Auteur: FAI Torino Date: À: cerchio Sujet: [Cerchio] Torino: contestato l'assessore IldaCurti
Torino: contestato l'assessore Ilda Curti
Paure metropolitane. Questo il titolo di un incontro/dibattito organizzato nell'ambito del Festival ARCIpelago, coorganizzato da ARCI e Circoscrizione 2 in piazza D'Armi. È il 17 luglio e sono passati solo due giorni dallo sgombero a mano armata delle famiglie rumene che avevano occupato una casa abbandonata in via Pisa 5.
A parlare di paura c'era una sfilza di politici e professori universitari, tra cui l'assessore Curti. Curti è ben nota a Torino perché ha la delega all'integrazione degli stranieri. In questa veste chiese di sgomberare l'Asilo Squat per far posto ad un'associazione di rumeni amici suoi.
Le famiglie che hanno occupato in via Pisa lei le conosce bene: sono alcune delle tante che vivono come bestie in baracche schifose lungo i fiumi della nostra città. Sono tra le tante che lei e i suoi colleghi hanno blandito con promesse di case popolari che non sono mai arrivate.
Il dibattito non partirà mai, perché viene contestato da un gruppo di compagni solidali con gli occupanti di via Pisa, che aprono uno striscione con la scritta "case per tutti" e cominciano a raccontare ai presenti della paura, quella vera, quella che stringe le vite di chi ogni giorno deve lottare per quello successivo.
Curti non tollera la contestazione e, mentre i suoi colleghi di tavolo se la svignano senza farsi notare, da in escandescenze, inveisce e addirittura comincia a mulinare le mani, cercando di aggredire i compagni che reggevano lo striscione.
Come nella migliore tradizione del vecchio PCI, si schiera il servizio d'ordine che si interpone tra lo striscione e Curti.
Volano insulti e minacce ma i compagni non cadono nella provocazione. Curti, rivolgendosi ad un compagno lo apostrofa dicendo "ma tu non eri in galera"?".
I presenti, incuriositi, assistono e ascoltano i racconti dei compagni.
Curti alla fine se ne va ed il dibattito viene annullato.
Lasciamo l'area dibattiti e con striscione, megafono e volantini e ci dirigiamo nell'affollata zona "piadine romagnole" e poi nel piazzale dove si balla il liscio d'ordinanza.
Qua è là si forma un capannello di persone che ascoltano: qualcuno inveisce con insulti razzisti, ma, alla fine, un gruppetto applaude.
I politici che governano Torino paiono sull'orlo di una crisi di nervi: le loro reazioni sono sempre più sguaiate e scomposte. Vorrebbero sottrarsi alle loro responsabilità, vorrebbero che le numerose decine di famiglie che vivono in baracche senza luce, acqua, riscaldamento se ne restassero buone, buone lungo i fiumi, senza alzare la testa, senza pretendere di abbandonare i margini della città, là dove nessuno li vede. Un problema nascosto non è un problema. Chiamparino martedì ha detto "io non c'entro": una frase simile a quella gridata da Ilda Curti "e io che c'entro?".
Già il potere politico non c'entra, non c'entra mai.
La festa dell'Arci si svolgeva in un'area nella quale si sono spesi miliardi per le Olimpiadi, miliardi per i "giochi", ma il Comune di Torino non trova una manciata di quattrini per consentire ai baraccati di via Germagnano di uscire la fogna in cui sono forzati a vivere.
Nel pomeriggio, una della bambine di via Pisa, mentre si preparava a tornare in baracca, ha detto "almeno ho vissuto in una casa vera per 10 giorni".
Ilda Curti e la ghenga di politici che governano la città nel nome dei soldi e dei potenti sappiano che i baraccati di via Germagnano, che hanno alzato la testa e ripreso un pezzo di vita, sono per tutti un esempio. Hanno varcato una soglia e mostrato a tutti la via.
La lotta continua. Ogni giorno.
Prossimo appuntamento:
Lunedì 21 luglio ore 17,30 presidio contro gli sgomberi davanti al Comune
Di seguito il volantino distribuito ieri sera:
La politica del Comune per i senza casa: sgomberi, minacce, denunce
Casa per tutti
Il 6 luglio, in via Pisa 5, è stata occupata una casa, una casa abbandonata di proprietà dell'Enel.
Gli occupanti hanno raccontato in un volantino la loro storia: "Ci siamo stancati di questa miseria. Siamo un piccolo gruppo di famiglie rumene, famiglie di lavoratori, con tanti bambini che vanno a scuola.
Fino a ieri abbiamo vissuto in condizioni durissime. Abitavamo nelle baracche di via Germagnano: un campo sovraffollato e sporco, senza acqua né elettricità, con i bambini sempre in pericolo in mezzo ai topi e ai serpenti.
Quando c'è stata l'alluvione, solo un mese fa, al campo l'acqua era dappertutto e sono dovuti arrivare i Vigili del Fuoco per toglierla. Ma tolta l'acqua è rimasto il fango dentro alle nostre case e tanti dei nostri figli si sono ammalati.
Ora ci siamo stancati di questa miseria. Da ora in poi vogliamo vivere una vita normale, come tutti voi. È per questo che abbiamo occupato questa casa: sappiamo che è illegale, ma sappiamo anche che è una cosa giusta.
Questa casa è stata abbandonata e vuota per tanto tempo, ma noi la faremo rivivere e la trasformeremo in un posto bello per viverci, per noi e per i nostri bambini."
Ma le istituzioni, Comune in testa, non potevano certo tollerare un'occupazione, perché via Pisa stava dando coraggio ai tanti che vivono come bestie lungo i fiumi, dove nessuno li vede, come polvere celata sotto il tappeto.
L'Enel non poteva certo rischiare che l'esempio diventasse contagioso: altri avrebbero potuto riprendersi parte di quello che ogni giorno questa società ingiusta sottrae.
Sono arrivati all'alba del 15 luglio. Decine di mezzi di polizia e carabinieri in assetto antisommossa. Hanno scardinato la porta e sono entrati in armi nelle stanze dove dormiva la gente. I bambini hanno cominciato a gridare spaventati, una signora più anziana si è sentita male. Una scena di quelle che abbiamo visto nei film, che abbiamo sentito raccontare dai nostri vecchi, una scena da città occupata dai nazisti, con la gente braccata nelle case. Gli occupanti sono stati caricati su un pullman già pronto e portati nella fogna via Germagnano.
Sgomberati dalla polizia perché occupare è illegale, sono stati deportati con un pullman del comune in un campo abusivo. I giornali, il giorno dopo, hanno osato scrivere, mentendo spudoratamente, che la casa di via Pisa non era sicura. Così - per maggior sicurezza - il comune ha decretato che tornassero in baracche senza acqua né elettricità, in mezzo al fango e ai topi.
Fabio, uno dei compagni subito accorsi in via Pisa, è stato pestato e arrestato per resistenza e lesioni: aveva provato a chiedere di entrare nella casa sgomberata per prendere le poche cose degli immigrati.
Il giorno dopo il compagno è stato liberato in attesa di processo. Al giudice che gli chiedeva dei fatti Fabio ha negato di aver assalito da solo tre energumeni della Digos e ha ribadito con fermezza la propria indignazione di fronte ai poliziotti che ridevano per aver gettato in strada quattro famiglie. Gli occupanti di via Pisa hanno assistito all'udienza, dimostrando che la solidarietà è contagiosa.
Al presidio davanti al Comune fatto dopo lo sgombero di fronte ai bambini che reggevano lo striscione "Case per tutti. Fabio Libero", Chiamparino, "pescato", mentre andava al bar, ha detto "io non c'entro". Un funzionario del suo gabinetto, durante un incontro successivo e meno informale, ha promesso una casa per il giorno dopo. Ma mercoledì mattina i funzionari dell'ufficio immigrazione di Corso Novara si sono limitati a intimidire gli immigrati annunciando denunce e arresti se ci fossero state nuove occupazioni. L'unica "proposta" avanzata: prendersi i bambini ed ospitarli in una casa per minori. Più che una proposta una ben evidente minaccia.