[Forumlucca] comme si' bello a cavallo a stu cammello

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A proposito del congresso di Rifondazione
di Salvatore Cannavò

Non saremmo entrati nel congresso del Prc se non avessimo osservato
che rischia di finire in Tribunale. Come non restare basiti rispetto
alla deriva di un partito la cui storia abbiamo considerato chiusa con
l'andata al governo e dal quale siamo usciti alcuni mesi fa ma del
quale non prevedevamo un epilogo così sconfortante.
A sentirci chiamare in causa, in particolare, è stata la diatriba
rispetto ai congressi camuffati, alle accuse di gonfiare gli iscritti,
di alterare il risultato finale. Che scoperta! Al congresso di
Venezia, l'ultimo al quale abbiamo partecipato, il congresso che ha
dato il via libera a una politica sciagurata, era stato Gigi
Malabarba, allora capogruppo al Senato, a intervenire dalla tribuna
parlando di quello strano animale che aveva popolato, alterandolo,
quel congresso: "il cammello". Dalla sala erano arrivati solo fischi -
oltre agli applausi convinti delle minoranze - e sberleffi e il povero
Malabarba si era dovuto sorbire una violentissima replica dell'allora
segretario che si era sentito offeso per l'accusa. Bene, oggi il
cammello è tornato di attualità solo che coloro che ne beneficiarono
in quel congresso si accorgono oggi della sua pericolosità. Pensate
cosa sarebbe accaduto se, in virtù di una partecipazione regolare ai
congressi da parte degli iscritti, a Venezia la maggioranza non avesse
raggiunto il 50% o l'avesse superato di un soffio, quale altra
politica racconteremmo oggi. E invece assistiamo al disastro della
sconfitta elettorale e alla miseria che la commenta.
Ma, in fondo, di che si discute in questo congresso del Prc? Di poco,
ci pare. Non delle ragioni della sconfitta, non di un bilancio
autocritico serio, che rimetta in discussione un gruppo dirigente
complessivamente responsabile della catastrofe; non della egemonia
culturale che la destra ha guadagnato grazie anche al "concorso
morale" di una sinistra, compresa quella estrema, che si è baloccata
nell'illusione di poter governare gli spiriti animali del capitalismo.
Da fuori, ci pare che si discuta esclusivamente di chi conserverà la
titolarità di quel partito, conservandone simbolo, cassa e...immobili.
Un po' poco per ricostruire la sinistra.
Il punto è che se non si fa un'analisi seria sulla ragione di fondo
della sconfitta, la perdita di relazioni sociali, l'istituzionalismo e
il carrierismo imperanti, la perdita di legami di massa, non si va
lontano. E non si va lontano se non si fa un lavoro ancora più
importante.
Il mondo attuale si caratterizza per due elementi complementari: il
massimo di distruttività del capitalismo e la possibilità effettiva di
uno sprofondamento nei meandri oscuri della barbarie; allo stesso
tempo, la perdita di credibilità di un discorso anticapitalista. Ma
questa credibilità è stata persa in gran parte per gli errori e le
presunzioni dei gruppi dirigenti della sinistra, quelli del Pd e
quelli della Sinistra "radicale". Così che un discorso alternativo ha
oggi bisogno di tempo, di prove sul campo ma anche di una generazione
politica nuova. Non solo un generazione giovane ma anche un insieme di
uomini e donne privi di responsabilità pesanti, capaci di esprimere
idee mai praticate finora, sia sul piano dell'esperienza storica che
di quella più recente. Insomma, una palingenesi che dai congressi in
corso non sembra poter venire.
Nel tranciare questi giudizi non vogliamo assumere l'arroganza di chi
dispensa lezioni. Certo, la presunzione di poter dire "l'avevamo
detto" ce l'abbiamo. Avevamo detto che la questione del governo era
una torsione intollerabile; avevamo denunciato la burocratizzazione
interna al Prc che oggi esce prepotentemente nello scontro interno tra
gli apparati; avevamo fatto una battaglia alla luce del sole in
Parlamento; abbiamo lanciato fino all'ultimo messaggi udibili da chi
volesse. Nessuno ha ascoltato, nessuno ha nemmeno fatto finta di
ascoltare. Detto questo, siamo tra i primi consapevoli di una
difficoltà strutturale di questa fase. Nell'epoca dell'egemonia
politica e culturale della destra - un'egemonia, visibile dopo il 15
aprile ma in realtà maturata nei lunghi anni 90 - il compito che ci
attende è immenso. Si tratta di ri-costruire una consapevolezza di
classe, una coscienza di essere classe e un'idea di società che sia
attraente e mobiliti persone e coscienze. Qualcosa che il movimento
operaio ha già fatto tra la fine dell'800 e i primi anni del Novecento
senza, però, camminare sulle macerie e senza distruzioni epocali alle
spalle.
Per fare questo c'è bisogno di armarsi di una "lenta impazienza": il
lavoro da fare è urgente ma occorre dotarsi del tempo necessario e
degli strumenti adeguati.
C'è bisogno di una pratica sociale condivisa, di esperienze sul campo
che, sole, possono ricostruire fiducia reciproca e legami forti. E c'è
bisogno di condividere un orizzonte comune, per noi l'anticapitalismo
cioè la trasformazione di questa società e l'incompatibilità con i
suoi agenti anche nella sinistra. Un orizzonte che ha bisogno di
essere declinato, immaginato e spiegato, rendendo evidente i cardini e
le potenzialità di "un altro mondo possibile". Insomma, c'è bisogno di
una vera rifondazione. Quella cominciata 17 anni fa è morta.