[Forumlucca] [ EVENTO KOTOBA 2008]

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Auteur: gia nni
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À: forumlucca@inventati.org
Sujet: [Forumlucca] [ EVENTO KOTOBA 2008]

*Evento Kotoba 2008*
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*Martedì 22 Luglio 2008 ore 21*

*Teatrino Parrocchia di Vicopelago -- Lucca*


          INCONTRO - I volti dell'esilio



Relatori:


/*Francis Jacques Matthieu* (Fra Benedetto)/
Filosofo e antropologo, Membro del Comitato Etico Locale, Parroco di
Molazzana

*Dottoressa Gabriella Mauri*

Psicologa, collaboratrice del Ce.I.S. nell'ambito delle nuove povertà, della
cooperazione allo sviluppo e nella lotta al traffico di esseri umani


Giovanni Paolo Quattrini

Psicoterapeuta, Direttore scientifico Scuola di Specializzazione in
Psicoterapia della Gestalt IGF, Firenze-Roma , docente della Scuola
d'Arte evolutiva Kotoba


*ore 22.30*


LETTERA A DON MILANI


lettura concerto di *Claudio Di Palma*

musiche eseguite dal vivo al pianoforte *Luca Urciuolo*


Citando nel titolo lo strumento epistolare con cui più volte Milani si
rivolse a categorie della società civile e religiosa ( giudici,
cappellani, professoresse), questa lettera è la ricomposizione narrativa
della vita di un uomo di montagna, di frontiera, frequentatore
consapevole e appassionato del limite: appunto Don Lorenzo Milani. Un
prete. Un parroco. Un padre.

Questa lettera è però una ricomposizione che, seguendo moltiplicazioni
ed annullamenti improvvisi dell' immagine del priore di Barbiana,
procede per rifrazioni disordinate della memoria. Una lettera confusa da
un delirio emozionato in cui la parola vuole predisporsi al racconto,
alla dedica. Una parola che attraversando gli aggettivi li restituisce
come fotogrammi dei sensi.

Una parola dura per raccontare di un uomo scomodo, testardo, orgoglioso.
Una parola musicale in cui dire della sua vocazione, della sua scuola,
del suo esilio. Una parola semplice in cui addensare sguardi,
sfioramenti, sorrisi inaspettati. Una parola che infine si destini
all'annullamento, al silenzio, così proprio come Milani era solito
annullarsi nei poveri, negli ultimi, nei dimenticati, per non
dimenticarli. Una parola ed un silenzio, ancora, per non dimenticare.


*Claudio Di Palma*, attore, regista di prosa e lirica, drammaturgo,
presente in produzioni radio-televisive e cinematografiche, animatore di
un' intensa attività di ricerca e formazione. Di Palma, erede della
grande tradizione partenopea, protagonista di acclamati testi di Ruggero
Cappuccio, Direttore artistico del Festival SportOpera, è uno dei più
creativi maestri sulla linea di confine dove l'arte esplora le proprie
radici e diramazioni vitali .


Venerdi 25 Luglio 2008 ore 21.30


Baluardo S.Paolino -- sotterranei -- Mura urbane Lucca


            BARON SAMEDI'


*Performance di danza teatro *

con *Gilles Coullet*



Da antiche leggende haitiane ci è giunta la storia, semplice, di un
vecchio contadino che, desideroso di rivedere sua moglie morta e ancora
giacere con lei, cerca l'intercessione, per accedere al regno dei
defunti, di una delle figure più intense e controverse della religione
Vudù: Baron Samedì.

Baron Samedì è un loa ( divinità ) infernale di quella religione che tra
il 1600 ed il 1700 si produsse dalla confluenza di un certo
cattolicesimo francese nei riti e nelle credenze delle popolazioni
africane schiavizzate e deportate. Una mistura di magia e religione che
si compose proprio ad Haiti nella celebrazione di un nuovo culto: Il
Vudù appunto.

Baron Samedì è il guardiano del crocevia in cui il regno dei vivi si
separa da quello dei morti; un'ombra nera sulla soglia della morte che
regola i transiti. Una figura spettrale che tra spiritismi e
spiritualità fa lo spiritoso. Una sorta di inquietante clown
pulcinellesco. Buffone, eternamente affamato, dalla voce querula,
nasale, rimanda davvero ( anche per la sua sospensione tra i due regni )
alla maschera di tradizione partenopea; a cui, inoltre, lo avvicina il
continuo desiderio amoroso e la simbologia fallica ad esso connessa.
Sarà proprio questa inappagabile voglia di accoppiarsi sessualmente che
caratterizzerà anche l'epilogo della vecchia leggenda.

Una leggenda che, in scena, è prevalentemente racconto del corpo. Un
corpo continuamente scosso, agito, danzato. Una leggenda che è racconto
di lotte e possessioni, di invocazioni ritmate. I riti, che nella
rielaborazione drammaturgica si celebrano, sono perlopiù reinventati:
contaminano stili, sovrappongono liturgie differenti, coniugano
linguaggi, tra loro lontani, in un musicale gramelot. L'artefice e il
tramite di tutto è un uomo col bastone, nero, mascherato, demoniaco e
burlone: un attore, dunque, un danzatore, ovvero un officiante speciale:
Baron Samedì.



*Gilles Coullet*, mimo, danzatore e coreografo francese, ricercatore di
antropologie profonde, collaboratore di numerosi protagonisti della
scena internazionale, è uno straordinario artista e didatta del corpo,
che nella "plastica" e nella "dinamica" mimica convoglia mondi
ancestrali, energie "selvagge" , impalpabili tessiture poetiche e
vertigini di pensiero.












        Domenica 27 Luglio 2008 ore 21.30



*Baluardo S.Paolino -- sotterranei -- Mura urbane Lucca*


EDIPO


    Evento teatrale



    *Regia e coordinamento* Claudio Di Palma


*assistente alla regia *Adriana Follieri

*istallazioni* Emanuele Perelli, *maschere* Rossella Sensi,

*creazioni in vetro* Maria Cristina Presta, *creazioni in ceramica*
Alessio Sarri

*autori e attori*: Flora La Selva, Cristiana Moncini, Maria Teresa
Paolini, Giuseppe Quilici, Giulio Santori, Alessio Sarri, Rossella Sensi,

Marco Dioli, Erminia Ganassali, Susy Fanucchi, Maria Cristina Presta.

*consulente alla produzione* Giovanna Morelli


      La Cittadella di Kotoba


Kotoba 2008: Sofocle, Edipo. Il mito e una delle più vitali comunità
contemporanee di ricerca e "resistenza" artistica, radicata, da quattro
anni, nei segreti punti di forza della città di Lucca e da qui
ramificata nelle più varie direzioni (antiglobali) di un possibile "
cosmopolitismo vernacolare" . L'originalità di Kotoba - scuola di Arte
Evolutiva - parte dall' /arte più segreta , quella dell'incontro e
dell'accoglienza/, coltivata a monte del progetto dall'ideatore Emanuele
Perelli, psicologo e scultore . Il "cerchio" in espansione di Kotoba ,
disegnato al "teatrino di Vicopelago" , svolge un certosino lavoro
annuale che rimembra i gloriosi sperimenti artistico-comunitari di
Copeau, di Fersen, ed è in grado di produrre , idealmente e
materialmente, tutte le componenti del processo-evento "spettacolare".
Attorno ai maestri di pittura, scultura, mimo, teatro,
ritualità...Kotoba aggrega l'umanità generosa di medici, psichiatri,
restauratori d'arte, vetrai e ceramisti, operatori sociali e del
terziario, insegnanti, liberi professionisti ...I temi, i testi, i miti
al centro del cerchio - Edipo , il sacro e l'esilio - forniscono il
medium dell'incontro e l' occasione del nuovo testo che nascerà
dall'incontro, unitamente ad una mini rassegna di eventi collaterali,
protagonisti alcuni dei maestri e amici di Kotoba.


La silloge sofoclea - Edipo re, Edipo a Colono, Antigone - con il suo
segno artistico di forza e lontananza ancestrale, è stata decostruita ed
elaborata attraverso una serie rigorosamente aperta di rifrazioni
"controllate": deviazioni personali, antropologiche, estetiche,
filosofiche e artistiche che si allontanano dal testo ma al testo sempre
ritornano , da Sofocle a Fellini, Stravinskij, Pasolini, Cappuccio, Adam
Smith, Carmelo Bene, Maradona, Romario, Puskin, La Capria, Mozart e
Salieri, Shakespeare...sino a Sergio Pacelli, primo maestro del
regista-maieuta di Kotoba, Claudio Di Palma. Ciò che si attiva
(costantemente documentato in audio, video, cronaca critica) è un
processo corale di scrittura, intuizione e comunicazione profonda il
quale, in tempi di incomunicabilità virtuale e disincarnata spacciata
per comunicazione, è il primo rigenerante "spettacolo", l'/immediato
esito umano e "politico" /di Kotoba. La cifra creativa del gruppo
attinge ad una /metodologia surrealista/ che tramite la libertà e
apparente casualità delle associazioni asseconda la coerenza e l'
energia profonda dell'intuizione. Improvvisazioni mimiche o creazioni
visuali dettagliano e ricreano fotogrammi della storia, quesiti
ermeneutici inducono elaborate risposte scritte o recitazioni a braccio,
le quali sprigionano a loro volta illuminazioni gestuali , soluzioni
spaziali e scenografiche, in una circolarità assoluta quanto
imprevedibile di rimandi. Seduta dopo seduta si delineano il disegno
fluido e la elaborazione stilistica della neo drammaturgia , progetto in
divenire dalle arti della vita a quelle della parola, della visione, del
teatro e del cinema, previsto per Kotoba 2009. La ricerca è mirata a una
sinergia tra l' "artificio" dello stile e la "verità" dei neo attori -
per un risultato iperartistico quanto iperreale- a differenza di ciò che
accade nel "mestiere" da un lato e nel "dilettantismo" dall'altro.


Il richiamo del mito suscita visioni della terra e del sottosuolo,
memorie comunitarie della preghiera e della veglia, /memorie della
memoria/, memorie vernacolari come canali privilegiati di accesso al
mito. Non a caso lo spazio destinato all'opera , dopo il capannone
industriale animato da Kotoba 2007 , è quest'anno il "sottosuolo"
storico della città . A questo spazio con i suoi volumi, colori, odori,
materie e spettri spetterà di scrivere l'ultima, ma mai definitiva,
parola del copione. Le variazioni sul tema sono selezionate e
convogliate in un impianto drammaturgico /polifonico e narrativo/ come
il mito da sempre richiede ai suoi interpreti. I monologhi-assoli dei
vari "corifei" e la coralità dei pezzi d'assieme contestualizzano il
dialogo in un più ampio ritmo espressivo di forza musicale e
coreografica, proprio del teatro originario quanto di quello
sperimentale. Le carrellate partenopee di Di Palma, nella tradizione dei
grandi Pulcinella, tra Eduardo e Totò, inducono simpateticamente, a loro
volta, una sperimentazione /plurilingue/, che potrà associare alla
lingua "alta" di Sofocle lo slang meneghino di Erminia, il vernacolo
delle sigaraie lucchesi e dei "maggi" garfagnini di Teresa. L'intensità
mitica viene sondata, smembrata e ricomposta, come già accade
all'interno dello stesso mondo sofocleo, anche attraverso le voci che la
negano, le ironie che la esorcizzano, le semplificazioni psicologiche e
sociologiche che vorrebbero interpretare il mito invece di lasciarsene a
loro volta interpretare.


Nei simboli portanti della fenomenologia di gruppo riemerge infine
l'Edipo sofocleo: minerali, pietra, vegetazione, radicamento, per il
vecchio, cieco, martoriato, pietroso, resistente, terminale Edipo a
Colono, diventato sacro lui stesso durante gli anni dell'esilio da se
stesso: /prodigiosa forza dell'incarnazione/, finalmente trasformata in
"grazia" , lungo il labirinto millenario di un' umanità in balia del
dolore e dell' insensatezza...il labirinto dove tutti i miti sono tra
loro comunicanti in quell'unica storia archetipica da ritrovare...e
ognuno segna il limite, a suo modo, di quel recinto sacro alle Eumenidi
dove Edipo andrà a radicare la sua corteccia antica presto resa alla
terra per sprigionare, nella morte, il suo carisma...il confine, dove
Giulio bagna la terra e si bagna , e Susi si stende e ascolta col corpo
le parole della terra, dei morti, le parole nate dalle zone non dette ,
le parole dei colossi smembrati di Emanuele, delle maschere di Rossella
, uomo-animale, uomo-pianta, uomo-demone, uomo-tutto, le parole delle
feste funebri di Cristiana, le parole del mito dove l' atrocità e la
tenerezza nascono l'una dall'altra, le parole atrocemente urlate di
Marco e l'atroce accecamento di Alessio, la tenerezza di Flora che dice
il corpo di Giocasta accarezzato, la tenerezza di quella Maremma urlata
e amata da Cristina dove un brigante di macchia sta sospeso anche lui su
un confine, la tenerezza infinita di quell'Edipo-Orfeo- Giuseppe col suo
coro di reduci in transito tra le due dimensioni, per sconfinare,
sopravvivere, nel rovescio terribile e struggente dove la vita incontra,
forse, la comprensione della vita. Perché, come dice Di Palma, " /la
tutela del desiderio è lo statuto di Kotoba/". Desiderio nella sua
derivazione etimologica, come nostalgia delle costellazioni perdute. La
" commozione per la nostra finitezza" ci indirizza sulla via del
ritorno, la via dell'arte e di ogni "lingua altra" che attraverso le
nostre storie edipicamente accecate ci ricordi che " l'uomo è colui che
porta dentro di sé qualche cosa che lo trascende" ( Antoine de Saint -
Exupéry, /Citadelle/ ) . *Giovanna Morelli*


*info: 3483930900 --3409082065 - 3396811232*