleari_co_9_080724053.shtml

Abbiamo risposto subito a quella lettera. Alle 15.30 dello stesso giovedì 24, la direzione del Corriere della Sera ha ricevuto la replica che segue, ma ha scelto di non pubblicarla. Abbiamo aspettato fino a stamani, pensando che forse il CorSera non avesse avuto materialmente spazio per pubblicarla, ma niente, nemmeno stamani. Quindi, dobbiamo concordare con la valutazione della Tavola della Pace, http://www.perlapace.it/index.php?id_article=1429 che parla di "censura".

In particolare, vi segnalo il punto 4 della replica delle associazioni:
Oltre 80.000 italiane ed italiani chiedono che l’Italia si liberi di quelle armi nucleari.

Il progetto di legge è stato assegnato alla Commissione Esteri della Camera il 22 maggio scorso. Giace, non calendarizzato, forse dimenticato. Tre dei firmatari della lettera sono membri di quella Commissione, il quarto è Presidente di quella Camera dei Deputati. Ecco una cosa che potrebbero fare da subito per dare concretezza ai sentimenti espressi nella lettera aperta pubblicata oggi sul Corriere della Sera.

Ma la trovate tutta intera qui di seguito. E' stata inviata venerdì 25 anche a tutti i membri della Commissione Esteri della Camera. Ma se volete inviarla anche voi, individualmente, credo che sarebbe una buona idea!



Un saluto di pace,
Lisa
per la Campagna "Un futuro senza atomiche"


Replica delle associazioni inviata il 24 luglio al Corriere della Sera.

Un mondo libero da armi nucleari è possibile!



Leggiamo questa mattina, 24 luglio, la lettera aperta di Massimo D’Alema, Gianfranco Fini, Giorgio La Malfa, Arturo Parisi e Francesco Calogero, per un mondo senza armi nucleari. La accogliamo con lo stesso interesse prestato alle precedenti lettere di Schultz, Kissinger, Perry e Nunn negli Stati Uniti, e di Hurd, Rifkind, Owen e Robertson nel Regno Unito.



Non possiamo che concordare con quanto scrivono i quattro ex-ministri italiani: “Riteniamo importante che anche dall’Italia venga un’indicazione in questo senso”. Intanto, però, ci sono delle vere e proprie emergenze nel campo della non-proliferazione e del disarmo nucleare che l’Italia potrebbe affrontare senza ulteriori indugi.



1. E’ della settimana scorsa la notizia che, nonostante l’allarme lanciato dai maggiori esperti di disarmo nel mondo, il percorso dell’accordo per uno scambio di tecnologia nucleare tra USA e India sta proseguendo. Scrivono l’Ambasciatore Jayantha Dhanapala (ex Sottosegretario Generale dell’ONU per il Disarmo) e Daryl Kimball (della statunitense Arms Control Association, anch’essa bipartisan): “Al contrario di ciò che sostengono i proponenti di questo accordo, esso non avrà affatto come effetto quello di incoraggiare l’India a perseguire un comportamento maggiormente in linea con quello previsto per gli Stati membri del Trattato di Non proliferazione. A differenza degli altri 178 Stati, l’India non ha firmato il CTBT (Trattato per la messa al bando delle sperimentazioni). Continua a produrre materiale fissile e ad espandere il proprio arsenale.”

L’accordo USA-India deve passare per l’approvazione del Nuclear Suppliers Group (gli Stati fornitori di materiale nucleare) e del Board dell’AIEA (Agenzia Internazionale Energia Atomica). L’Italia è membro di ambedue questi consessi. In particolare, nell’NSG le decisioni vengono prese per consenso. I dubbi e le preoccupazioni anche di un solo Stato possono congelare l’accordo. L’Italia cosa farà?



2. Scrivono ancora i quattro ex ministri: “Ci rendiamo conto che la strada che condurrà all’eliminazione delle armi nucleari è lunga. Essa richiede alcune condizioni politiche. La prima è il miglioramento effettivo dei rapporti fra le superpotenze nucleari...” Concordiamo anche su questo punto. E pensiamo, però, che un primo piccolo passo per migliorare questi rapporti possa essere quello, ancor prima degli smantellamenti dei vasti arsenali nucleari statunitensi e russi, di non esacerbare ulteriormente i rapporti, come invece stanno facendo i piani per l’installazione del National Missile Defence (il cosidetto “scudo”) in alcuni territori dell’Europa. Ma su questo l’Italia è stata molto silenziosa. L’Italia potrebbe invece farsi portavoce, insieme ad altri Stati europei, della necessità di congelare ogni innovazione militare sul continente. Se perseguiamo la riduzione delle tensioni e degli armamenti, il primo passo logico dovrebbe essere quello di non aggiungere altre strutture controverse.



3. Il 1 luglio scorso, un gruppo di Europarlamentari (anche quello bipartisan!) ha promosso un appello in occasione del 40mo anniversario della firma del Trattato di Non Proliferazione, chiedendo che lo spirito di quel trattato sia finalmente realizzato. Sono passati 40 anni, si legge nell’appello, ma ancora non si è lavorato seriamente per realizzare il suo Articolo VI, “concludere in buona fede trattative … per il disarmo nucleare … sotto stretto ed efficace controllo internazionale.” A questo fine, gli europarlamentari propongono di lavorare per una Convenzione internazionale che metta al bando le armi nucleari. Dopo la messa al bando delle armi chimiche e biologiche, è tempo di farlo anche con quelle nucleari.

L’Associazione Mayors for Peace ha predisposto, in questo senso, un documento che lancia il processo detto “Protocollo di Hiroshima e Nagasaki”. L’Italia vorrà unirsi ai tanti paesi membri della Nazioni Unite che già hanno annunciato il loro sostegno, in occasione dell’Assemblea Generale dell’ONU del 2010?



4. Siamo molto contenti di leggere anche l’ultima parte della lettera. In effetti, “la diffusione di un nuovo modo di pensare – di una nuova “saggezza condivisa” – è un passo fondamentale in questa direzione, cui l’Italia deve contribuire.” Da molto tempo le nostre associazioni cercano di lavorare proprio in questa direzione. Saremo felici di avervi al nostro fianco! Ma, allora, perché non cominciare proprio dall’Italia?



Noi crediamo che, quando si intuisce la strada giusta, è necessario iniziare a fare ciò che è nelle proprie possibilità e capacità, per poi poter chiedere - in maniera credibile - ad altri di procedere lungo la stessa strada. In Italia ci sono 90 bombe atomiche B61, che non dovrebbero starci secondo i nostri impegni come firmatari del Trattato di Non Proliferazione. Moltissime cittadine e cittadini hanno nei mesi scorsi firmato un progetto di legge d’iniziativa popolare che chiede che l’Italia faccia esattamente questo: rimediare alle proprie violazioni.



Oltre 80.000 italiane ed italiani chiedono che l’Italia si liberi di quelle armi nucleari.

Il progetto di legge è stato assegnato alla Commissione Esteri della Camera il 22 maggio scorso. Giace, non calendarizzato, forse dimenticato. Tre dei firmatari della lettera sono membri di quella Commissione, il quarto è Presidente di quella Camera dei Deputati. Ecco una cosa che potrebbero fare da subito per dare concretezza ai sentimenti espressi nella lettera aperta pubblicata oggi sul Corriere della Sera.



Noi siamo disponibili a dare il nostro contributo.



Paolo Beni, ARCI

Albino Bizzotto, Beati i costruttori di pace

Lisa Clark, coordinamento “Un futuro senza atomiche”

Tonio Dell’Olio, Libera

Flavio Lotti, Tavola della Pace, Coordinamento Enti Locali per la Pace

Andrea Olivero, ACLI

Francesco Vignarca, Rete Italiana per il Disarmo




----- Original Message -----
From: Lino Balza
To: undisclosed-recipients:
Sent: Tuesday, July 29, 2008 6:21 PM
Subject: assembea nazionale movimenti: per resistere un minuto e un metro in più di loro


E’ importante socializzare in rete il dibattito dell’Assemblea nazionale dei movimenti che si sono appena confrontati in Valsusa a Venaus: nell’auspicio che seguano i report degli altri interventi, in allegato il contributo da Alessandria dove il progetto TAV Terzo valico dell’appennino ligure piemontese attenderebbe solo il finanziamento.



<<Abbiamo detto che siamo venuti qua a Venaus da molte parti d’Italia per disegnare il possibile futuro dei movimenti. Ebbene, dubito che le lotte in corso, a cominciare da Tav e Dal Molin, possano vincere se affidate solo allo scontro fisico. Decenni di battaglie dei movimenti nei confronti dei progetti che i partiti portano avanti per conto degli industriali ci hanno infatti dimostrato che i politici ritirano i progetti se e quando temono di perdere i voti. Quando (ad esempio Val Susa e Vicenza) i maggiori partiti non temono di perdere i voti a favore del concorrente perchè fra loro sono d'accordo, mentre i partiti minori sono ininfluenti: abbiamo visto che non hanno ragione di ritirare il progetto (al peggio, aumentano le astensioni).

In questi frangenti, le ipotesi sembrerebbero tre: A) i movimenti vincono con la forza, "militarmente", impedendo fisicamente i progetti; B) i movimenti perdono; C) i movimenti, presentandosi direttamente con proprie liste, portano via voti a tutti i partiti.

Nell'ipotesi C), i movimenti non cessano la loro natura, possiedono solo uno strumento di lotta in più.

Se i movimenti locali sono uniti in un unico movimento nazionale: sono più forti, che decidano o no di ricorrere allo strumento liste. Nel caso decidano di ricorrere a questo strumento: sono dunque più forti se riescono a coalizzarsi, a "federare" le liste locali in un nuovo soggetto politico nazionale.

Vediamo se questi concetti reggono nell'esperienza concreta. Esempio: No Dal Molin a Vicenza.

1) I No Dal Molin hanno scelto di non delegare ma di rappresentarsi direttamente alle ultime elezioni con una lista locale. Una scelta locale, non concordata con i movimenti italiani, non imitata significativamente. La lista ha appoggiato e determinato la vittoria di un candidato sindaco.

2) I No Dal Molin puntano in autunno al referendum cittadino indetto dal sindaco. Sì o no alla base. Riducono cioè il problema nazionale ad un problema locale. Avverrà nel referendum che a) se vince il “no base”, i partiti replicheranno che non vale, è una questione nazionale; b) oppure, se vince il “sì base” dimostreranno che è antidemocratica ogni ulteriore resistenza, peraltro a quel punto assai improbabile degli altri movimenti nazionali emarginati.

Morale della favola: non sarebbe stato meglio se la lista No Dal Molin fosse stata una articolazione dei movimenti nazionali e non avesse puntato tutto sul referendum locale?

Una morale che non potrebbe mai interessare agli anarchici: sbagliata la lista No Dal Molin. Ma agli altri? Personalmente non credo più nell'ipotesi A), scandaglierei l'ipotesi C) dello strumento di lotta in più, piuttosto che dedicarsi alla ginnastica movimentista con la vocazione del perdente (ipotesi B) >>.



Messaggio di pace e salute inviato a _2.750____ destinatari da

Lino Balza
Via Dante 86
15100 Alessandria
Tel. 013143650


MEDICINA DEMOCRATICA – MOVIMENTO DI LOTTA PER LA SALUTE
Onlus Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale
Via dei Carracci 2 e Via Venezian 1 Milano
Tel. 024984678 Fax 0248014680
medicinademocratica@???
segreteria@???
http://web.tiscalinet/medicinademocratica/
www.medicinademocratica.org

Sezione provinciale
Via San Pio V n. 4 15100 Alessandria

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Comunicato stampa 29 Luglio 2008 ore 17.30 : nuova base Usa di Vicenza



La decisione del Consiglio di Stato relativa ai lavori per la costruzione della nuova base Usa di Vicenza, ci sembra una decisione di “ossequio”,
rispetto ai desideri di Berlusconi e del Ministro La Russa (decisione Politica), che i ricorrenti, non possono certo condividere, anche perché non
dice nulla circa i gravissimi rischi ambientali denunciati dalla stessa valutazione di incidenza ambientale fatta realizzare dagli americani, e
quindi non sospetta (interessi primari).

In tale valutazione – le motivazioni non sono formali ma sostanziali – si fa riferimento al rischio di inquinamento delle acque destinate ai comuni di
Padova e di Vicenza, e ai gravissimi rischi ambientali per rilevanti zone di interesse comunitario come quella su cui ricade il fiume Bacchiglione.

L’ordinanza del Consiglio di Stato è pretestuosa in quanto non prende in considerazione i possibili danni ambientali irreversibili data l'assenza del
progetto finale come confermato dall'avvocatura di stato.

In ogni caso tale decisione potrà avere effetto soltanto per due mesi, visto che l’8 ottobre Il Tar Veneto dovrà decidere nel merito sugli oltre 20
motivi di ricorso presentati, e valutare concretamente i gravissimi rischi ambientali connessi ad un insediamento di oltre 2.500 nuove unità di
militari che porterebbe all’utilizzo massiccio delle risorse idriche ed ambientali del territorio Vicentino.

ENTRO BREVE VERRAI RAGGIUNTO DA ALTRE NOTIZIE SU QUESTA NOVITA' E SULLE AZIONI DA INTRAPRENDERE NELL'IMMEDIATO E MEDIO FUTURO.

Coordinamento dei Comitati Cittadini

pippo magnaguagno (Rete Lilliput e Comitato Più Democrazia e Partecipazione).



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----- Original Message -----
From: <nocorridoio@???>
To: <undisclosed-recipients:>
Sent: Wednesday, July 30, 2008 5:13 PM
Subject: comunicato stampa


Comunicato Stampa



Lunedì 28/7/08 si è aperta presso il Ministero delle Infrastrutture la Conferenza dei Servizi per il progetto del Corridoio Intermodale Roma – Latina e della bretella Cisterna – Valmontone. Come era logico pensare, l’irresponsabile Giunta Marrazzo con il suddetto progetto, ha mantenuto aperta la strada al ritorno dell’ancor più devastante Corridoio Tirrenico Meridionale(CTM) Roma – Formia, riproposto dal Governo Berlusconi.

             L’impennarsi del percorso tecnico-amministrativo è da reputarsi alla necessità dell’attuale Giunta Regionale di pubblicare il bando di gara nel 2009 e aprire i cantieri nel primo semestre del 2010, periodo guarda caso delle nuove elezioni regionali utile ad avere dai signori del cemento, unici beneficiari dell’opera, il sostegno elettorale. Il CTM danneggerà ulteriormente l’ambiente e le comunità locali in maniera disastrosa oltre ad un  impennata dei costi economici che supereranno la soglia dei cinquemila milioni di Euro.


Dopo la richiesta dei cinque Sindaci del Pontino per la messa in sicurezza della Via Pontina, la Regione ha risposto impegnando vergognosamente delle briciole economiche: tre milioni di Euro!

Lor signori vanno avanti in maniera unilaterale e sordi alle istanze del nostro Comitato che dopo aver raccolta oltre undicimila firme in calce alla petizione popolare e la riuscita e partecipata manifestazione del 7 Giugno a Pomezia, aveva chiesto l’apertura di un confronto democratico tramite l’istituzione di un tavolo politico, mai accordato. Per questi motivi ribadiamo che le soluzioni sostenibili e risolutive sono la trasformazione in metropolitana della linea ferroviaria Roma-Latina-Formia, la costruzione dei tronchetti ferroviari per l’attestamento alla stessa linea da Pomezia e da Latina, l’adeguamento in sicurezza di tutta la Via Pontina da Roma a Terracina. Questi sono gli unici interventi a favore dei pendolari per ridurre i tempi di percorrenza, lo stress, i costi alle famiglie e all’ambiente.

Annunciamo per il mese di Settembre la ripresa della nostra protesta ad oltranza e con azioni dirette presso la sede di Roma della Regione Lazio. Utilizzeremo a tal fine, tutti i mezzi di contrasto e di boicottaggio a nostra disposizione.



Roma, 30 Luglio 2008



COMITATO NO CORRIDOIO ROMA – LATINA



FIRMA on line: http://www.PetitionOnline.com/ppnoc1/
Il nostro blog: http://quartiereroma12.blogspot.com - e.mail: nocorridoio@???

Portavoce: Gualtiero Alunni - cell.: 3332152909



----- Original Message -----
From: A&A
To: destinatari-ignoti:
Sent: Tuesday, July 29, 2008 5:38 PM
Subject: COMUNICATO STAMPA





Luciani: “ Domani quale altro gioco di prestigio inventerà Berlusconi per l’inaugurazione della centrale di Civitavecchia?“





“Se avessi materialmente scritto io l’invito al presidente Berlusconi per la visita di domani a Civitavecchia, gli avrei vivamente consigliato di utilizzare un elicottero dai vetri oscurati e completamente insonorizzato”.

Con queste parole Enrico Luciani – consigliere civitavecchiese del Prc – con ironia intende illustrare, nel bene e nel male, ciò che il Cavaliere troverà ad attenderlo una volta raggiunta la città portuale. Purtoppo troverà a pochi chilometri da Roma una realtà che sembra più consona al profondo Sud.

“Civitavecchia, città dal passato illustre, sembra ancora mostrare intatti i segni dello spaventoso bombardamento che ha subito nel 1944 e che l’ha rasa quasi completamente al suolo. La ricostruzione, infatti, - prosegue Lucani - ha riguardato quasi esclusivamente la parte residenziale, assicurando certo un tetto alle famiglie ma all’emergenza abitativa non è seguita un’attività di valorizzazione delle preesistenze storiche né un’adeguata tutela ambientale. Il boom economico che in altre zone strategiche del Paese ha se non altro portato un po’ di ricchezza, qui ha dato poco lavoro ma ha fatto gravare sulla città la presenza di imponenti servitù come quella militare e per il polo energetico. Su quest’ultimo aspetto necessitano alcune considerazioni: la città invece di caratterizzarsi per il sostegno al porto e ai traffici che ne derivano o a sostenere i successi della crocieristica e delle autostrade del mare, mostra i segni di una condizione di impoverimento e di disoccupazione.”

Già sede di tre centrali per la produzione di energia, oggi Civitavecchia con la riconversione di Torrevaldaliga nord a centrale a carbone e la vicina Montalto, diventa una zona ad alto rischio per la salute dei cittadini e per il mantenimento della vocazione agricola dei territori vicini.

“Se per la sua venuta potesse coprire il grido di dolore dei civitavecchiesi, - continua Luciani -magari alzando la musica che certamente sarà irradiata dall’elegante palco che hanno preparato per Lei le autorità cittadine avrebbe modo di vedere un porto vivace nelle sue dinamiche dove è pesante la situazione ambientale. Occorre, infatti, prima di arrivare alla elettrificazione delle banchine obbligare le navi a utilizzare combustibili a basso impatto ambientale durante la sosta in porto, come misura di attenzione verso gli abitanti di Civitavecchia. Grida di dolore che riguardano le famiglie dei lavoratori morti nel cantiere Enel perché le misure per la sicurezza e i controlli sono scarsi, ma anche di quegli operai oggi impegnati in turni di lavoro massacrante ma preoccupati per quando la costruzione della centrale sarà terminata, non avendo a tutt’oggi conosciuto quale sarà il loro futuro. Ma i problemi riguardano anche le imprese locali stesse che accettando i subappalti e le condizioni di lavoro che questi hanno comportato, hanno visto i loro margini di sostentamento ridotti al lumicino. Mentre questa città povera, sporca e un po’ lasciata a sé stessa chiede con forza quelle infrastrutture come l’adeguamente dell’Aurelia verso nord, il completamento della Civitavecchia-Viterbo-Orte o una maggiore considerazione da parte delle Ferrovie, Lei signor Presidente – conclude Luciani – starà pensando di far uscire dal cappello come un abile giocoliere le sue strabilianti proposte, ma le ricordo ancora una volta, che i civitavecchiesi non si faranno mortificare né ferire nella loro dignità.”

Roma 29 luglio 2008






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