[Lecce-sf] antirazzismo militante

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Il Meeting antirazzista di Cecina
      Una sfida per la società. E per la sinistra 


      Annamaria Rivera



      Una notte, nel villaggio sul mare della Cecinella, sul litorale toscano, un'orchestra salentino-senegalese suona tarantelle. Tutti si muovono freneticamente. Un gruppo di ragazze che indossano hijab variopinti balla alla maghrebina. Tre rom romeni e romani - poco prima erano sul palco a suonare musica gitana - danzano alla loro maniera. Un ragazzo cino-bolognese si fa insegnare i passi da una ragazza serbo-messinese. 
      E' anche questo, il Meeting antirazzista di Cecina, organizzato per la quattordicesima volta dall'Arci e che si conclude oggi dopo una settimana: è spazio "meticcio" di concerti, spettacoli, mostre, incontri, amicizie... E' confronto di esperienze, vissuti, idee. E' anche politica: assemblee, dibattiti, seminari, laboratori... E' connessione di lotte e vertenze, è ideazione di campagne culturali. Da quest'anno ha anche un'università: un'idea, università d'estate antirazzista, tre giorni di lezioni non accademiche che hanno sviscerato gli aspetti molteplici del sistema-razzismo, dalle radici moderne e coloniali alle metamorfosi attuali, dall'antisemitismo all'antiziganismo, dalle basi economiche a quelle epistemologiche, dalle pratiche discriminatorie a quelle linguistiche. Un'università alla quale hanno partecipato attivamente, portando testimonianze e contributi di analisi, giovani di "seconda generazione" (come si dice con formula infelice) di ogni provenienza, studenti, attivisti, operatori sociali, persone di ogni età.
      Il Meeting è, in piccolo, ciò che dovrebbe essere una politica di sinistra: fra le altre cose, "arte di non discriminare", per riprendere il titolo del laboratorio-concorso per opere figurative che è parte del Meeting stesso. Uno spazio pubblico liberato, che riflette i processi sociali e li trascende, che favorisce il confronto fra diversi (se no, fra chi?) e ne trae linfa per immaginare la convivenza possibile fra eguali ed eterogenei. Uno spazio di conoscenza che valorizza vissuti ed esperienze variegate e da questi muove per dare al conflitto una lingua comune. Il Meeting non è la Città dell'Utopia, ma le somiglia un poco. Nella sua cornice di libertà - di idee, di parola, di culture, di costumi - si svolge e si esalta la narrazione positiva della vicenda che ha portato la società italiana - che essa lo accetti o no - a diventare una società pluriculturale. E si fa esercizio di immaginazione di una società possibile, nella quale la nazionalità, l'origine, la cultura, il colore sono solo variabili ovvie, fra le altre, e non stelle gialle o nere per stigmatizzare, inferiorizzare, discriminare, escludere, sfruttare. 
      Quest'anno la Politica, ad eccezione degli amministratori locali, ha disertato il Meeting: lo hanno snobbato non solo i ministri del governo in carica, ma anche quelli del governo-ombra, deputati e senatori di ciò che dovrebbe essere l'opposizione parlamentare. E' comprensibile: non si può venire a Cecina se si condivide la cinica politica della paura e si compete sul mercato del consenso elettorale tramite la retorica sicuritaria. Non si può venire a Cecina se si ha da rinsaldare i rapporti con la "costola della sinistra": sì, proprio con quella del "Maiale day" e della profanazione dei simboli religiosi altrui, delle ronde e della caccia allo straniero, della semantica nazista e della difesa della "razza padana", della schedatura "razziale" e delle leggi segregazioniste. Quanto alla sinistra "radicale" (mai aggettivo fu più inappropriato) è, come si sa, in ben altre faccende affaccendata, isolata sull'Aventino di congressi che minacciano di acuire la frattura con la società e di sottrarre forze preziose all'impegno collettivo: oggi tanto più arduo quanto necessario a salvare la sinistra dalla morte e la società italiana maggioritaria dalla barbarie.
      La società reale ha fatto irruzione nel Meeting e non poteva essere diversamente. Non solo perché una frazione importante di incontri e dibattiti è stata dedicata ai rom, il capro espiatorio del momento, e dunque allo scandalo di una segregazione che si perpetua in forme sempre più acute e di schedature che somigliano a quelle di un tempo infelice della storia europea, come hanno denunciato associazioni e comunità riunite nella nuova "Federazione Rom e Sinti Insieme". Ma anche perché vi si è insinuata nella forma della diceria razzista: alcuni di quelli che contano in città, spinti forse anche da interessi economici ben concreti, hanno propagato la voce che orde di "zingari" sarebbero calate sul Meeting e che dunque era prudente tenersene lontani. Una voce diffusa da locandine allarmistiche «sull'impatto criminogeno» e «i rischi per il turismo», pubblicate da quotidiani come La Nazione , e addirittura tramite un'interpellanza firmata dalla capogruppo dei consiglieri locali del Pdl.
      Non pochi hanno accolto il consiglio: la presenza della cittadinanza locale è stata più scarsa che negli anni precedenti. Peggio per loro: il pregiudizio li ha privati di belle serate all'aperto, di cibo buono, svago e conoscenza, dell'aria mite e profumata dai pini. Peggio per noi: vuol dire che il pregiudizio è tornato ad essere idioma comune, che l'interdetto si è banalizzato ed è ridivenuto normalmente dicibile. Anche da quella che un tempo fu sinistra. Per dire solo l'ultima, basta pensare al voto bipartisan (come dicono lorsignori) che ha fatto passare la norma che prevede - un domani, chissà - la rilevazione generalizzata delle impronte digitali, per poter legittimare - oggi e subito - la schedatura dei rom, sottraendosi alle accuse di razzismo: misero espediente da cialtroni, che avrebbe dovuto essere denunciato come tale e bocciato da chi ha avuto la pretesa di fare un governo-ombra.
      Oggi che sembra realizzarsi, complici i mass media, la saldatura temibile fra il razzismo istituzionale e il razzismo "popolare" (quello che si è manifestato con i pogrom di Ponticelli), la politica sembra non essere all'altezza dei pericoli che vanno materializzandosi: neppure sa leggerne la portata. E' per questo che l'Arci, a chiusura del Meeting, lancia un appello «a tutte le forze sociali, politiche e soprattutto al mondo della cultura», per contrastare insieme discriminazione e razzismo, aprendo «un dialogo diretto con l'opinione pubblica, non mediato dalla politica, che oggi non ci sembra all'altezza della sfida culturale di cui vogliamo farci carico».



      20/07/2008