[Forumlucca] Fw: RIFLESSIONI POLITICHE

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Autore: eugbaro
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To: FORUM LUCCA
Oggetto: [Forumlucca] Fw: RIFLESSIONI POLITICHE

A tutti i cari amici e amiche, compagni e compagne, a tutti coloro che sono finiti per caso in questa mia lista, invio questo contributo per iniziare una riflessione sulla batosta elettorale subita.
come al solito non ho il dono della sintesi e quindi è un pò lunga, non pretendo certo che la leggiate tutti, a chi non interessa con un semplice clic può gettarla nel cestino.



grazie

un saluto cordiale a tutti/e

ciao

Eugenio Baronti





Alcune riflessioni e proposte dopo il disastro elettorale del 13 e 14 aprile 2008



Dopo una sconfitta elettorale catastrofica come quella che abbiamo subito, c'è bisogno da parte di tutti noi di una forte dose di buon senso e di una grande prova di responsabilità individuale e collettiva. Di fronte a noi abbiamo due sole possibilità: ricominciare un percorso per ricostruire una sinistra popolare forte e radicata nella società, oppure completare l'opera della nostra totale dissoluzione sparandoci con le nostre stesse mani il colpo di grazia. Questa seconda ipotesi sarà una inevitabile conseguenza se nei prossimi giorni prevarrà l'ira e un clima di resa dei conti. Non servono in questo momento le urla scomposte, le reciproche accuse e recriminazioni, la ricerca di un capro espiatorio, tanto meno servono, forme rapide di giustizia sommaria, se prevarrà tutto questo, allora noi stessi metteremo la parola fine alla esistenza di una sinistra nel nostro paese. Oggi ci giochiamo un intero patrimonio umano di militanti, magari stanchi e disillusi, ma ancora in piedi. Dividerci ulteriormente più di quanto lo siamo già oggi, significherebbe aggiungere catastrofe a catastrofe, provocando la nostra estinzione definitiva.



Oggi più che mai le semplificazioni e le scorciatoie non portano da nessuna parte, chi riduce il tutto a responsabilità di parte dei gruppi dirigenti o addirittura alla rinuncia del simbolo è completamente fuori rotta, esattamente da un'altra parte rispetto alla società italiana che ci ha mandato un segnale estremamente chiaro e forte, purtroppo per tutti noi, le cose non sono mai semplici ma maledettamente complesse.

Siamo di fronte ad una crisi verticale tra tutte le attuali forze della sinistra italiana e il paese, c'è estremo bisogno di tornare a capire la società di oggi, riaprire canali di comunicazione con i territori, reinventarci forme e modalità organizzative nuove che ci possano permettere di iniziare e portare avanti con successo questo percorso di rinascita.

Chi pensa di salvarsi scegliendo la via dell'orgoglio identitario affidandosi alla residuale forza di trascinamento simbolica della falce e martello si condanna alla residualità e alla totale inefficacia politica, si consegna con le proprie mani, al museo della storia. Non possiamo e non dobbiamo tornare indietro, la sfida che ci ha fatto nascere è stata l'idea di rifondare una cultura politica ed un'idea nuova di comunismo, procedendo ad una profonda rivisitazione critica della nostra storia. Su questa strada abbiamo fatto passi in avanti, questo tragico aprile ci dice purtroppo, che non sono stati ancora sufficienti.

Ai lavoratori e alla povera gente d'Italia non serve a niente la presenza sulle schede elettorali di qualche piccolo partito comunista dello zero o dell'uno virgola qualche cosa.

La sinistra non può limitarsi a garantirsi la semplice sopravvivenza o un semplice diritto di tribuna, non basta salvarci l'anima, c'è bisogno di una sinistra viva e dinamica e ce né bisogno oggi, agli inizi di questo XXI secolo, come forza utile efficace, che sappia incidere nelle politiche e nelle prospettive di questo paese



Ci attende un lungo cammino, una vera e propria attraversata del deserto, dove niente sarà scontato perché non sta scritto da nessuna parte che quando si cade si è capaci sempre e comunque di rialzarsi, dipende da noi, se ci muoveremo con convinzione tutti nella stessa direzione di marcia senza disperdere forze. Non sarà nemmeno facile ritornare in parlamento perché ci sarà di sicuro una nuova legge elettorale targata PD, PDL fatta a loro immagine e somiglianza. Nei modelli

istituzionali di tradizione anglosassoni fondati sul bipartitismo, vedi Inghilterra e USA non sono ammessi terzi incomodi, non c'è spazio per una sinistra politica forte e radicata. In questi paesi la sinistra è ridotta ad un arcipelago di gruppi, associazioni, circoli intellettuali, vivaci, creativi ma ininfluenti e completamente del tutto fuori da ogni possibilità di condizionare la politica.



Una situazione straordinaria necessita di una risposta altrettanto straordinaria, quel processo di rinnovamento di rifondazione di una nuova cultura politica, di ripensamento di modi, forme e pratiche del nostro agire, di cui abbiamo parlato a vuoto per tanti anni, oggi diventa una condizione indispensabile per poter ripartire.

Siamo rimasti schiacciati tra l'incudine e il martello, da una parte compagni inferociti e profondamente delusi dall'esito negativo della nostra partecipazione al governo Prodi che ci hanno punito con la loro astensione, dall'altra, una larghissima fetta, oltre un milione e mezzo di elettori, hanno ceduto ai richiami al voto utile al PD o IDV per fermare Berlusconi, addirittura tra questi molti ci hanno abbandonato perché ci hanno considerato elementi perturbativi della governabilità, ma, tuttavia, non basta questo per capire le dimensioni della disfatta perché non è la prima volta che siamo stati sottoposti al ricatto del voto utile, anzi quasi sempre questa arma è stata usata contro di noi, ma in altre circostanze siamo riusciti a resistere più o meno bene. Oggi no, ci hanno spazzato via, quindi c'è qualcosa di più e di diverso e di molto più grave e profondo che ha spinto, addirittura, nostri elettori nei quartieri popolari a votare Lega o peggio ancora per la destra.



Siamo stati percepiti come vecchi, inefficaci, la nostra offerta politica rinsecchita e improvvisata come la nostra unità giudicata posticcia e di facciata, pronta a dissolversi come neve al sole all'indomani del voto, percepita come assemblaggio di ceti politici intellettuali chiusi e ristretti, distanti dalla realtà quotidiana del popolo e dei lavoratori.



Troppo tempo, negli ultimi anni, lo abbiamo passato rinchiusi tra quattro mura a disquisire e a litigare su cose ininfluenti sulla vita quotidiana delle persone in carne ed ossa.

Senza accorgersene, ci siamo trasformati progressivamente in piccole comunità politiche litigiose e separate, perché, in una società sempre più frantumata, imbarbarita, intollerante, razzista, egoista, come quella di oggi, non è facile starci dentro, comunicarci, ricostruire unità e un'idea di partecipazione per una politica strumento utile per cambiare le condizioni della propria esistenza..

Dentro questa profonda frattura tra il nostro agire politico e la società vanno ricercate le ragioni vere di questa nostra sconfitta.



Ci sono ovviamente ragioni strutturali e oggettive che producono a piene mani disgregazione sociale e degrado culturale e politico. La globalizzazione e un ventennio di politiche neoliberiste hanno profondamente mutato, disgregato e ridisegnato il quadro sociale, mettendo in crisi i valori tradizionali della sinistra, favorendo il diffondersi del pensiero berlusconiano fin dentro le viscere di questa società italiana.

Noi siamo andati dritti sulla nostra strada riproponendo e riproducendo, oggi come ieri, le stesse modalità organizzative, gli stessi inefficaci strumenti, le solite vuote liturgie di un modo stantio di far politica morto che non riesce più a trasmettere niente, incapace di coinvolgere e di aggregare.



La buona politica si nutre di passione, di valori, di idealità ma anche di concretezza e di umiltà.



Di cosa c'è bisogno oggi? Di immergersi dentro la società, per un bagno rivitalizzante di concretezza e di umiltà, confrontarsi con tutti e non solo tra di noi, confrontarsi con realtà diverse , in luoghi diversi, costruendo legami e relazioni fuori dal solito giro divenuto, con il passare degli anni e con l'acuirsi della crisi della politica e della militanza, sempre più chiuso e ristretto.



La sinistra tutta ha bisogno di chiudere con il politicismo e anche con il politichese, deve tornare a parlare un linguaggio semplice che possa essere compreso da tutti, nelle fabbriche e nei quartieri popolari, senza per questo adeguarsi e adagiarsi sull'esistente, riscoprendo e rilanciando la funzione pedagogica della politica come palestra ed esercizio di democrazia e di partecipazione, dobbiamo caratterizzarsi come la sinistra del fare, per dare risposte concrete alle esigenze, ai bisogni e alle domande sociali. Una sinistra parolaia che strilla e chiede la luna senza indicare il come, il quando e con chi e non è capace di costruire niente, ha stancato ed è diventata insopportabile.



In questi indimenticabili giorni, in cui sembra che il mondo intero ci sia precipitato addosso, schiacciati e soffocati dal peso esagerato di questa sconfitta, dobbiamo insieme reagire e riuscire a trovare il bandolo della matassa, dobbiamo trovare per forza una via di uscita e questa, più che dalle elaborazioni di qualche intellettuale o da qualche risoluzione di una qualche segreteria, può venire solo da tutti noi, dall'assunzione collettiva e consapevole di questa grande responsabilità storica, dalla nostra capacità di comunicare e confrontarci orizzontalmente tra noi e i nostri territori.

Dobbiamo però essere capaci di rimetterci in discussione, imparare ad ascoltarci, disponibili a cambiare noi stessi, il nostro modo di fare e di agire, abbandonando vecchi vizi e comportamenti consolidati.

Bisogna iniziare un'opera di costruzione nella società di buone pratiche virtuose e luoghi aperti dove si manifesti nel concreto la nostra diversità e alternatività rispetto alla politica e alla cultura dominante, luoghi che assumono progressivamente i connotati di una comunità di lavoratori e di popolo, aperta e solidale, in cui si costruisce organizzazione, azione e lotte ma anche cultura, mutualità, socialità, relazioni umane e sociali che rompono una condizione esistenziale di solitudine in cui oggi sono condannati a vivere una moltitudine di cittadini dei tanti quartieri popolari dormitorio delle periferie delle nostre città .



Dobbiamo rimetterci al lavoro misurandoci con problemi, piccoli e grandi, ordinari o straordinari e chi sta dentro alle istituzioni locali deve essere in grado di sfidare il tran tran quotidiano, la pigrizia atavica delle pubbliche amministrazioni e dei loro mummificati apparati burocratici amministrativi così efficaci ed efficienti a smorzare ogni entusiasmo, ogni voglia di fare e di cambiare l'esistente, nessuno di noi può più permetterci di essere un semplice amministratore di una ordinaria insopportabile normalità, e quando non si riesce a cavare un ragno dal buco, allora è bene uscirne fuori. Bisogna sottoporre a continua verifica il nostro agire dentro le istituzioni, valutare e capire se ne vale la pena, se esserci o non esserci fa differenza e mai i gruppi nelle istituzioni devono divenire corpi separati. Vivere contraddizioni è inevitabile in questa epoca storica e con questi rapporti di forza sociali e politici ma mai si deve accettare una divaricazione troppo grande tra il dire e il fare, tale da diventare agli occhi della gente insostenibile.



La nostra presenza nelle istituzioni locali deve servire da sponda e supporto al movimento, utile a far crescere e a realizzare buone pratiche sui territori, capaci di rappresentare l'esempio concreto virtuoso che ci da spinta e forza per conquistare consenso e forza.



Il nostro futuro oggi è tutto nelle nostre mani e non ci illudiamo che i ceti politici dei partiti esistenti possano offrirci la soluzione ed indicarci la via di uscita da questa situazione disastrosa. Non sono in grado di farlo perché ormai sono saltati rapporti di fiducia, prevalgono voglia di rivincite e di resa dei conti, non potranno mai farcela da soli, loro devono essere della partita ma non gli unici a giocarla, dobbiamo scendere in campo tutti, una testa un voto, ricominciare un percorso partecipato aperto, plurale, darci regole democratiche, modalità organizzative, strumenti efficaci per ricostruire una sinistra forte utile, efficace in questo paese dove ce né un bisogno estremo.



Per far questo non è necessario, anzi è controproducente lo scioglimento di Rifondazione che rappresenta sicuramente il più importante patrimonio umano di militanza politica di sinistra in questo paese, il soggetto che più di ogni altro si è posto con forza la necessità di una profonda innovazione culturale, politica e teorica. Rifondazione deve starci dentro questo processo, come un patrimonio collettivo ma deve starci alla pari senza nessuna posizione predominante, compagni/e tra compagni/e con la doppia tessera in tasca perché il nuovo soggetto politico unitario e plurale deve fin da subito dare la possibilità a tutti di starci dentro a pieno titolo con una tessera propria di adesione e con una propria forma organizzativa federale fortemente radicata, unitaria e diffusa a livello territoriale in migliaia di case della sinistra.



Gli scioglimenti forzati comportano sempre lacerazioni e traumi politici profondi e inevitabili ulteriori scissioni, abbandoni generalizzati di migliaia di militanti, uno scenario questo che potrebbe pregiudicare negativamente il processo di ricostruzione della sinistra.

Prima di buttare giù una casa se ne costruisce un'altra più solida e più bella, dopo si può anche decidere insieme di privarcene perché superata e diventata inutile, fare l'operazione inversa è estremamente rischioso, potrebbe anche accadere di rimanere tutti senza alcun tetto sopra le nostre teste, esposti completamente a tutte le intemperie presenti, prossime e future.



Eugenio Baronti

Rifondazione Comunista

Assessore Regione Toscana