[Lecce-sf] analisi del v(u)oto

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Aprile 2008 passerà probabilmente alla storia per aver
chiuso la lunga transizione italiana. Sotto questa luce,
verrebbe da guardare all’incontro Veltroni-Berlusconi del
Novembre scorso come ad una piccola Yalta sull’assetto
politico del Paese ed alla crisi del Governo Prodi voluta da
Mastella come alla congiuntura più favorevole per attuarlo.
A tal fine e per sgombrare il campo da un bipartitismo
incompiuto per via dell’ultima discriminante rimasta, quella
antiberlusconiana, una legge elettorale che già mortificava
l’espressione del voto di preferenza è stata utilizzata fino
al fondo del suo potenziale esclusivo. Il Partito
Democratico di nuovo conio assume ora non solo la
responsabilità dello sdoganamento finale di Berlusconi ma
persino il compito di emarginare la Sinistra nelle sue
declinazioni socialiste e comuniste, dopo aver obliterato
per sé la definizione di soggetto socialdemocratico; ad
espellerla dall’arco costituzionale, più dell’appello
cannibalistico al “voto utile” provvederà il suo elettorato
con una bocciatura dell’operato politico che rimarrà alla
storia. Alla sconfitta della Sinistra Arcobaleno,
consumatasi soprattutto presso l’elettorato dei due Partiti
comunisti, avrà contribuito non soltanto la prospettiva di
un nuovo soggetto politico indicata dall’alto e vissuta
nella rinuncia ad un simbolo sulla scheda elettorale, ma
soprattutto la valutazione negativa di un operato
governativo reso oggettivamente ingestibile dallo stretto
spazio di manovra politica esistente tra l’incudine e il
martello dell’esperienza, essenzialmente antiberlusconiana,
dell’Unione di Prodi.
Se questo può forse spiegare qualcosa, certamente non può
rappresentare una giustificazione. Troppo pingue è l’elenco
delle scelte del Governo Prodi distanti dal patrimonio della
sinistra radicale e piuttosto discutibile è stato
l’abbandono di trincea politica del Segretario del maggior
partito antagonista, ad esordio di legislatura nel 2006, per
non chiedersi se l’alta carica onoraria conseguita non abbia
agito come garanzia di acquiescenza.
La transizione, in queste ultime ore, è corroborata dalla
nuova Presidenza della Camera e dalla storica affermazione
della destra al Campidoglio di Roma. Il nuovo approdo, privo
di un argine parlamentare di sinistra, appare preoccupante a
tutto tondo: con il suo quarto governo, Berlusconi sarà in
grado di fondare una nuova Repubblica a sua immagine e
somiglianza. Già forte del quarto potere, alla guida del
potere esecutivo e grazie ad una maggioranza parlamentare
mai così netta potrebbe dedicarsi alla desiderata
psichiatrizzazione della magistratura e procedere a vele
spiegate verso il controllo di tutti i poteri. Il terreno
culturale per una svolta autoritaria del resto è pronto.
Per la Sinistra (nondimeno per il Partito Democratico) si
tratta di naufragio in mare aperto; occorre ora tornare alle
radici, alle ragioni della propria esistenza. Ciò di cui non
si avverte per nulla il bisogno è un clima da resa dei
conti; sarebbe come spostare l’obiettivo da una doverosa
ricerca d’orizzonte ad uno sterile redde rationem. L’analisi
impietosa del voto e degli errori fatti non deve comportare
lacerazioni se gli attori di queste analisi hanno più a
cuore il campo, per quanto bombardato o ancora minato,
della Sinistra che un malinteso senso d’amor proprio personale.
La speranza è che ognuno ripari nello spazio di riflessione
della propria zattera per poi confluire in un progetto di
riscatto più organico ed ampio.
E’ indispensabile l’apporto di tutti per utilizzare l’unica
breccia di questa tornata elettorale, rappresentata dal
diverso esito elettorale alla Provincia di Roma. La
sconfitta incrociata del Partito Democratico e della
Sinistra Arcobaleno può ancora contenere un’estrema domanda
di alternativa radicale di sinistra che lascia ampi margini
di prospettiva. Nel Paese il cantiere di ricostruzione
potrebbe essere dato dal terreno della difesa della
Costituzione e della lotta alle destre di governo. Quanto
all’opposizione parlamentare sarà meglio prepararsi a
confidare nel contributo della componente
cattolico-democratica più che in quella post anzi
mai-più-comunista.

Luca Ruberti
03/05/2008