[NuovoLab] Repubblica Genova G8 lo schiaffo di Bolzaneto

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Szerző: Carloge
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Tárgy: [NuovoLab] Repubblica Genova G8 lo schiaffo di Bolzaneto

Repubblica Genova

Ieri sera alle 21.50, dopo quasi 12 ore di camera di consiglio, il presidente ha letto il dispositivo che ridimensiona le accuse
G8, lo schiaffo di Bolzaneto
Il sindaco: "Ma quelle 15 condanne dicono che Genova ha fatto giustizia"

Quel carcere tenuto nascosto che inghiottì i manifestanti
Per ventiquattr´ore colloqui vietati con i legali
Per i fermati erano previste detenzioni brevissime, alcuni rimasero nella caserma per più di un giorno
MASSIMO CALANDRI
CARCERE «provvisorio» o matricola «volante»: la sede del VI Reparto Mobile, a Bolzaneto, avrebbe dovuto ospitare non più di centocinquanta tra arrestati e fermati. Per un paio d´ore al massimo. In realtà i prigionieri furono quasi il doppio. Ed alcuni di loro rimasero là dentro per 35 ore filate, privati dei più elementari diritti. Il 5 luglio 2001, il questore Francesco Colucci - che sei anni più tardi verrà accusato di aver testimoniato il falso durante il processo Diaz, su istigazione dell´allora capo della polizia Gianni De Gennaro - firmò il provvedimento con cui veniva messa a disposizione dell´Amministrazione penitenziaria la caserma "Nino Bixio". La nota numero 2977 fu tenuta debitamente riservata, gli avvocati del Genoa Legal Forum scoprirono la verità solo all´ultimo. Perché Bolzaneto? Perché erano state bocciate in partenza le due prigioni genovesi - Marassi, Pontedecimo - , sovraffollate e possibile obiettivo dei contestatori. Dunque, i detenuti sarebbero stati accompagnati lontano dal capoluogo ligure: nelle galere di Voghera, Alessandria, Pavia e Vercelli. Era però indispensabile individuare dei carceri "provvisori", dove identificarli ed immatricolarli prima di trasferirli - il più in fretta possibile - lontano dal capoluogo ligure. E dunque: Bolzaneto e Forte San Giuliano, sede del Comando provinciale dell´Arma. Nella prima struttura dovevano essere indirizzate le perone prese da poliziotti e finanzieri, nella seconda quelle catturate dai carabinieri. I manifestanti fermati od arrestati durante il vertice genovese avrebbero dovuto essere trecento-trecentocinquanta. La previsione, forte delle precedenti esperienze maturate a livello internazionale, è stata una delle poche cose azzeccate da chi ha organizzato l´ordine pubblico in quei giorni. Peccato che la maggior parte dei fermi e degli arresti di allora sia poi risultata illegale, come dimostrato negli anni successivi dalle indagini della magistratura. Filmati e fotografie scattate durante i disordini hanno sbugiardato prove false, verbali fasulli, testimonianze col trucco. Ma questa è un´altra storia. Quello che conta - ora - è ricordare che dopo l´omicidio di Carlo Giuliani, venerdì pomeriggio, i carabinieri per ragioni di opportunità non si occuparono più di ordine pubblico fuori dalla Zona Rossa. E allora niente prigionieri a San Giuliano, tutti a Bolzaneto: il doppio di quanto previsto, appunto.
Su suggerimento delle forze dell´ordine, il procuratore Francesco Meloni decise di "differire" di 24 ore dal fermo i colloqui con gli avvocati. Perché tutto fosse più rapido, indolore. Il mistero sul carcere provvisorio e il differimento dei colloqui impedirà ai legali di incontrare i tempi civili, democratici - "normali" - , i prigionieri. Passeranno intere giornate, prima che si abbiano notizie di centinaia di persone portate via dalle forze dell´ordine e di fatto scomparse. Sparite. Sequestrate.
Nessuno sa esattamente quante persone siano passate per il "carcere provvisorio" del G8. La zona era talmente "franca", l´illegalità così diffusa che non si conosce il numero dei manifestanti arrestati o fermati per l´identificazione. I magistrati ipotizzano 252. Ma è appunto un´ipotesi, perché nessuno a Bolzaneto ha mai pensato di tenere un registro delle persone che entravano ed uscivano.

Ore 21,50 sentenza choc "Niente torture a Bolzaneto"
Solo quindici condanne: "Un verdetto a metà"
Lo schiaffo di Bolzaneto
Il pm Ranieri Miniati "È stato riconosciuto che in quella caserma è accaduto qualcosa di grave"
MASSIMO CALANDRI
MARCO PREVE
I pochi reduci presenti in aula scuotono la testa o si abbracciano tra loro. Non bastano i due milioni di euro che dovranno essere versati alle parti civili, a cancellare lo sconforto che li assale dopo al lettura della sentenza. Per il carcere speciale di Bolzaneto, per le violenze e gli abusi subiti da centinaia di detenuti del luglio 2001, il processo si chiude con al condanna di 15 imputati e l´assoluzione di altri 30. I reati riconosciuti dai giudici confermano l´abuso di autorità ma vengono meno i motivi abbietti, la crudeltà, e altri comportamenti vessatori che insieme servivano a disegnare un profilo di ipotetica "tortura" reato non presente nell´ordinamento italiano e che probabilmente è destinato a starne ancora lontano.
Ieri sera alle 21.50 c´erano anche altri abbracci nell´aula magna di palazzo di giustizia. Erano gli avvocati di alcuni dei poliziotti, dei medici, o delle guardie penitenziari assolti.
Tra i pochi imputati presenti in aula anche l´ispettore Aldo Tarascio, una lunga militanza nel sindacato Cgil che è stato assolto assieme al collega della questura di Genova Franco Valerio per non aver commesso il fatto.
Tra i condannati, alcuni dei principali imputati.
Alessandro Perugini che all´epoca era il vice dirigente della Digos è stato condannato ad una pena di due anni e quattro mesi. Stessa pena Anna Poggi, una funzionaria che era la sua più stretta collaboratrice all´interno di Bolzaneto.
Per l´ispettore della penitenziaria Biagio Gugliotta la pena più pesante: 5 anni di reclusione. Pesante la pena inflitta anche ad un agente genovese, Massimo Pigozzi, 3 anni e due mesi, per aver letteralmente lacerato la mano ad un fermato divaricandogli le dita.
Tra le posizioni più difficili quella di Giacomo Toccafondi, il medico del Dipartimento penitenziario accusato da più testimoni e imputato per numerosi episodi. Per lui i pm avevano chiesto oltre tre anni, ed è stato invece condannato ad un anno e due mesi. Un altro medico, Aldo Amenta, ha avuto una pena di dieci mesi. Le altre condanne: Daniela Maida, un anno e sei mesi; Matilde Arecco, Natale Parisi, Mario Turco e Paolo Ubaldi, un anno di reclusione ciascuno; Antonello Gaetano, un anno e tre mesi; Barbara Amadei, nove mesi; Alfredo Incoronato, un anno; Giuliano Patrizi, cinque mesi. Assolti tutti i carabinieri, altri agenti della penitenziaria e poi anche i generale della stessa amministrazione Oronzo Doria, per il quale erano stati chiesti tre anni e sei mesi.
«Nella sostanza l´accusa di abuso d´autorità è stato riconosciuta. Inoltre è stata riconosciuta la responsabilità di diversi imputati». Questo il commento a caldo del pm Vittorio Ranieri Miniati. «E´ stato riconosciuto - ha proseguito Miniati, che ha sostenuto l´accusa insieme a Patrizia Petruzziello - che qualcosa di grave nella caserma di Bolzaneto è successo. Il tribunale ha ritenuto di assolvere diversi imputati. Leggeremo la sentenza e valuteremo se fare appello. Complessivamente è un giudizio di soddisfazione a conclusione del processo e dopo un´istruttoria che ci ha impegnato per anni».
Laura Tartarini, avvocato e una delle anime del Genoa Legal Forum: «E´ una sentenza che contiene un evidente messaggio politico. Mettere la gente al muro e obbligarla a dire e urlare viva il Duce o viva Pinochet non è abbietto o futile. Ed è strano, perché questo stesso tribunale ha parlato di futilità giudicando le zuffe degli ultrà del calcio. Ma, evidentemente, i parametri probatori per i poliziotti sono diversi e molto "più alti" di quelli dei normali cittadini».
Sandro Vaccaro difensore del medico Toccafondi: «A Bolzaneto ci sono stati dei reati, è vero, ma erano fatti specifici, non ci sono state sevizie o abusi di ufficio. In altre parole Bolzaneto non era una lager».

Decine di persone hanno atteso per ora il verdetto a Palazzo di Giustizia. E, alla fine, vince l´indignazione
La rabbia dei no global: "Una vergogna"
Ricordi nitidi come se tutto fosse successo ieri: "Ho camminato sul sangue della Diaz, che era la mia scuola"
CATERINA COSSU
ERICA MANNA
c´è chi è talmente spiazzato da non riuscire a dire una parola, se non «vergogna». Chi propone di posare una lapide di fronte al Palazzo di giustizia, perché «è scandaloso che non siano stati riconosciuti i motivi futili e abietti». Qualcuno è rimasto fuori seduto sui gradini, tanti hanno ascoltato il verdetto in piedi, appoggiati alla ringhiera verde in fondo all´aula bunker che delimita l´area riservata agli spettatori. Spettatori, certo, ma qui, tra la gente venuta ad ascoltare la sentenza sui fatti di Bolzaneto, sono pochi quelli che, in quei giorni, non c´erano. Sette anni ma è come se fosse ieri, negli occhi lucidi di chi in piazza Alimonda ci va il 20 di ogni mese come in pellegrinaggio, nelle magliette con la scritta "Genova 2001 niente da archiviare". Perché «sette anni sono un decimo della vita di una persona», dice Teresa Rossi, una pacata signora sulla sessantina, e «non ha senso dire frasi come "tanto ormai...", perché si può ripetere».
C´è rabbia e sconcerto fuori dal tribunale. La gente forma dei capannelli, qualcuno piange, si discute ad alta voce. Vittorio Agnoletto, all´epoca portavoce del Genoa social forum, è tra i pochi a mitigare le polemiche: «Per la prima volta il tribunale ha riconosciuto che quello che hanno detto le vittime è vero ma, nonostante abbia riscontrato un meccanismo di omertà e coperture reciproche, non ha punito i singoli responsabili».
C´era voglia di ricordare quei giorni, nelle cinque ore di attesa per la lettura del verdetto: da «un elicottero che ha lanciato un lacrimogeno a dieci metri da me», a chi ha camminato sul sangue della Diaz «che era la mia scuola» o chi sente ancora «gli spari dai tetti di via Tolemaide e l´aria irrespirabile dei fumogeni». La testimonianza di Angela e Maria Rita, che abitano alla Foce e via Cesare Battisti: «Noi le cose le abbiamo viste, abitiamo là. Abbiamo visto il terrore nei volti della gente e l´abbiamo vista scappare dal corteo - raccontano sedute l´una di fianco all´altra - Ancora oggi quando sento un elicottero passare mi viene la pelle d´oca».
Adesso, alle dieci di sera passate, fuori dal Tribunale, nessuno ha più voglia di parlare. «Già le richieste dei pm erano modeste - sbuffa un ragazzo - ma qui in quest´aula hanno perso di vista i fatti». Gabriella, una signora bionda sulla cinquantina, è attonita: «So di avere le parole - dice con la voce rotta - ma ora non mi vengono». I più giovani sono quelli meno loquaci: «Andiamo a dormire».

Il sindaco commenta a caldo il verdetto e invita a superare quegli eventi, senza dimenticarli
Vincenzi: "La ferita non è chiusa ma adesso si può voltare pagina"
"Riceverò a Tursi le vittime delle violenze, l´incontro avrà un valore simbolico altissimo"
"Un monito per non dimenticare che violenze del genere possono accadere anche a Genova"
DONATELLA ALFONSO
«NO, non penso che la ferita della città sarà rimarginata del tutto, dopo questa sentenza. Ma ora ci sono le condizioni perché si possa voltare pagina e scrivere una nuova storia. La ferita non si chiude, ma bisogna superare quegli eventi, tenendoli a mente come monito: che violenze del genere possono accadere anche nella nostra democratica Genova e nel nostro democratico paese». Così Marta Vincenzi, sindaco di Genova, commenta a caldo la sentenza su Bolzaneto, non appena appreso che le condanne sono 15, che altri trenta imputati sono stati assolti e nessuno farà un giorno di carcere. Lei, sette anni fa, era presidente della Provincia, convinta nel promuovere le iniziative di dialogo intorno al G8, sgomenta nel vedere la devastazione della città e dei diritti e decisa nel difenderli, insieme al sindaco Beppe Perìcu.
Sindaco Vincenzi, è arrivata una condanna mite, nonostante richieste molto dure...
«Non credo che serva un commento della politica alle sentenze dei giudici. Ma è già importante che si sia arrivati alla fine di un processo; perché in Italia tante occasioni del genere si sono mancate, ricordiamolo».
Questa sentenza non rischia di lasciare aperta la ferita?
«Ora bisogna vedere di cambiare, di voltare pagina: è necessario. Non per dimenticare, sia chiaro, ma per considerare che quello che è accaduto in quei giorni può accadere, che cose di questo genere possono accadere anche nella nostra democratica città, nelle nostre istituzioni. Un monito per il futuro».
Però è innegabile che le condanne contro i manifestanti accusati di atti violenti sono state molto più pesante di quelle inflitte agli uomini delle forze dell´ordine. Lei riceverà nei prossimi giorni a palazzo Tursi proprio le persone che sono state vittime delle violenze e si sono costituite parte civile: cosa dirà loro?
«E´ la prima volta che queste persone vengono ricevute in Comune, e il valore simbolico è alto: siamo al loro fianco, riconosciamo la violenza che hanno subito. Sono persone che, precisiamolo, non sono state accusate di nulla, perché siamo stati molto attenti a non contrapporre manifestanti e poliziotti. Ma persone che hanno subito un trauma di cui alcuni ancora non si rendono conto. Riceverli in Comune, anche simbolicamente, vuole essere il segnale che la città è un´altra cosa rispetto a quella che è stata teatro del loro incubo, non è solo il luogo dove sono stati colpiti e che chi doveva prendersi cura di loro si è invece comportato in ben altro modo».
Una di queste persone, il giornalista inglese Mark Covell, le ha scritto per chiedere che la scuola Diaz sia aperta il 21 luglio, per potervi tornare e chiudere così quell´esperienza drammatica con una visita "pacificatrice". Cosa farà?
«Ne abbiamo già discusso con l´assessore Veardo; giustamente queste persone non sanno che le scuole hanno la loro autonomia, che sono i dirigenti scolastici a decidere. Ne parleremo con loro, valuteremo cos´è meglio fare. In ogni caso sono numerosi i momenti organizzati, da noi come Comune e anche da altri soggetti, per riflettere su quanto è avvenuto in quei giorni, in luoghi diversi».
Sindaco, il reato di tortura non è stato riconosciuto. Nonostante le denunce circostanziate, sono stati presi in considerazione solo i singoli atti...
«Niente tortura? Non so che dire... «.
Non solo chi ha vissuto le esperienze tremende della Diaz e di Bolzaneto, ma tutta Genova vive da sette anni nell´attesa che si chiuda questa pagina nera. Questa sentenza non rischia di lasciare ancora aperta la ferita?
«Io credo che la ferita non sarà rimarginata del tutto, è vero, ma ora ci sono le condizioni perché si possa scrivere una nuova, diversa pagina: perché, ripeto, si è riusciti a giungere in fondo ad un processo. Anche se la ferita non si chiude, bisogna superare quella notte, quegli abusi; ricordando però sempre ciò che è accaduto, lavorando tutti perché non accada più».

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Carlo

Forum Per La Sinistra Europea - Genova

http://versose.altervista.org/

Coordinamento Genovese contro l'Alta Velocità

http://notavgenova.altervista.org/


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