Il mondo va più veloce dell'Italia, persino quando si tratta di
correre dietro a un pallone.
Succede che tre calciatori tedeschi (dei quali uno molto famoso),
provvisoriamente anonimi, sono pronti a svelare d'essere omosessuali,
approfittando del "palcoscenico" dei prossimi Mondiali (che si
terranno, appunto, in Germania quest'anno, per chi non lo sapesse) se
lo faranno altri otto; in totale undici, cioè una squadra.
La notizia è stata data al prestigioso quotidiano inglese "Financial
Times" e la si può rintracciare su molti siti con facilità.
La costituenda squadra è, ovviamente, del tutto teorica, poiché
servirebbe (tra le altre cose) un giocatore per ogni ruolo (ehm!), a
cominciare da un portiere. Però, che dire: speriamo accada davvero.
Sarebbe un passo da giganti; impensabile in Italia, anche a causa
degli strettissimi vincoli contrattuali a cui sono soggetti i nostri
giocatori (non per niente quelli più "scalmanati" se ne vanno, che
so, a fare gli allenatori in Inghilterra).
Qui da noi, i calciatori non possono neanche mostrarsi "gay-
friendly", se non a vaghe parole. Altrove, invece, almeno questo è
possibile.
E non parlo soltanto del Regno Unito di David Beckham; bensì del
Brasile. Nel paese che si vanta d'essere il solo pentacampeão (=
cinque volte campione del mondo di calcio) ci sono stati ex giocatori
della nazionale in testa a una marcia di gay pride.
È accaduto nel mese di dicembre scorso, che in Brasile è inizio
dell'estate, come giugno da noi.
I due giocatori sono Marcos Vampeta e Túlio Maravilha, il primo dei
quali ha giocato anche in Italia, nell'Inter.
In precedenza, entrambi avevano posato nudi per un periodico gay
brasiliano, il "G Magazine".
Sono entrambi eterosessuali, si badi. Ve lo immaginate? Sarebbe come
se un Mark Iuliano o un Matteo Sereni mostrassero ogni dettaglio
delle loro doti su una rivista gay...
Capisco che il Brasile non è così sessuofobico come il Belpaese; ma i
nostri calciatori di serie A non hanno mai nenche mostrato uno
scorcio di chiappa su riviste femminili. Perché no? Ma perché la
rivista la potrebbero guardare "dei gay"!
Se potesse, chi in Italia gestisce i calciatori impedirebbe perfino
che noialtri si parlasse di loro, come in quest'articolo.
Figuriamoci se mai parlerebbero con noi. Piuttosto, si mettono a
parlare con gli uccelli.
Pensateci un attimo: i giochi di squadra sono l'archetipo
dell'accettazione sociale.
L'etero calciatore "medio", oggigiorno, considera i suoi coetanei gay
(noialtri) un altro sesso, in perfetta buona fede; e riserva loro
(metaforicamente) i posti di bordo campo: assieme alle donne e ai
ragazzini. È convinto, infatti, che "i gay" non comincino neanche a
giocarci, a calcio; e non sa che la realtà è proprio un'altra, e cioè
che molti ragazzi diventano calciatori professionisti ben prima di
rendersi conto della loro attrazione per altri maschi. [Ne conosco due.]
Di loro, gli etero sono ignari; e l'ha dimostrato di recente, con
cristallina ingenuità, uno dei più grandi calciatori che l'Italia
abbia prodotto, Gianni Rivera: il primo Pallone d'Oro italiano.
Ecco le sue parole (dal "Corriere della Sera"): "Sarò antico, ma ogni
volta che sento dire che ci sono omosessuali tra i calciatori, mi
stupisco. Sarà perché in tutta la mia carriera non mi è mai capitato
di incontrarne uno, e nemmeno me ne è venuto il sospetto".
E ancora: "A me sembra difficile pensare che scelgo o un gioco così
maschio, dai contrasti così decisi".
Gli fa eco Beppe Bergomi, ex componente della nazionale di calcio:
"Qualcuno ci sarà, ma in vent'anni non mi è mai capitato di
conoscerne uno. E forse ha ragione Rivera, nel calcio serve molta
rudezza, si cerca il contrasto aspro...".
L'ingenuità, in queste testimonianze, sta nell'affermazione "non mi è
mai capitato di conoscerne uno". Può anche darsi che sia stato così,
ma probabilmente la realtà è che non gli è mai capitato di conoscerne
uno che lo dicesse.
Della loro stessa generazione, un ex compagno di Rivera nella
Nazionale, Sandro Mazzola, pare pensarla diversamente; e a proposito
del Rivera, commenta: "Ma non ci prende mai, quel ragazzo...
["ragazzo"? N.d.A.].
Certo che ho conosciuto qualche calciatore omosessuale, ci ho giocato
contro. Uno è anche diventato allenatore. Era una cosa risaputa e
ricordo che non ci ha turbato: per noi erano avversari come tanti altri.
Non c'era nessuna prevenzione, forse eravamo più avanti dei tempi. Mi
ricordo solo qualche battuta goliardica; magari oggi non si fanno
neanche più" [non contarci! N.d.A.].
Ragazzi, non so a voi, ma a me le dichiarazioni del Mazzola suonano
un po' artificiali; come se qualcuno gli avesse richiesto di correre
ai ripari, per la salvezza del politicamente corretto. Ma forse no.
A corona del tutto, il parere di Rino Gattuso, che (per chi non lo
sapesse) è nella rosa della nostra attuale Nazionale: "Quello del
calciatore gay è un luogo comune, come quello del calciatore
cocainomane [excusatio non petita... N.d.A.].
Per me ce ne sono pochissimi, due o tre su cinquemila [Io ne conosco
due, quindi ora voglio vederne diecimila che siano tutti etero]. Però
non credo che c'entri il gioco maschio [aridaje!]: conosco gay [cioè:
uomini gay] che hanno grinta da vendere".
Come vedete il Gattuso infila una gaffe dietro l'altra ma, come si
dice, conta il pensiero.
La "grinta da vendere" posso credere sia quella di un mio amico, che
ha lavorato col Gattuso nella realizzazione di una campagna
pubblicitaria. Ne approfitto per
salutarlo...
Calciatori gay ityaliani, se ci siete (e ci siete!) battete un colpo.