[NuovoLab] liberazione 2/2 08_07_04

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Genova, iniziata la requisitoria della pubblica accusa nei confronti di 29 agenti per la notte cilena

      Diaz, polizia omertosa e arresti illeciti 



Checchino Antonimi
Genova (nostro inviato)
«Difficile processare dei poliziotti» - ha premesso ieri il pm Enrico Zucca, avviando la requisitoria per la notte cilena della Diaz - più o meno come processare stupratori o mafiosi. Pure per i casi di violenza sessuale, infatti, serve «un elevato standard probatorio» e, spesso, viene «amplificato il discredito» per la vittima. Inoltre, come per i procedimenti a carico della criminalità organizzata, anche nel caso di agenti alla sbarra scatterebbero gli stessi meccanismi di «omertà e coperture che rendono difficili i riscontri». L'«aura di intangibilità del poliziotto - secondo Zucca - sembra maggiore» quando chi denuncia un torto è «considerato un nemico dello Stato: allora la tentazione di violare di violare le leggi è molto alta». La premessa tecnica della pubblica accusa alla requisitoria nei confronti di 29 funzionari di ps - accusati a vario titolo di lesioni e abusi contro 93 manifestanti arrestati illegittimamente tra il 21 e il 22 luglio 2001 - serve a smorzare le «argomentazioni consequenzialiste» delle difese che puntano a delegittimare l'idea stessa di chiedere conto alla polizia e sperano nell'emendamento ammazzaprocessi. In effetti «quel decreto pare tagliato non solo sulle taglie piccole del premier - fa notare Riccardo Passeggi, uno dei legali di parte civile - ma anche sulle ben più larghe spalle degli uomini di De Gennaro». Ma forse Zucca un asso nella manica ce l'ha. Così com'è ora il testo esclude il reato di porto d'armi di guerra, le molotov, per cui sono alcuni dei 29 sono imputati. L'udienza numero 146 ha segnato così l'inizio della requisitoria che si dilaterà per altri tre appuntamenti, fino al 10, nell'aula bunker genovese. Nello spazio riservato al pubblico, Haidi e Giuliano Giuliani.
Decreto permettendo, sarà pronunciata il 21 anche la sentenza per le torture nel carcere di Bolzaneto. Oggi si entrerà nel vivo delle conclusioni dell'accusa mentre ieri è stato definito il contesto in cui operò la «concreta attività di comando nell'ambito della quale sono maturate le condotte dei subordinati». Perché sotto processo ci sono solo alcuni dei capi che coordinarono le irruzioni nelle scuole di Via Battisti. Per il pm, indagini e dibattimento hanno dimostrato che i 93 arresti, 46 dei quali contro persone gravemente ferite, furono «un atto illecito, artatamente costruito, verso cui convergono tutti i reati contestati». Insomma, la versione ufficiale di un blitz scaturito da una tentata aggressione a una pattuglia che transitava sotto la Diaz non regge. «Colpisce la sproporzione tra una modesta scaramuccia e un'operazione così complessa». Le stesse presunte vittime dell'aggressione non avrebbero saputo ricostruire l'episodio smentendo esse stesse la relazione di servizio che parlava di un nutrito gruppo di nerovestiti e di un fitto lancio di oggetti. La polizia che indagherà non saprà risalire alla composizione della pattuglia. Alla fine spunterà una bottiglietta di birra.
Qualcuno la tirò davvero, senza fare danni, su una delle auto del pattuglione salvando gli agenti da un'ulteriore incriminazione per falso. Per il pm resta un «episodio dai contorni incerti forse enfatizzato». Più utile la testimonianza del prefetto Andreassi, vicario di De Gennaro a Genova che emanò la direttiva del suo capo di fare "pattuglioni" misti - celerini, digos, anticrimine, in divisa o in borghese - con lo scopo di compensare con un numero di arresti spettacolare, l'inerzia dei giorni precedenti rispetto al blocco nero. Gli imputati e la questura sveleranno sempre «imbarazzi e reticenze nell'ammettere i pattuglioni», sostenendo che il blitz serviva ad acchiappare i nerovestiti che avevano assediato le volanti e un blindato e che, secondo il capo della digos locale, erano nella scuola a bere birra. «Dunque, avevamo ragione, l'attacco era ingiustificato - sbotta Vittorio Agnoletto, oggi europarlamentare Prc, allora portavoce del Gsf - governo e parlamento dovrebbbero chiederne conto ai vertici della polizia». Ma Berlusconi, alle prese con un ennesimo G8, farà di tutto per seppellire la vicenda assieme alle sue grane giudiziarie. Non sembra il tipo che si impressiona per il volto ancora sconvolto di Covell che sembra più vecchio dei suoi 40 anni e gli manda a dire che «la verità non è un complotto della sinistra». Nemmeno dovrebbe impressionarsi per la voce pacata del pm che ha ricostruito ieri il «trattamento inumano» degli arrestati già prima di entrare alla Diaz: persone con le facce a terra, mani schiacciate dagli anfibi, ammanettate in ginocchi, insultate. Il caso di Mark Covell, mediattivista inglese cui furono spaccate costole, denti, una mano, «non avrà mai giustificazioni». Robe degne dell'Alta corte europea. Un difensore sbraita ma Zucca è sicuro: «Quella sera in quelle vie non vigeva il codice di procedura penale».