Come la penso già lo sapete. Preferisco usare la parole di Sullo su Carta
con il quale sono totalmente d'accordo.
E ora, Rifondazione?
Pierluigi Sullo
[28 Luglio 2008]
I quotidiani di lunedì hanno scelto all’unanimità – non essendoci il
manifesto e Liberazione – la via più facile per giudicare la conclusione del
congresso di Rifondazione comunista: con Paolo Ferrero segretario si è
scelta la via della nostalgia, del comunismo «puro e duro» e del partitino
marxista-leninista inevitabilmente avviato verso «il deserto». Del resto,
questa è l’interpretazione suggerita, in tv, dallo sconfitto Nichi Vendola:
i vincitori hanno gli occhi girati verso il passato. Può darsi che andrà
così. L’«innovazione», oggetto polemico in tutto il congresso, era il
marchio di fabbrica della ex maggioranza bertinottiana, da quando, dopo la
rottura con Prodi nel ’98 e la scissione dei «cossuttiani», il Prc si era
lanciato per le vie sconosciute dello zapatismo [ciò che procurò a
Bertinotti il soprannome di «subcomandante»], dell’altermondialismo di Porto
Alegre e del movimento di Genova, del pacifismo [e della non violenza],
della critica dello sviluppo [o decrescita]. E perfino di una critica dello
stalinismo, avviata da Bertinotti, che pareva inattuale e invece era un
inizio di critica del senso ultimo della politica di sinistra nel Novecento:
la conquista del potere.
Chi dice che ora il Prc vuole tornare al passato infila come ultimo anello
della catena dell’«innovazione» anche la decisione di andare al governo, con
il congresso di Venezia, abbandonando l’opposizione «a prescindere». E qui
sta l’errore. Associarsi con il centrosinistra, delegare alla figura del
«leader» [con le primarie dell’Ulivo e Bertinotti alternativo a Prodi],
tralasciare ogni consapevolezza sulla sovranità limitata dei governi
nazionali, dimenticare ogni analisi sulla crisi della democrazia e della
rappresentanza, stare al governo [Ferrero compreso, come ha onestamente
ammesso] accettandone le compatibilità, dalla Tav alla base di Vicenza, per
tentare di giocare un ruolo nel flipper di quell’impasto tra media e
«leader» politici che è diventata l’agenda politica [da cui ad esempio uno
«stato d’emergenza» del tutto surreale sui migranti], tutto questo non è
stato «innovazione». E’ stato l’opposto: accettare la riduzione della
politica a una buccia senza più la polpa della società.
La ragione per cui Vendola ha perso, mi è parso stando qualche ora a
Chianciano e parlando con molti amici, non è tanto nel fatto che gli altri
rifiutavano l’«innovazione», ma il sospetto che si volesse, come nulla
fosse, ricominciare a «far politica» in quella maniera, per di più senza
Bertinotti, che l’esperienza come presidente della camera e come candidato
della Sinistra arcobaleno aveva nel frattempo consumato: anche se la stima
di cui gode in tutto il partito, come dimostrano i dieci minuti di applausi
che ha avuto al congresso, resta grande.
E’ per questa ragione che, da neo-segretario, Ferrero dice: bisogna «tornare
nella società». Sembra semplice, ma non lo è affatto. E non solo perché,
come tutti dicono, la creazione di un’«area politica» denominata
«Rifondazione per la sinistra», che, ha annunciato Vendola, si doterà di
suoi mezzi d’informazione e perfino di un tesseramento proprio, dice che l’attuale
partito in realtà sono due. Ma anche perché il modo in cui si è combattuto
[e il termine appropriato] il congresso, e la deriva che ne seguirà,
renderanno sospette ai più proprio le «innovazioni», cioè il cercare di
stare nella società come essa è oggi e non come era l’altroieri. L’enfasi
sul «comunismo» e la «classe», sulla necessità di preservare Rifondazione
come partito che «c’è per l’oggi e per il domani», come ha detto Ferrero per
spiegare come sia stata sconfitta l’idea di sciogliere il Prc, tutto questo
ha molto più a che fare con la società fordista, della grande classe operaia
e della borghesia nazionali, che non con il panorama sociale [produttivo,
naturale, dello sviluppo, dei poteri transnazionali…] del nuovo secolo. E la
maggioranza con cui Ferrero è stato eletto è fatta in larga misura di
persone che hanno una cultura comunista antica e, in versione più
utilitaria, pensano che la falce-e-il-martello sia una buona dote
elettorale, ossia hanno un’idea consunta della rappresentanza.
Sarebbe bene che Rifondazione, la maggioranza e la minoranza, uscissero dall’ordine
chiuso del loro conflitto, e anche dalla necessità di stare insieme per
potersi presentare alle elezioni europee del prossimo anno. Per fare cosa?
Per cercare di rendersi utili ai conflitti che effettivamente esistono, che
hanno connotati talvolta irriconoscibile a una lente «comunista», e sui
quali il governo, senza alcuna opposizione in parlamento, sta esercitando
una politica che sembra per molti versi fascista [ma è un fascismo
postfordista, dalle caratteristiche totalmente nuove e che dovremmo cercare
di capire]. Comunità ribelli alle grandi opere e comunità migranti
perseguitate [i rom, prima di tutto, ma non solo], minoranze di ogni tipo
[gay e lesbiche, prima di tutto, ma non solo], lavoratori precari e non
[figure nuove, cioè, e antiche], compongono un mosaico che forma una figura
nuova: la società del terzo millennio. La sinistra ritroverà un senso se si
metterà al suo servizio, per ricucire e difendere, per aiutare la
costruzione di esperienze democratiche nuove e per fermare i cingoli dello
«sviluppo», non se tornerà a proporre militanze e visioni del mondo
tramontate e, in fin dei conti, autoritarie.
----- Original Message -----
From: "blanca" <blanca@???>
To: <annmedr@???>; <forumlucca@???>
Sent: Tuesday, July 29, 2008 2:46 PM
Subject: Re: [Forumlucca] la paura fa Ferrero
Riposto togliendo i refusi della prim'ora (scusate... l'urgenza).
Cara Annamaria
per quanto possa essere significativo ho messo la tua mail tra quelle
che meritano di essere rilette a distanza di tempo e magari più volte.
Perché ciò che dici vale la pena di essere metabolizzato e preso in
seria considerazione.
Io sono una donna, mai stata comunista, vicina al pensiero anarchico,
però con un aspirazione e un fiducia di fondo nella socialità, più che
nella politica.
Anzi, per tanti motivi, da aprile in poi la politica di partito mi fa
sempre più difficoltà e mi sento risucchiata nel ruolo di comune
cittadina.
Comune cittadina con i miei marchi di adulta inoccupata, di persona
che deve scegliere tra un percorso lavorativo (ammetto che ho fatto
scelte ambiziose) e un figlio, di impegnata disillusa.
Io credo che ciò su cui poni l'accento sia sacrosanto. E mi pare che
ci sia un preoccupante filo conduttore tra le impronte ai rom, i
militari nelle città, il fatto chiamare semplicemente "violenza da
branco" l'omicidio-pestaggio di Verona, Napoli che non ha più rifiuti
eccetera eccetera. Però dare al colpa al solito e sempre malvagio
Berlusconi è onestamente sciocco.
E dire che la gente ormai in Italia è diventata tutta idiota è ancora
più sciocco. Saverio Ferrari ci aveva avvertiti (parlo dell'incontro
che abbiamo avuto tramite il mio collettivo) che al nord la Lega si
stava radicando negli strati più popolari dell'elettorato. Sarebbe
l'ora di chiedersi perché e di rispondere come sinistra. E come
cittadina, anche se non ha una tessera di partito, mi sento tutto il
diritto di chiederlo. Anche per me era importate la figura di Vendola.
Vedremo cosa riserva il futuro. Ma spero che, come ha smosso in me una
reazione, la lettera di Annamaria spinga a riflettere tanti e tante
che spesso pensano e leggono ma rimangono ai margini delle
discussioni. Forse non sarebbe male riprenderci gli spazi di dialogo e
di confronto. Magari a partire da questa stessa mailing list che è
diventata nient'altro che una comune bacheca. Penso a un dialogo da
sviluppare prima e più di tutto come persone, uomini, donne, pensieri
e carne. E solo dopo come rappresentanti o aderenti di qualsiasi
raggruppamento che dir si voglia.
ILa
Il giorno 29/lug/08, alle ore 12:19, annmedr@??? ha scritto:
> … e così la paura fa Ferrero
>
> Finito il congresso di rifondazione ci
> troviamo con un nuovo segretario, supportato da ben quattro mozioni e
> da due voti di scarto.
> A ben vedere una figura totalmente simmetrica a
> Veltroni, quello di “andiamo da soli alle elezioni, non importa se si
> perde” salvo portarsi dietro il giustizialista per eccellenza, Di
> Pietro, che però ha il merito di amare la satira politica e i suoi
> artisti.
>
> A Ferrero piace il richiamo forte all’identità comunista che
> allontana la paura del vuoto sociale ripristinando simboli che poco
> hanno a che vedere con la complessità dell’esistente. Per lui è
> sufficiente alzare la testa e mettere in mostra il proprio dissenso
> per
> costruire opposizione sociale e politica: caspita, una vera
> soggettività politica! Ciò che non capisce è che la destra ha vinto a
> livello di strati popolari e di alleanze di poteri, sta ponendo le
> basi
> della propria egemonia nella società (esercito nelle piazze, fine dei
> diritti, lavoro di sopravvivenza). È qualcosa di più della sconfitta
> della, delle sinistre.
>
> Veltroni inibisce una seria opposizione perché
> gioca all’uomo di stato, dando credito alle potenzialità di grande
> statista di Berlusconi. E si trova nel ruolo della rana della famosa
> storiella dello scorpione che vuole attraversare un rigagnolo e chiede
> di essere portarlo sulle spalle alla riva opposta. A metà della
> traversata, la povera rana sente la puntura del pungiglione e prima di
> annegare lo scorpione sospira “scusami, ma fa parte della mia natura”;
> fa parte della natura di Berlusconi fare prima di tutto i propri
> interessi.
>
> Io, che appoggiavo la mozione di Vendola, senza essere
> particolarmente bertinottiana, sono un po’ sfasata. Ma tanto sono una
> donna , difficilmente partecipo a comunità politiche in senso stretto,
> più facilmente mi muovo nel sociale, volontariato e opere di bene in
> generale, sempre al servizio di qualche identità forte e maschile.
>
> Annamaria Medri
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