"Delitto nel sottobosco dei fotoreporter"
Lettera dei giornalisti gay
al "Manifesto"
Sabato 31 sul "Manifesto", per illustrare un articolo
sul Gay Pride del 2008, è apparsa una foto che rappresenta una donna a
seno nudo nel mezzo di una strada.
Colpisce il fatto che questa
immagine corrisponda alla rappresentazione che del "Pride" danno le
destre per cercare di impedirli: una manifestazione scollacciata di
assatanati/e che girano nudi/e per la città, e magari copulano in
mezzo alla strada.
In realtà lo scorso anno, su circa un milione di
partecipanti al Pride nazionale di Roma, era presente in tutto una
decina di persone che hanno scelto la provocazione della nudità, e
molte di loro non hanno neppure completato il percorso, andandosene
subito dopo aver attirato la consueta calca di fotografi assatanati
attorno a sé.
Possiamo comprendere i motivi per cui i cattolici e le
destre si fossilizzino ogni anno su questa decina di persone, che sono
in effetti le uniche ad apparire sui loro giornali e sulle loro tv:
loro intendono trasformare una manifestazione politica per la
visibilità delle persone lgbt in qualcos'altro, e quelle immagini li
aiutano in questa distorsione. Non mostrano mai le mamme con le
carrozzine, non mostrano le famiglie, non mostrano le coppie, non
mostrano i loro colleghi di lavoro e compagni di partito: tutto ciò che
desiderano vedere sono le tette al vento. E quello solo vedono,
fotografano e pubblicano.
Ogni anno notiamo quanto giornalisti e
fotografi maschi ed eterosessuali siano morbosamente ossessionati da
queste immagini, al punto da accalcarsi, spintonandosi, esclusivamente
nei punti del corteo nei quali un viado si denuda per i loro flash,
normalmente incoraggiato dalle loro ovazioni. È uno spettacolo morboso
e maschilista, che però "stranamente" nessuno mostra mai, eppure la
morbosità e la miseria sessuale dimostrata in questo ogni anno dai
nostri colleghi sarebbe semmai il vero fenomeno giornalisticamente
interessante.
Ciò detto, non comprendiamo per quali motivi un giornale
come "il Manifesto" perseveri, dopo 37 anni di movimento lgbt in
Italia, a comportarsi esattamente come i giornali di destra.
Come
giornalisti sappiamo tutti che la scelta di un'immagine non è mai
"neutrale". Che una foto non descrive un fatto, ma racconta un punto di
vista.
Se ogni volta che si parla di ebrei si pubblica la foto di un
usuraio, se ogni volta che si parla di Africa si pubblica un cannibale
in gonnellino, se ogni volta che si parla di Pride si pubblica un viado
nudo, abbiamo un problema. Perché sono effettivamente esistiti ebrei
usurai, africani in gonnellino, e viados nudi al Gay Pride, e quindi
queste immagini fanno effettivamente parte della realtà, tuttavia
quando tali immagini sono le uniche a cui è permesso rappresentare la
realtà, ecco il problema. Che si chiama "razzismo".
E se nessuno sembra
accorgersene, neppure a sinistra, il problema è doppio. Ciò vuol dire
che il razzismo, con le sue rappresentazioni schematiche e
caricaturali, ha ormai inviso profondamente il nostro immaginario
collettivo, e quindi ha trionfato.
Noi non vogliamo arrivare al punto
di proibire puramente e semplicemente l'accesso dei Pride ai viados
solo perché il loro comportamento "ci dà una cattiva immagine", come
chiedono ad alta voce i gay di destra. Perché le persone tran* presenti
ai Pride sono ogni anno centinaia, ed il Pride appartiene a loro tanto
quanto al mitico "gay in cravatta", mentre le ballerine con le tette
nude non sono mai più di dieci.
Non tocca quindi a noi discriminare
sulla base di un'appartenenza ad una minoranza piuttosto che ad
un'altra. Tocca ai giornalisti capire il senso di una manifestazione
politica, e contestualizzare le immagini, dimostrandosi capaci di
scegliere quelle che meglio descrivono l'evento, senza focalizzarsi,
anno dopo anno, sempre sulle stesse: i viados con le tette al vento.
Per esempio, nel nostro caso, piazza San Giovanni a Roma completamente
riempita dai manifestanti del Gay Pride del 2007, più numerosi di
quelli del tanto pubblicizzato "Family day". Sarebbe stata una foto
troppo "scomoda" per il vostro giornale? O magari, semplicemente più
appropriata al tema discusso, visto che si parlava della negazione di
quella stesa piazza nel 2008?
E non ci si risponda che si è usata
quella foto solo perché era l'unica disponibile, specie per un giornale
come "il Manifesto" che non naviga certo nell'oro, e che quindi prende
quel che riesce a trovare. Ormai letteralmente centinaia di fotografie
dei Gay pride di tutto il mondo sono disponibili gratuitamente
attraverso WikiCommons. Basta collegarsi e digitare "Gay pride in
Italy":
http://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Gay_Pride_in_Italy
Se non lo si fa, evidentemente, non è perché costi denaro farlo (le
foto sono gratis), ma perché farlo richiede una mentalità diversa da
quella dei giornalisti di destra. Mentre quando si tratta dei diritti
lgbt, come ha dimostrato l'ultimo decennio di politica dei partiti e
dei governi di centro-sinistra, la differenza fra destra e sinistra, in
Italia, è straordinariamente tenue. Ammesso che di differenza si possa
parlare...
Sperando che almeno "il Manifesto" intenda differenziarsi
da questo quadro, almeno in futuro, chiediamo la pubblicazione di
questo nostra lettera.
I giornalisti gay: -- Iscritti all'Ordine di:
Stefano Bolognini - Lombardia
Mario Cervio Gualersi - Lombardia
Alessandro Còndina - Lombardia
Giovanni Dall'Orto - Lombardia
Alessio
De Giorgi - Toscana
Scilitan Gastaldi - Marche
Franco Grillini - Emilia-
Romagna
Vincenzo Patanè - Veneto
Claudio Malfitano - Veneto
Pasquale
Quaranta - Campania