Autore: biondino Data: To: incontrotempo, pop Oggetto: [Incontrotempo] Enjoy the silence...
ENJOY THE SILENCE...
Abbiamo scritto questo documento per condividere il dibattito del
collettivo Acrobax su quello che sta accadendo nella nostra citta' e non
solo.
Sono passati cinque anni da quando abbiamo occupato gli spazi dell’ex
cinodromo, cercando di animare insieme a tanti altri il conflitto sociale a
Roma. Abbiamo lanciato ed accolto una serie di suggestioni, che ci hanno
spinto a definire lo spazio che quotidianamente viviamo come 'laboratorio'.
Spesso dunque abbiamo usato la parola sperimentazione: e' accaduto nel caso
di vertenze sul lavoro, di campagne di comunicazione sociale o di
iniziative politiche nazionali.
Vista la mancanza di luoghi realmente pubblici di dibattito comunichiamo
con trasparenza le scelte politiche che abbiamo deciso di intraprendere.
Affermiamo prima di tutto che la maggior parte delle contraddizioni che
viviamo in questo angolo di mondo traggono origine, da quei processi
economici globali oggetto della critica dei movimenti sociali da Seattle in
avanti. Lo sfruttamento e la privatizzazione delle risorse primarie e dei
beni comuni, la divisione internazionale del lavoro, la guerra globale e
permanente, la devastazione ambientale, la finanziarizzazione
dell’economia sono solo alcune delle scelte e delle conseguenze del
capitalismo globale. Lo 'strapotere dell’economia sulla politica, dell’
economia capitalista sul ruolo della politica, tendono ormai
inesorabilmente a fare della prima il modello anche di governo delle
contraddizioni, dei processi di sviluppo, finanche dei valori, a scapito
della seconda, cioe' la politica, ormai sempre piu' attenta a garantire i
profitti dei grandi e medi imprenditori, delle multinazionali, minacciando
sempre piu' spesso gli interessi generali e ancor di piu' delle classi
subalterne. Tanto che il ruolo stesso della politica entra in crisi a
partire proprio dalle forme della rappresentanza e prima di tutte quella
istituzionale. Come se lo strapotere dell’economia, o meglio dello
sfruttamento capitalistico, sembra non avere alcuna frontiera da
oltrepassare avendo ormai distrutto o meglio, soggiogato, il ruolo e le
finalita' stesse della politica sempre piu' forma di leggittimazione alle
scelte del capitale'…
E’ sempre piu' evidente che le istituzioni internazionali, dal G8 al
Fondo Monetario Internazionale, sono le forme del nuovo regolazionismo
globale dove il principio di rappresentanza poitica definitivamente
soccombe di fronte alla centralita' dell'economia e del suo funzionamento,
lo strumento che serve a legittimare lo sfruttamento di milioni di persone
in tutto il mondo.
L'Italia, a partire proprio dalle trasformazioni produttive avvenute negli
ultimi decenni, con la frammentazione del lavoro e l'impresa a rete,
risponde a questa doppio livello, del capitale e della politica,
riformulando una azione sistemica: passare da un paese che ha sempre visto
la rapprensentanza tener conto delle diverse anime anche culturali che si
sono rese protagoniste spesso dell'assetto istituzionale, in un paese a
carattere bipolare e bipartitico che tende alla soluzione presidenzialista
per garantire governabilita' alle scelte sia politiche che economiche.
Ma c’e' di piu': l’accelerazione verso il bipartitismo non solo e'
sempre piu' costitutiva dello spazio politico istituzionale odierno, ma i
suoi dispositivi, dalla nascita del PD - e del suo simmetrico contro-altare
PDL - in avanti, stanno permeando progressivamente lo stesso tessuto
sociale sul quale poi si esercitano le prove di democrazia blindata ed
eterodiretta.
Un sistema sul quale scommettono quei poteri forti che hanno bisogno della
parte sostanziale di cio' che va sotto la denominazione di 'governo delle
larghe intese', in particolare quando si tratta di governare le
contraddizioni sociali. Poteri forti che non cercano tanto la
formalizzazione di un esplicito accordo di governo tra le parti, quanto
piuttosto, un accordo di sistema che va al di la' di chi poi effettivamente
governa e vince le elezioni per far fronte ai due scenari che sono
indissolubilmente legati: da un lato perseguire l’univoca direzione del
neoliberismo globale per le riforme istituzionali, i mercati, il lavoro, il
welfare e via discorrendo, dall’altro far fronte alle tensioni e alle
conseguenze sociali che tutto cio' comporta e comportera' nel futuro
prossimo. Questo intervenendo con un profilo neo-autoritario della
governance sulle contraddizioni materiali, sui conflitti sociali e sulle
nuove frontiere tecnologiche
Un’accelerazione bipartitica che sta permeando il sociale con un duplice
risultato: da un lato conquistare un riverente e mediocre consenso che si
moltiplica negli atteggiamenti passivi, senza piu' consapevolezza e critica
e cioe' far credere che la semplificazione bipartitica risolva i mali del
paese, dall'altro l’abbandono della partecipazione politica come
possibile spazio di trasformazione.
Tutto cio' appare ancora piu' chiaro in questo periodo in cui ci troviamo
nel vivo della campagna elettorale. La scelta non e' neanche piu' quella
del “menopeggio”, piuttosto e' la scelta di non poter, e da parte
nostra non voler scegliere, perche' le nostre scelte sono le nostre lotte e
i nostri vissuti quotidiani, perche' le nostre scelte guardano altrove.
Si tratta piuttosto di una questione centrale che potremmo definire di
onesta' intellettuale, culturale e politica. Non si puo' non leggere la
crisi della rappresentanza politica istituzionale di fronte ai movimenti
del NO che, con mille difficolta' e contraddizioni dalla Val di Susa a
Vicenza passando per la Campania coperta di rifiuti, stanno ponendo con
forza una questione dal sapore antico ossia: chi decide delle nostre vite?!
In questa fase non si puo', a nostro giudizio, essere contigui con quel
mondo prepotente ed arrogante del potere politico che e' un potere sempre
piu' corrotto ed attento affinche' si garantiscano quelle forme di
sfruttamento e profitto che sono sotto gli occhi di tutti.
Dagli scandali finanziari legati alle speculazioni immobiliari, ai cannoli
avvelenati del presidente della regione Sicilia, dalla mondezza di don
Antonio Bassolino, alle vergogne ed infamie del g8, dallo scandalo della
Banca d'Italia al crak parmalat, dalla corruzione dei servizi segreti alle
inchieste insabbiate e dimenticate sui politici collusi con i poteri forti.
Squallido contraltare di questo e' la scelta di candidare personaggi
simbolici, dall'operaio della Thyessen alla mamma di Valerio Verbano,
strumentalizzando cosi' tragedie sociali o storie politiche come pura merce
elettorale.
Di fronte a tanto rumore, siamo felici di scegliere il silenzio.
Crediamo che sia necessario un processo costituente dei movimenti che ponga
la questione della rappresentanza sociale dei conflitti aperti.
Ma ora, prima di tutto, c'e' da fare conflitto, cospirazione, agitazione,
individuando le giuste alternative per costruire spazi partecipati, sempre
piu' ampi. Non condividiamo dunque la scelta di chi si candida, anche se
solo nelle elezioni locali, perche' la nostra prospettiva generale di
iniziativa contro la condizione diffusa di precarieta' lavorativa e
sociale, ci porta a scegliere la strada della riproducibilita',
dell'autorganizzazione, del protagonismo sociale.
Lo diciamo alla luce di una quotidianita' vissuta in una metropoli come
Roma dove, sotto un tappeto di lustrini e abbracci ecumenici, e' stata
nascosta la vita incerta, in bilico e precaria di migliaia di persone. Le
trasformazioni urbanistiche, le speculazioni e la precarieta' disegnano
giorno per giorno il volto di Roma. Sono frutto di contiguita' e interessi
milionari, sanciti ormai nel nuovo Piano Regolatore che rappresenta la
grande opera conclusiva degli ultimi vent'anni di governo del
centro-sinistra. Cemento e ridefinizione della vocazione di interi
quartieri e quadranti di Roma, della loro composizione e soprattutto del
loro valore di mercato. A fronte di cio' una precarieta' abitativa dalle
cifre vertiginose, che impone a chi la vive lo strozzo di un mutuo o di un
affitto, soluzioni in sovraffollamento o convivenze forzate. Una metropoli
che si adegua al modello europeo di gestione e controllo sociale, fatta di
espulsione obbligata in territori sempre piu' periferici da cui ne deriva
una vita di pendolarismo, per migliaia di precari e precarie, tra i
quartieri di nuova edificazione e la citta' vetrina e blindata del centro.
Come in tutte le metropoli moderne, il modello di governance delle
contraddizioni impone la blindatura dei centri della citta', destinati ad
essere spazio commerciale all’aperto, e riconfigurando gli spazi
semi-periferici e periferici come luoghi di produzione e consumo materiale
e immateriale.
La nuova citta' metropolitana attraverso gli accordi tra i poteri forti, i
grandi consorzi cooperativi, il terzo settore, il terziario avanzato,
l'industria culturale, e' espressione della capacita'
dell’amministrazione di Roma guidata da Walter Veltroni di gestire questa
citta' come un'azienda regalando a piene mani precarieta' e sfruttamento a
tutti gli altri.
Roma infatti resta la citta' con la piu' alta concentrazione di lavoratori
precari di tutta Italia, quasi il 15% del dato nazionale, a cui si aggiunge
il lavoro sommerso e nero che pur non essendo rappresentabile
statisticamente, incide come elemento trainante di diversi settori
economici: dall’edilizia all’industria del divertimento fino ai servizi
di cura alla persona. Il miracolo romano lo si puo' leggere anche così:
una enorme produzione di ricchezza che si basa su un esercito di lavoro
precario.
Il modello Roma, la locomotiva d’Italia, con l’aumento costante del Pil
crea il proprio immaginario sulla partecipazione. Roma ogni giorno per le
strade vende la finzione del suo marchio. La potremmo definire “la
capitale della simulata partecipazione democratica”, in cui esiste una
vera e propria verticalizzazione “in alto” del potere politico, chiuso
in stanze sempre piu' appartate, ridefinendo il ruolo del Sindaco come il
manager di un'impresa. Il basso serve solo a sostenere l’alto, a portare
consenso: non deve avere autonomia e non puo' avere progetto. In alto, se
continua a manifestarsi conflitto dentro la politica esso e' di
“lobby”, tra fazioni e cordate. In basso, il mondo enfatizzato
dell’associazionismo e l’universo variegato e molteplice dei movimenti
sociali hanno solo una funzione di “spia” di interessi, bisogni e
desideri: se si esprimono e se superano una certa soglia li si intercetta,
si trova una mediazione o si reprime nell’invisibilita', con vere e
proprie operazioni di polizia.
Chi si candida oggi, nel tentativo di rappresentare le alterita', o a porsi
come spazio di gestione e mediazione dei conflitti, rischia di condannare i
migliori elementi di originalita' ed innovazione propri delle lotte sociali
e delle intelligenze di chi le anima ad un meccanismo di sussunzione ad un
sistema della compatibilita'. Sistema che invece andrebbe una volta per
tutte smascherato e deriso, decostruito e abbandonato.
Grandi annunci e operazioni di marketing politico e territoriale ci
propongono la ricetta che viene decantata da Veltroni anche come segretario
del PD: ripresa e crescita economica da un lato e tagli alla spesa pubblica
dall'altro. Poi, in un secondo tempo, si potra' redistribuire. “Dopo,
piu' in la', nel futuro”: i termini del vocabolario dell’incertezza a
cui ci hanno abituato. Nella realta' questo si traduce
nell’impossibilita' di immaginare, progettare e praticare un futuro.
E' per questo che da tempo usiamo definire la vita che ci costringono a
fare una vita da pazzi, una vida loca; una vita che, pero', potrebbe essere
risignificata, una vita vissuta follemente e rivoltata di senso, affermando
diritti negati e rivendicando la potenza del rifiuto.
Abbiamo voglia e necessita' di consolidare esperienze, sedimentare
relazioni, avviare forme di lotta costituenti di societa' altra.
Il silenzio nei confronti di un mondo, non vuol dire silenzio nei confronti
del mondo intero.
Il nostro silenzio, oggi, nella fase politica del supermarket elettorale,
non vorra' dire immobilita', non e' una scelta passiva. Abbiamo bisogno, al
contrario, di agirlo. Lo immaginiamo come una sorta di virus sotterraneo:
un movimento lento ed inesorabile che possa trovare dei varchi dove,
finalmente, esplodere e dilagare, per noi il senso della politica e' puro
piacere e non puo' essere rinchiuso nella tattica e nell'opportunismo.
Abbiamo trovato infatti, in questi anni, delle risposte ai nostri quesiti,
ma le trasformazioni e la condizione di precarieta' diffusa ci hanno posto
delle nuove ed incalzanti questioni. La certezza che abbiamo e' che queste
condizioni vadano affrontate in una dinamica comune.
Questo significa leggere le pulsioni spontanee espressione del sociale e
capire come si conquistano nuovi territori di cospirazione e conflitto,
mentre rifiutiamo la politica spettacolo, dei media mainstream e delle
decisioni ristrette della politica di palazzo.
Vogliamo valorizzare le specificita' dei percorsi che viviamo e poter
trovare il difficile equilibrio tra l’attivazione e la precarieta' che
segna i ritmi delle nostre giornate.
Vorremmo poter scegliere di camminare in autonomia perche' continuiamo a
pensare ad una societa' altra e consapevole in cui gli uomini e le donne
siano libere di compiere le proprie scelte all’interno di garanzie
sociali collettive che in questo paese sono negate. Vorremmo paragonare
questa fase in cui entriamo al silenzio degli zapatisti: ritirarsi dagli
spazi, a tratti privatizzati, del cielo della politica per poterci dedicare
agli spazi, sicuramente piu' interessanti, della politica nella societa',
dal basso.
Non a caso pubblichiamo questo documento nel giorno in cui viene imposto il
silenzio elettorale
vorremmo remixare un vecchio slogan: