Secolo xix
Corteo anti-chiesa tra sorrisi, canzonie critica civile
la protesta
Genova. «Sia fatta la nostra volontà», scandisce la folla, e si mette a piovere. Come se un dio dispettoso non riuscisse a digerire la compostezza, persino eccessiva, di una manifestazione nata in segno di protesta. Contro l'ingerenza della Chiesa cattolica nella vita pubblica. Contro l'omofobia. Contro «gli obiettori di coscienza sulla pelle degli altri».
E però non era contro gli dei, il corteo di 1500 agnostici, atei, gay, lesbiche, compagni della Sinistra Critica e di Rifondazione, tupamaros dei centri sociali, militanti ferrandiani, pacifisti e verdi. Era per la libertà, d'espressione e di culto, e di forte critica verso la visita di un Papa che ancora l'altro ieri tuonava sulla legittimità di un solo tipo di coppia, quella formata da uomo e donna, benedetta dal sacramento del matrimonio.
Rispetto, tuttavia, nessun insulto né a Ratzinger né a Bagnasco, vescovo di Genova e presidente della Cei. La protesta è stata organizzata e condotta all'insegna della civiltà. Tanto è vero che non si levava una sola bestemmia, a parte un'insolenza gratuita inalberata dalla maglietta del cantante Bob Calleri: «Non è reato dileggiare un personaggio di fantasia». Per chiarire meglio il proprio punto di vista Calleri ostentava anche un cartello polemico, «Se Dio ci fosse vi prenderebbe a bastonate». Discutibile, ma non censurabile a priori.
Dal camioncino che alternava allo stereo l'Internazionale con De André, Shaggy e Rino Gaetano venivano illustrate le ragioni dell'insofferenza laica: «La Chiesa si prende 4 miliardi l'anno attraverso l'8 per mille, il mancato pagamento dell'Ici e il finanziamento alla scuola». E uno. «La Chiesa interviene pesantemente nella politica di uno Stato estero». E due. «Il Cattolicesimo ha uno spazio preponderante nei media, a scapito delle altre religioni». E tre, ma non era tanto la ragionevolezza delle critiche a lasciare a bocca aperta. Era l'educazione, la cortesia nei confronti dei passanti, il sorriso sulle labbra, l'assoluta mancanza di sguaiataggine. Solo un ragazzino in felpa nera scriveva sul portone verde del Pio istitututo delle suore franzoniane, in via Cantore, «Né Dio né Stato». Purtroppo i vigili urbani erano lontani, e i poliziotti non si sarebbero mai sognati - visto il clima - di intervenire almeno per far ripulire il portone all'imbrattatore.
All'inizio, pochissima gente, anche per colpa della pioggia che era caduta copiosa, per tutta la mattina, sul ponente genovese. Un centinaio di facce. Silvano Vergali, dell'Associazione agnostici e atei, spiegava come «l'allarmismo dei media abbia fatto disertare la manifestazione da tanti che avrebbero voluto partecipare. Si è evocato il G8, la violenza, gli scontri. Ma perché? Perché si vuole impedire alla gente di manifestare liberamente e pacificamente»?
Striscioni e cartelli ironici, nessuna offesa: «Più staminali e meno cardinali», oppure «Fuori la Chiesa dalle mutande», o ancora «Meno preti più alberi». Tra la gente, parecchi cani guidati da punkabbestia insolitamente mansueti. Ai lati del corteo, libera vendita di opuscoli a favore della lotta birmana.
Il camioncino inalberava una specie di mucca pezzata che nelle intenzioni doveva essere un cane. Al collare un nome, Laika, e sotto gli zoccoli - pardon, le zampe - un cardinale con tanto di zucchetto rosso. «E' la cagnetta mandata dai sovietici nello spazio», spiegavano faticosamente gli organizzatori, «e simboleggia la vittoria della scienza contro la superstizione. Il nome della cagnetta naturalmente conta molto».
Malgrado la pioggia intermittente, la gente ha cominciato ad afflure a metà di via Cantore, dove il corteo ha assunto una precisa fisionomia. Davanti i centri sociali e poi le femministe, la sinistra antagonista, i gay, le lesbiche, i cani sciolti. Rallentamenti a Dinegro. I primi applausi in via Gramsci.
Immortalato da task force di turisti orientali, ai quali non pareva vero di fotografare un serpente di folla colorata e spumeggiante.
Ancora Vergali: «Noi non siamo contro il cattolicesimo, Ognuno è libero di pensarla come vuole. Ma stiamo assistendo a una vessazione quotidiana da parte della Chiesa, a un'ingerenza continua negli affari di uno Stato che deve restare laico proprio per garantire la libertà di credere».
In prima fila anche Antonio Bruno, antico consigliere comunale alternativo (L'Altro Polo eccetera): «Io sono credente. E in questi giorni di visita papale soffro». Non era il solo.
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Carlo
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