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LA SENTENZA
I risarcimenti dopo un altro processo. E gli agenti non saranno sospesi
Anche le pene accessorie andranno in prescrizione. Gli Interni e la Giustizia dovranno pagare 4 milioni. Ma non a tutti
A. F.
GENOVA
Già dai primi passi della lettura della sentenza per il processo Bolzaneto si è capito che finiva male. Se Alessandro Perugini, massimo in grado per la polizia, e Anna Poggi, sua vice (condannati a 2 anni e 4 mesi), l'ispettore della penitenziaria Anton Biagio Gugliotta (5 anni motivati dal riconoscimento dell'abuso d'ufficio) e altri non erano riconosciuti responsabili della mancata somministrazione di cibo, bevande e pasti, era chiaro che cadeva uno dei presupposti della tortura. Nella lunga requisitoria i pm Paola Petruziello e Vittorio Ranieri Miniati, spiegando che da noi il reato di tortura non esiste e che comunque forse non poteva neppure essere applicato a Bolzaneto per il tempo limitato della permanenza dei singoli nella struttura, tuttavia sottolineavano come tra i «requisiti» del torturatore ci sia proprio la privazione dei mezzi di sussistenza, insieme alla costrizione in posizioni scomode, alle ingiurie e alle percosse. Era solo un indizio che preparava al peggio.
Infatti dopo la lettura delle condanne di 15 dei 45 imputati tra poliziotti, carabinieri, penitenziaria, medici e infermieri, per un totale di 24 anni quando i pm avevano chiesti 76 anni, 4 mesi e 20 giorni per 44 di loro, s'è capito che andava peggio. E c'era già la visibile assenza di un generale della polizia penitenziaria, Oronzo Doria, allora colonnello, assolto. Anche quella frase letta a raffica dal presidente Renato Delucchi, «applica a tutti i suddetti imputati la pena accessoria dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici per la durata di legge» che configurava almeno una sospensione dagli incarichi di qualche dirigente o qualche medico, è facile finisca nel vuoto: «La prescrizione vale anche per le pene accessorie, quindi anche l'interdizione dai pubblici uffici si prescrive a gennaio del 2009», spiega uno dei legali, Riccardo Passeggi.
Insomma del processo Bolzaneto resta la massa dei risarcimenti alle 209 vittime che si sono costituite parte civili al processo: 4 milioni di euro tra ministero degli Interni e della Giustizia, spese legali e riconoscimento dei danni subiti. Con alcuni distinguo però, perché alcuni avranno una certa cifra subito, mentre altri dovranno ricorrere in sede civile. Cioè accollarsi un altro processo. Il Tribunale infatti «assegna a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva a favore delle parti civili» un milione e mezzo circa di euro: 15 mila euro a cinque parti civili, quasi tutti stranieri tra i quali Anna Julia Kutschkau, presa a calci e manganellate nei denti alla Diaz e derisa con allusioni a sfondo sessuale dal medico Giacomo Toccafondi. 2.500 euro vanno a tre persone, tra cui la presidente del Comitato Verità e giustizia Enrica Bartesaghi che, oltre a scrivere un libro sulle 48 ore passate senza sapere dove fosse finita sua figlia allora studente dell'accademia di Brera, si è anche mobilitata per i processi. E 10 mila euro vanno a un centinaio di parti civili. Chi paga? «In teoria tutti dovrebbero pagare pro quota - spiega l'avvocato Giuseppe Gallo che difende una poliziotta della penitenziaria, Barbara Amadei, condannata a 9 mesi di reclusione - ma se paga invece il ministero per tutti, non è escluso che possa rivalersi poi sui singoli. Sembra una forma di class action all'italiana nei confronti di un ente pubblico». Poi ci sono i risarcimenti, a carico del ministero degli Interni per i poliziotti, mentre per Gugliotta risponde la Giustizia. Ma attenzione: «Riserva la liquidazione dei suddetti danni a separati giudizi». Che vuol dire che senza un ricorso civile nessuno si becca niente. Non sarà facile spiegarlo alle decine di assistiti che non parlano italiano e hanno aspettato 7 anni per vedere pochissima giustizia e qualche mancia.