[NuovoLab] Giacomo Casarino: servizio stampa

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Autor: Luisa
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Assumpte: [NuovoLab] Giacomo Casarino: servizio stampa
Cari compagni ed amici,

non ci resta che riabilitare lo stalinismo e il centralismo democratico
(Diliberto l’ha già fatto). Avanti verso la costituente di tutti i
comunisti! Ma chi consegna il certificato di “sana e robusta costituzione
comunista”? Sulla Piazza Rossa non si può più intingere la penna!

E’ questo il (Forum) per il socialismo del XXI secolo?

Fraterni saluti

Giacomo Casarino

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Il Corriere della SERA

Lo sconfitto

E Nichi disse: qui c’è da chiamare il 113

«Questo non è un partito, ma una comunità terapeutica»: Nichi Vendola ha
l’aria sconvolta e la palpebra che vibra come per un impercettibile tic.
CONTINUA A PAGINA 3
SEGUE DALLA PRIMA
E’ l’una e mezza di notte e tra qualche ora il governatore della Puglia
annuncerà il suo ritiro dalla corsa alla segreteria di Rifondazione
comunista.
E’ la notte più tormentata dei bertinottiani. Quella in cui, per la prima
volta, si accorgono senza alcuna possibilità di dubbio, che ormai è andata,
che il rivale Paolo Ferrero ha vinto il congresso.
Nell’atrio dell’albergo dove alloggiano i dirigenti della maggioranza
divenuta nel giro di poche ore minoranza, Vendola si sfoga: «Ci sarebbe da
chiamare il 113 per come si comportano. Una cosa raccapricciante: sono
peggio della destra».
Mentre parla, il governatore lascia andare ogni tanto l’occhio nel vuoto,
quasi pensasse: «Ma chi me l’ha fatto fare». «Hanno preparato — continua —
un documento delirante: vogliono fare la costituente comunista».
Ma siccome è un uomo intelligente, a Vendola non sfugge che quel che è
successo è anche colpa della fu maggioranza di Rifondazione: «Abbiamo
guidato questo partito per anni e anni e non avevamo capito com’era fatto, e
così ha vinto Ferrero che sarà segretario proprio come voleva lui». «E che —
aggiungerà più tardi l’ex leader Franco Giordano — aveva pianificato tutto
da tempo».
Il governatore si infila in ascensore. Trascorre una manciata di minuti e
arriva Fausto Bertinotti. Prima scherza (ma mica tanto) con un amico: «Qui
bisogna cominciare a temere per la nostra incolumità fisica. Questi sono
peggio di Antonio Di Pietro: riapriranno tutte le galere».
Quel che ha impressionato, e non poco, l’ex presidente della Camera sono
stati i pugni chiusi e l’inno utilizzati per «intimidire» quelli che non
avevano ancora deciso se votare o meno Ferrero. E’ tardissimo, ma Bertinotti
si ferma davanti all’albergo con qualche giornalista e un po’ di aderenti
alla componente. Non ha l’aria esasperata di Vendola, cerca di
razionalizzare quel che è accaduto e riflette ad alta voce: «Abbiamo perso e
dobbiamo fare autocritica perché non lo avevamo immaginato. Ora l’unica cosa
che possiamo fare è ritirare Nichi, toglierlo da questo guazzabuglio: si
eleggano il loro segretario».
Il giorno dopo però l’ex presidente della Camera appare meno propenso ai
ragionamenti e molto molto più stufo della situazione. Tanto che dopo che i
ferrariani, per controllare i loro, hanno ottenuto la votazione per appello
nominale dei documenti politici e non per semplice alzata di mano e di
delega, Bertinotti sale sul palco e dice rivolto alla platea: «Voto la
mozione due, ma lo avrei fatto anche dal mio posto». Poi mentre scende gli
sfugge un «Vaff...» indirizzato di tutto cuore a Ferrero e soci.
Ma al di là degli insulti e delle autocritiche, Vendola e i suoi devono ora
affrontare un problema non da poco. «Potrei fare la secessione della
Puglia», scherza il governatore. Ma sa che la scissione potrebbe essere uno
degli esiti di questo congresso. Ovviamente non ora, onde evitare che la
sinistra scompaia. Magari tra un anno... Adesso però è una prospettiva assai
lontana a cui il presidente della giunta regionale pugliese non vuole
neanche pensare. E Bertinotti alla domanda risponde solo con un enigmatico:
«Io saprei cosa fare ma deve essere Nichi a decidere». E la decisione è
quella di restare.
La formula si chiama «separati in casa». Perciò niente ingresso nella
segreteria del partito, come confermano sia l’ex capogruppo Gennaro Migliore
che Vendola. In compenso la corrente ha già un nome, Rifondazione per la
sinistra (e non è un caso che il termine "comunista" non sia presente in
nessuna versione e non ci sia neanche una vaga allusione). Ha un compito,
quello di creare una sorta di partito nel partito: la corrente farà tessere
per iscrivere al Prc più gente possibile e si doterà, come spiega Vendola,
«di strumenti di lotta politica e d’informazione».
E Rifondazione per la sinistra ha anche un obiettivo. Lo spiega Rina
Gagliardi, ex senatrice e bertinottiana di ferro: «Non è affatto detto che
questo nuovo gruppo dirigente regga. Sono troppo diversi, litigheranno su
tutto, c’è la possibilità che tra meno di un anno scoppino e a quel
punto...». A quel punto la situazione potrebbe ribaltarsi.

Maria Teresa Meli





L’UNITA’

Il Prc sceglie la "linea dura", Ferrero segretario

Marco Filippetti





Paolo Ferrero è il nuovo segretario di Rifondazione Comunista: 142 dei 280
delegati del Comitato Politico Nazionale lo hanno eletto, per un soffio
sopra il 50 per cento dei voti. Quando sul aplco di Chianciano è avvenuta la
proclamazione, Nichi Vendola, lo sconfitto del congresso, era già ripartito
per la Puglia. Non ha sentito, perciò, le prime parole del nuovo leader che
apriva la segreteria ad una «gestione unitaria» per ricucire la frattura
interna, che è stata troppo forte. Vendola non c'era, ma già nel pomeriggio
di questa infuocata giornata a Chianciano aveva messo in guardia: «Escludo
qualsiasi livello di compromissione nella gestione politica del partito».
Insomma non se ne va dal Prc, ma non ci sta nemmeno a subire l'esito di
questo congresso che ha spaccato Rifondazione.

Il partito ha scelto - con 342 voti contro 304 - la mozione 1. Il momento
più atteso della giornata è stata proprio la presentazione del documento
politico elaborato nella notte dalla commissione politica congressuale. In
quel testo, infatti, c’è la linea politica che il partito dovrà tentare di
perseguire nei prossimi anni. Giovanni Russo Spena dal palco comincia a
leggere il documento che sancisce la vittoria delle mozioni di minoranza:
«Il congresso considera chiusa e superata la fase caratterizzata dalla
collaborazione organica con il Pd nella fallimentare esperienza di governo
dell’Unione, della Sinistra Arcobaleno, e della sbagliata gestione
maggioritaria del partito». Queste prime righe sembrano il “manifesto” della
Rifondazione che verrà. O, come dirà Vendola più tardi, la «fine» del
partito stesso. Basta alleanze con il Pd, dice Russo Spena «dobbiamo essere
veramente alternativi al “veltronismo” e alle destre». Il secondo punto è un
abiura dell’esperienza dell’Arcobaleno che vuol dire in altre parole un
brusco stop al progetto di Nichi Vendola della “costituente della sinistra”.
Il terzo punto è la messa al muro della gestione uscita dallo scorso
congresso, quello di Venezia, che sanciva la svolta “governista” del partito
allora diretto da Fausto Bertinotti. Insomma, nel giro di tre giorni si
rinnega tutto quello che è stato fino all’altroieri. E a guidare la
“rivoluzione” è Paolo Ferrero, ministro fino a quattro mesi fa nel governo
Prodi e difensore della linea vincente a Venezia.

Il documento segna la «svolta a sinistra del Prc» e ribadisce con più forza
«la critica alle politiche neo liberiste». Rispetto alla linea Bertinotti,
egemone da quattro annia questa parte, si dà spazio all’alleanza con «la
sinistra anticapitalista e comunista fuori dal partito» e si tenta il
recupero «dell’importanza storica delle esperienze storiche comuniste»
[NdR]. I “vendoliani”, dal canto loro, in linea con la svolta segnata da
Bertinotti qualche anno fa, hanno sempre sostenuto di non ritornare alle
«formule novecentesche» e di «aprirsi alla società civile» perché «il
comunismo deve essere una tendenza culturale di una sinistra più ampia».

Unico trait d’union tra le due principali mozioni che si sono sfidate a
congresso, la volontà di «ricominciare dall’esperienza di Genova e della
commistione con i movimenti sociali, tentando di apprestarli sostanzialmente
e non solo formalmente».

Subito dopo Russo Spena, che presentava il documento votato da tutte le
mozioni di minoranza che però insieme arrivano solo al 52%, è la volta di
Gennaro Migliore. L’ex capogruppo del Prc alla Camera presenta un documento
alternativo elaborato interamente dalla seconda mozione, che da sola ha
raccolto il 47% dei voti. Migliore esordisce dicendo con voce tuonante che
«è la prima volta nella storia della democrazia che una maggioranza relativa
in un’organizzazione viene messa in minoranza dalle altre minoranze
coalizzate». Per Migliore il congresso «è stato un accordo contro Nichi
Vendola, e non una proposta di un progetto alternativo. Le quattro mozioni
di minoranza non hanno percorsi comuni – ricorda – anzi sono spesso
contrastanti».

Nel momento delle dichiarazioni di voto sale sul palco il grande “sconfitto”
, Nichi Vendola che inizia il suo intervento riconoscendo la sconfitta e
denunciando «il clima pesante tra le mozioni, spesso con malignità
personali». È sconfitto, ammette, ma non se ne va: «I compagni della mozione
2 – rilancia Vendola dal palco – non intendono abbandonare per un attimo,
per un millimetro Rifondazione comunista. Staremo qua a costruire – prosegue
- la nostra battaglia». Vendola dice chiaramente che ora inizia la sfida
«per capovolgere una linea che non ha il fiato necessario per rifondare il
partito nel campo largo delle sinistre». «Per anni – analizza Vendola –
Rifondazione è stata guidata da una diarchia, non è mai stato un partito
acquietato e ha vissuto in modo sempre febbricitante la propria ricerca di
rifondazione, ma non è mai stato un guazzabuglio di mozioni di minoranza, un
fardello di reazioni di pancia». Questa volta, invece, è andata così: «Una
mozione di minoranza - afferma il governatore pugliese - ha cercato in altre
mozioni un'aggregazione informe, che porta alla guida del partito una
maggioranza precaria, che ha come collante un'ambiguità e un equilibrismo
semantico». Per Vendola, quindi, non c’è tempo da perdere: «Lancio un
appello – annuncia - per una campagna di iscrizioni per arrivare a
capovolgere la linea di maggioranza, e quanto prima faremo una
manifestazione. Dalla sconfitta – conclude – noi ripartiamo convinti che c'è
in essa un seme per il futuro».



LA STAMPA

Rifondazione incorona Ferrero

    

Il partito si spacca, l'ex ministro
è il nuovo leader. Vendola sconfitto
«Nessuna scissione, ripartiremo»

CHIANCIANO TERME
Paolo Ferrero è il nuovo segretario di Rifondazione comunista. Lo ha eletto
il nuovo Comitato politico nazionale del partito, con 142 sì e 134 no, 4
schede bianche e un astenuto. Subito dopo la proclamazione del risultato, i
militanti che lo hanno sostenuto nella battaglia congressuale hanno intonato
Bella ciao e l’Internazionale.

Nichi Vendola, candidato dell’area bertinottiana, che aveva ottenuto la
maggioranza relativa nei congressi locali ma non ha trovato una intesa con
le altre mozioni che consentisse di superare il 50 per cento, ha lasciato il
Palaterme di Chianciano prima della proclamazione della elezione del suo
rivale.
«Voglio una Rifondazione comunista che rimetta al centro le questioni
sociali del Paese e l’opposizione al governo Berlusconi per tutelare le
condizioni di vita di lavoratori e pensionati» ha detto Ferrero.
«Quella che ha vinto il congresso - continua l’ex ministro del governo
Prodi- è una coalizione che ha posizioni anche diverse, ma che è unita da
tre cose: che Rifondazione Comunista c’è per l’oggi e per il domani e che
dobbiamo ripartire da qui; che c’è bisogno di rimettere al centro il lavoro
sociale; e infine che per far questo c’è bisogno di maggiore autonomia dal
Pd. Un partito che sappia essere il cuore dell’opposizione e della sinistra,
non una costola esterna del Pd».
Sul tema dell’alleanza con Veltroni, Ferrero precisa a proposito delle
amministrative: «Ho detto una cosa semplice: non ci sono le condizioni per
un accordo di governo centrale, ma questo non vuol dire assolutamente che si
rompono tutte le giunte locali, diciamo solo che queste saranno verificate
sulla loro capacità di incidere sulla vita della gente.»
Nichi Vendola è deluso: «Credo che la scelta di Paolo Ferrero sia un errore
per questo partito, quindi invito i delegati a votare no sulla scheda» dice
prima di ripartire per la Puglia. «Non abbandoniamo la battaglia, che non
riguarda i giochi di potere nel Prc, ma la restituzione di una sinistra che
parli al Paese» incalza il governatore.
Vendola fa un appello al popolo di Rc affinchè possa essere allargata la
partecipazione e il tesseramento per portare a un rovesciamento di questa
linea. Il governatore della Puglia afferma inoltre che «non c’è abbandono,
non c’è scissione: a settembre l’area che fa capo alla mozione numero 2, che
prenderà il nome di “Rifondazione per la sinistra”, convocherà la prima
manifestazione e si doterà di strumenti di lotta politica e di informazione.
Da questa sconfitta - conclude - noi ripartiamo: nelle sconfitte c’è sempre
il seme