UN BEL CLIMA
Una marcia antinucleare e a temperatura ambiente
Ecologisti del «sì» e «massimalisti», tutti insieme per denunciare un
modello di sviluppo che produce montagne di rifiuti e provoca crisi
alimentari ed energetiche A Milano una lunga giornata ecologista
organizzata da 55 associazioni rimette al centro i temi ambientali. I
partiti in coda restano a guardare
Giorgio Salvetti
MILANO
Ripartire dalla terra. Dopo lo tsunami elettorale e i primi 40 giorni
di Berlusconi, fare opposizione significa dire no al nucleare, no al
ponte sullo stretto di Messina, no a un modello di sviluppo mondiale
che produce montagne di rifiuti, provoca crisi energetiche e
alimentari, con conseguente aumento dei prezzi e sempre più morti di
fame. Mai come ora è necessario un vero e proprio cambiamento
climatico in senso positivo per «abbassare la febbre del pianeta». Con
questo slogan ieri a Milano ha sfilato la marcia per il clima. Un
corteo inedito e partecipato (oltre 5 mila persone), ma soprattutto un
vero e proprio happening con dibattiti, concerti e stand delle 55
associazioni che per tutta la giornata hanno animato corso Venezia e i
giardini di via Palestro.
In testa decine di ragazzi vestiti da pinguini su patti a rotelle
agitano un enorme striscione con i simboli di tutte le associazioni
che hanno creato l'evento. Legambiente, Slow Food, Arci, Acli, Uisp,
Cgil Cisl e Uil, i sindacati degli agricoltori Coldiretti e Cia, i
comitati di cittadini. No Tav e No Dal Molin in testa, i cibi bio
dell'Aiab, Greenpeace e Vas, ma anche la Lega Pesca, tantissimi
ciclisti con mezzi a pedali di tutte le fogge. I Volontari del mondo
cattolici con lo striscione «Povertà non è sfortuna ma ingiustizia».
Dal palco intervengono i partecipanti al contro vertice della Fao che
denunciano le monoculture transgeniche che stanno funestando il sud
del mondo. Tutte le associazioni hanno firmato una carta di impegni da
presentare al governo per un modello energetico basato sull'efficienza
e sulle energie rinnovabili, una mobilità sostenibile che punti sul
trasporto pubblico e pratiche agricole biocompatibili.
Tutto si tiene. L'aumento di anidride carbonica che causa il
riscaldamento del pianeta, l'impoverimento dei terreni, lo
sfruttamento esasperato di materie prime e di energia, la scarsità di
cibo e acqua, la povertà, l'inquinamento e le montagne di rifiuti. Da
Napoli a Milano, dai poli alla foresta amazzonica, siamo tutti sullo
stesso pianeta.
Che fare? Ogni spezzone porta la sua proposta. Non è stata una sfilata
solo di no. Si va dalle scelte responsabili e individuali di chi
propaganda detersivi ecocompatibili ai gruppi solidali di acquisto,
c'è chi mangia bio e chi digiuna contro il nucleare e lo scudo
stellare, chi pedala contro mano e sogna un modo diverso di muoversi
(«grande suv=piccolo pisello»), e chi fa la raccolta differenziata. I
pescatori pensano alle tartarughe marine in estinzione e al mare
pulito, gli agricoltori alla terra, in corso Venezia è esposta una
grossa elica per l'energia eolica. Il carro «sun system» spara reggae
e si muove a pedali. Tante piccole idee, ma anche grandi sogni.
«Bisogna portare l'Italia - spiega Vittorio Cogliati Dezza, presidente
di Legambiente - a ridurre del 30% le emissioni di Co2, ad aumentare
del 20% l'efficienza energetica e l'utilizzo delle rinnovabili». Il
movimento per la decrescita chiede di più: cambiare alle radici il
modello di sviluppo. Insomma la rivoluzione. Gli ecologismi sono tanti
e diversi. Ieri minimalisti e massimalisti hanno marciato insieme.
In parlamento, invece, non esiste più una forza espressamente
ecologista. Ciò che resta dei Verdi di Pecoraro Scanio combatte per
non estinguersi. Militarizzare le discariche o rilanciare l'illusione
nucleare non sono che corollari di un pensiero unico che si basa sullo
sfruttamento dell'uomo e dell'ambiente. Il governo di Berlusconi ne è
l'espressione più compiuta, ma anche per questa opposizione è
difficile non inchinarsi al dogma dello sviluppo a tutti i costi.
Fuori dal parlamento però le cose stanno in tutt'altro modo.
L'ambientalismo è parte della vita delle persone. E' persino di moda.
Lo sa bene un sindaco di destra smart come Letizia Moratti che ieri ha
benedetto la marcia per il clima nella sua Milano. Lei che con molta
furbizia ha varato l'ecopass per limitare lo strapotere dell'auto e ha
ottenuto la vittoria dell'Expo 2015 coniugando speculazione edilizia e
temi ambientali e terzomondisti. Per lei nessuna contestazione, solo
uno striscione «Expo ti teniamo d'occhio». Il clima è buono ma
bipartisan, anche troppo. Pd, Verdi, Prc, Pdci, seguono in coda e
divisi. I voti ecologisti fanno gola, ma per ora marciano da soli, più
avanti dei partiti.
Il corteo si conclude in via Palestro dove sta per partire il gay
pride, molti ragazzi passano da una manifestazione all'altra senza
fermarsi, una ragazza in bikini li incita: «Andiamo, è tutta natura».
L'EFFETTO SERRA VISTO DAI PINGUINI
Guglielmo Ragozzino
Uno slogan secco - quatto parole - è preferibile a uno prolungato.
Così nel cartello fatto in casa: «Più marmotte meno marmitte» si
esprimeva il meglio della manifestazione ambientalista di Milano,
organizzata e sostenuta da Legambiente con il contributo di altre
associazioni. Un buon corteo di migliaia di persone solidali tra loro,
amichevoli, capaci di donare, convinte del proprio buon diritto di
sopravvivere e, al tempo stesso, dell'impegno di salvare il pianeta
per figli e nipoti. Anche lo striscione di avvio era indovinato.
«Fermiamo la febbre del pianeta!» Ma non era qui tanto il messaggio a
parlare, quanto i pinguini che reggevano la scritta. I pinguini, senza
più ghiacci, sempre più preoccupati per il caldo, additavano anche un
patchwork composto dalle bandiere colorate di almeno trenta
associazioni che partecipavano alla giornata. Questi pinguini e
pinguine - quest'ultime più sottili e aggraziate - ballavano sulle
musiche prorompenti da un impianto posto su una sorta di yacht montato
su ruota di bicicletta e spinto a pedali.
Questa macchina a pedali, allegra e piena di canzoni, avrà pur detto
qualche cosa ai possessori di suv della città più ricca del mondo.
Quella stessa città a cui era dedicato anche un altro slogan «Expo, ti
tengo d'occhio» di spirito molto meneghino, degno quasi di Anacleto il
gasista, un personaggio che certamente i vecchietti del corteo avranno
conosciuto e amato ai loro tempi felici. Erano, i vecchietti, una metà
del corteo, l'altra metà ragazzi. Questi cantavano, sempre vestiti da
pinguini «giro giro tondo scalda il mondo, scalda la terra, tutti
sotto terra» e si lasciavano cadere. Le generazioni centrali, d'altro
canto, quelle del potere, avevano altro da fare e non erano ancora
pronte a sfilare, tutte intente a truccare e arraffare. Verranno
domani.
Il corteo, a piedi, in bicicletta, su pattini e carrozzine protestava
per il nucleare e i rigassificatori, per le nuove autostrade e i
trafori. Vestite da bidoni con rifiuti pericolosi, alcune ragazze
davano la linea cantando «contro la terra, contro il mare, con le
scorie che ci volete fare?».
C'erano anche slogan pensierosi. Il più forte di tutti era di
www.decrescita.it, assai preciso nell'indicare l'obiettivo: «Chi crede
sia possibile una crescita infinita in un mondo finito è un pazzo o un
economista». Gli economisti sono poi quelli che rifiutandosi di
vedere, pensano la vita in termini di competizione e sono convinti che
l'alloro della vittoria debba essere posto in testa a chi cresce di
più. Tutto il resto - ingiustizie, sacrifici, oppressione,
sfruttamento - costituisce una serie di fastidiose, ma ininfluenti,
diseconomie che a poco a poco saranno superate.
Gli economisti sono quelli convinti che più automobili - meglio se
grosse -, più autostrade, più parcheggi, più tav, più consumi, più
tir, più aeroplani, più rigassificatori, più elettricità, più centrali
nucleari siano compatibili con l'ambiente. Anzi, siano l'essenza
stessa della felicità sulla terra. Non amano Kyoto, gli economisti, al
contrario del Wwf. Sanno - per sentito dire o per rigoroso studio -
del riscaldamento globale e dei pericoli che il pianeta degli umani
sta correndo; ma sono al tempo stesso convinti che se lo si venisse a
sapere la loro scienza stessa sarebbe mal vista dalle multinazionali e
sui giornali e messe a rischio le loro carriere e cattedre
universitarie. Dunque, tutti zitti! Il nemico ti ascolta.
MIGLIAIA IN MARCIA A MILANO
Ma.Ma
Avete mai visto un bambino che si riduce volontariamente al silenzio?
E' successo al Pride milanese, il Christopher Street Day. Sin dalla
partenza del corteo, dai sei carri veniva distribuito un adesivo
bianco con una croce rossa, appositamente preparato per il momento in
cui tutti avrebbero sfilato zitti zitti. «E' la nostra forma di
protesta per ribellarci a chi vuole chiuderci la bocca», spiega
Aurelio Mancuso, presidente dell'Arcigay. «Che il nostro silenzio sia
più assordante delle loro parole omofobe e razziste», mormorano in
corteo. Non ci sono solo gay, lesbiche, bisessuali e trans. Sfilano
anche molte coppie etero mano nella mano (entrambe le bocche tappate
dal cerottone) e famiglie con figli piccoli particolarmente
affascinati da un gioco del silenzio un po' speciale. Per venti minuti
all'altezza di piazza Duomo non si alza un filo di voce, e l'atmosfera
diventa quasi surreale. Si spegne la musica e non ci sono più nemmeno
coriandoli e bolle di sapone che svolazzano. Sono zitti persino i
passanti che guardano attoniti le migliaia di persone, soprattutto
quel bel pezzo di Marylin da 1 metro e 90 che eterea si sfiora le
labbra con il cerotto e ammutolisce chi era già pronto ai soliti
commenti da macho latino. Il corteo scivola veloce per le vie della
città che poco prima sono state calcate dalla marcia per il clima e
non manca chi i cortei se li fa entrambi. Del resto, come recita lo
striscione del carro che apre il Pride, «Omosessuale è naturale».
Sfilano l'Agedo, associazione di genitori e amici di omosessuali, il
No Vat (dal No Tav della marcia al No Vat la differenza è un
anagramma), qualche bandiera di partito extraparlamentare e un centro
sociale. Ci sono i Valdesi e i Cristiani omosessuali, ma anche gli
Atei e Agnostici Razionalisti con il cartello «8x1000 alla chiesa:
perchè i roghi costano». Un'unione reale di forze diverse, una sorta
di famiglia di fatto. Il pensiero va spesso al corteo romano, detiene
il primato di persona più citata del Pride la casta diva parlamentare
Mara Carfagna, da uno dei carri tuonano: «Se andavi in giro con il
culo di fuori, a noi non ce ne frega niente, non siamo e non vogliamo
essere dei moralisti come te che ti vergogni e fai l'ipocrita». Mentre
il governo porta ordine e moralità nel paese, fuori c'è un mondo che
chiede e merita d'essere ascoltato. In silenzio.