Auteur: Massimiliano Piagentini Date: À: forumlucca Sujet: [Forumlucca] "Sinistra, la ricostruzione è una cosa seria"
Sinistra, la ricostruzione è una cosa seria
Flavia D'Angeli (Sinistra Critica)
A una sconfitta di queste dimensioni, a un passaggio di fase così
epocale è ovvio che corrispondano sentimenti di sconforto, ansie,
smarrimenti che caratterizzano le prime reazioni a caldo. Ma proprio
per la gravità della sconfitta il momento ha bisogno di un surplus di
lucidità e di nervi saldi, altrimenti si reagisce riproponendo strade
già percorse e fallimentari.
Non sta bene dire "l'avevamo detto", lo sappiamo, ma il bilancio degli
ultimi anni è sotto gli occhi di tutti, il dibattito che si è svolto
anche. Lo scontro interno a Rifondazione sulla svolta governista è
ancora recente, le affermazioni fuorvianti sulla "permeabilità del
governo ai conflitti", sul Paese che "vuoi vedere che cambia davvero",
sul governo "come variante tattica" stanno lì, nero su bianco, a
ricordare le dimensioni degli errori compiuti da un gruppo dirigente
che, semplicemente, ha liquidato il percorso e la fatica compiuti
negli ultimi quindici anni. Oggi fa un po' pena vedere quei dirigenti
affannarsi tutti a cercare di salvare la faccia e il proprio ruolo
quando è evidente che tutti portano responsabilità enormi. Non ci
appassiona certamente il tentativo di ributtarla sul recupero della
falce e martello che sta compiendo il Pdci – come se errori e
scempiaggini non fossero state compiute proprio in nome di quel
simbolo! – o l'appello "all'unità dei comunisti" che non mette in
discussione gli assi strategici seguiti finora. Ma nemmeno è
interessante lo scontro tutto di apparato che percorre Rifondazione
comunista che attende lo svolgimento di un Comitato nazionale per
sapere dove andrà il partito. Ma chi si ricorda che è stato tutto quel
Cpn a condividere le scelte fatte, ad avallare i vari passaggi, a non
fiatare sull'espulsione di Turigliatto, sul voto alle missioni di
guerra o al pacchetto-Welfare? In ogni passaggio quel gruppo
dirigente, che oggi si divide, ha condiviso tutto.
In realtà andrebbe pensato il futuro a partire dall'affermazione che
la Sinistra è all'Anno Zero. E che la risposta a questa constatazione
non è sapere quale deve essere oggi il Contenitore più adatto, la
tenda sotto la quale ripararsi dalla tempesta, ma semplicemente le
pratiche, le priorità di movimento e un bilancio serio e rigoroso di
quanto accaduto non solo nei due anni di governo ma dall'89 in poi.
Operazioni politiciste, ideologiche, identitarie non servono a nulla,
servono a salvare un po' di apparati ma non scalfiranno in nulla
l'isolamento sociale in cui la Sinistra è finita, incalzata dalla Lega
e dalle destre. Il punto è tutto qui. In quindici anni di vita
post-Pci è stata alimentata quasi solo una rendita
simbolico-elettorale spostando continuamente energie sul piano
istituzionale e di governo per toglierle al radicamento sociale. Si
pensi a quanto cruciale è stata in questi anni la questione governo e
quanto invece assente il dibattito sul sindacato. La sinistra si è
fatta il vuoto intorno e questo fatto è dimostrato dall'assoluta
inconsapevolezza del disastro imminente.
Se si vuole ripartire davvero si deve partire dalla società,
dall'opposizione sociale. Il problema impellente non è sapere quale
partito deve contenere tutti ma quale terreno va praticato
immediatamente per costruire una risposta di massa e unitaria alle
politiche liberiste e autoritarie che ci aspettano. Ci sono il 25
aprile, la MayDay il 1 maggio, ma occorre pensare a qualcosa di più
importante e che abbia un respiro ampio. Insomma si parte dall'unità
sociale, dai "Patti" che pure abbiamo tentato di costruire nei mesi
scorsi, per cercare di tenere il punto su almeno quattro terreni: la
lotta alla precarietà e per il salario; la lotta contro la guerra; la
difesa ecologica dei territori; l'autodeterminazione delle donne
contro le ingerenze vaticane.
Se iniziamo a fare questo, ricostruiamo un terreno unitario in cui
poter impostare una discussione pubblica che tenga fermo il punto
secondo noi fondamentale: non c'è sinistra di classe e anticapitalista
se non c'è indipendenza dal Pd e indisponibilità a governare
l'esistente capitalistico, tanto a livello nazionale che locale. Solo
se si è in grado di affrontare chiaramente questo nodo, e di rompere
definitivamente l'illusione che la politica sia "l'arte del
compromesso", per giunta al ribasso, potremo impostare una discussione
sull'identità di una nuova sinistra di classe, su cosa significhi
davvero, al di là della retorica, "Socialismo del XXI secolo" e su
come la Sinistra, l'anticapitalismo, costituisca una risposta efficace
e interessante per il "nuovo proletariato" che oggi vota a destra
oppure non vota più.
Questi sono i passaggi. Richiedono tempo, pazienza, serietà, umiltà.
Noi di Sinistra Critica sappiamo di non aver avuto la forza di frenare
la disfatta, non era questa l'intenzione, ma ci riteniamo soddisfatti
della battaglia compiuta e anche di quello 0,5% che comunque ha
costruito un piccolo argine alla rassegnazione e dimostra la
legittimità di una battaglia politica. Qualcuno pronosticava la nostra
"uscita dalla politica", invece siamo saldamente presenti. Non ci
siamo rassegnati e non ci rassegneremo. Anzi, pensiamo che questa
scialuppa nata solo tre mesi fa abbia svolto bene il suo compito e
abbia quindi ancora un ruolo da svolgere.