Autor: Rosario Gallipoli Data: Dla: forumlecce Temat: [Lecce-sf] Fw: [aa-forum] COSENZA PER NOI
In questi giorni sta per concludersi a Cosenza un processo molto simile a
quello appena terminato a Genova. Anche in questo caso un gruppo di persone,
appartenenti al "Sud Ribelle", si trova di fronte ad accuse gravissime:
"sovvertire violentemente l'ordine economico costituito nello stato" per
aver partecipato alle grandi manifestazioni in occasione del vertice OCSE di
Napoli e del G8 di Genova nel 2001.
Non che sovvertire con qualsiasi mezzo necessario l'ordine economico
costituito nello stato sia di per sé un fatto gravissimo, anzi ci sembra
essere l'unico obiettivo sensato per ogni sfruttato. Il problema è che
gravissime sono le pene previste. Infatti il pubblico ministero ha chiesto
una cinquantina di anni carcere ed altri di libertà vigilata
Chi detiene il potere vuole continuare a tenerselo e per questo vorrebbe
"regalare" anni ed anni di carcere a chi ha lottato, si è ribellato, ha
manifestato irriducibile dignità. Per questo una serie di fatti specifici,
avvenuti ad esempio durante le manifestazioni, sono stati gonfiati,
inventati, estesi ad altri, trasformati in reati associativi, aggravati da
termini che possano ricondurre ad un immaginario di guerra (quali la
devastazione ed il saccheggio) in modo da moltiplicare la pena. Così, mentre
l'unica guerra evidente, con bombardamenti o meno, è quella scatenata dal
capitale per continuare ad opprimere, si prospetta un altro scenario di
condanne per chi a questa guerra resiste.
Le risposte che si vorrebbero dare ai continui attacchi repressivi languono.
Non è bastato l'esito del processo di Genova per sgombrare il campo dagli
appelli grondanti di lezioni di democrazia, di sdegno per accuse risalenti
al codice del periodo fascista, di richiami alla Costituzione, di paragoni
con le avvenute promozioni dei torturatori in divisa: un'altra
manifestazione con una lista chilometrica di adesioni, zeppa di partiti e di
rappresentanti delle istituzioni, pesa come un macigno sul futuro di coloro
che con partiti ed istituzioni non hanno nulla a che spartire, quelli che,
ancora una volta, potrebbero essere i "cattivi" che pagano per tutti perché
rivendicano in toto la radicalità delle azioni avvenute.
L'appello lanciato per indire la manifestazione di sabato 2 febbraio a
Cosenza sottolinea che, per i fatti del vertice OCSE di Napoli e del G8 di
Genova, furono arrestate venti persone che erano state fra gli organizzatori
del Forum Sociale Europeo di Firenze, "una delle più importanti esperienze
di partecipazione democratica realizzate nel nostro paese". Per definizione,
dunque, queste persone dovrebbero rientrare fra i buoni. Se qualcuno non
avesse contribuito all'organizzazione di importanti esperienze democratiche,
al contrario, rientrerebbe per definizione tra i cattivi.
A noi non importa un fico di qualsiasi cosa abbiano organizzato nello
specifico queste persone. Ci importa, caso mai, che durante la lunghissima
storia che ha portato al processo contro il "Sud Ribelle" molti fra gli
accusati abbiano già preso le distanze dai coimputati e che alcuni abbiano
fatto carriera all'interno di partiti ed istituzioni. La discrepanza fra
imputati eccellenti ed imputati "qualunque" si rivela, quindi, ancora più
rilevante che nel processo di Genova.
Ci importa che ancora una volta non riesca il gioco che ha indicato Carlo
come primo cattivo e dopo lo ha riabilitato perché le forze dell'ordine
erano state più cattive, quello stesso gioco che ha poi additato i
processati di Genova come "blocco nero" per poi scagionare la metà. Non è
affatto una consolazione che Carlo ora sia un simbolo, che molti il 17
novembre pensassero di essere in piazza a Genova per manifestare solidarietà
a tutti gli imputati, che un tribunale abbia riconosciuto le menzogne di
qualche poliziotto o carabiniere. Il fatto è che Carlo è morto, che 10
persone dovranno affrontare un processo di appello per devastazione e
saccheggio con una tremenda condanna alle spalle, che ancora nel napoletano
o a Cagliari persone che non vogliono morire avvelenate siano state
selvaggiamente picchiate da altri poliziotti o carabinieri.
In questa fase di involuzione di molte coscienze (sollecitate solo dalla
salvaguardia degli interessi clericali) e di allarmismo sicuritario,
tendente ad un'oggettiva fascistizzazione, che complicano l'esistenza di
tutti coloro che vogliono continuare a lottare, stanno però intervenendo
altrettanto oggettivi disastri economici ed ambientali che sempre più spesso
determinano reazioni non solo rabbiose, ma organizzate e raccordate fra
loro. Basti pensare alla TAV, agli inceneritori e le basi militari, ai posti
di lavoro segnati da continue morti, a quanti supportano le rivolte e le
fughe dai CPT dove vengono deportati gli immigrati che cercano scampo alla
guerra e alla fame. Questo va letto in una possibile prospettiva di
cambiamento dei rapporti di forza e deve essere pratica per una crescita
comune che eviti i particolarismi e le alleanze puramente tattiche.
Ricominciamo quindi a gestire collettivamente e in un ottica di classe la
storia di questi anni, non cediamo alle lusinghe di chi vorrebbe vederci
imploranti a chiedere giustizia ai responsabili dell'ingiustizia: ci
chiederebbero ben presto di implorare perdono.
Costruiamo ovunque momenti di informazione e solidarietà attiva con gli
imputati del processo di Cosenza per dimostrare in modo palese la nostra
determinazione nel continuare la lotta e per rivendicare i percorsi di
ribellione allo stato di cose presenti: del resto che le masse scese nelle
piazze di Napoli e Di Genova fossero storicamente nel giusto è dimostrato
dalla realtà devastata che è sotto gli occhi di tutti nonché dalle squallide
disavventure di un ceto politico dirigenziale, di qualsiasi colore o
sfumatura, che chiede l'impunità per sé stesso comminando anni di galera a
chi si ribella.