il dibattito continua..........
Caro Eugenio
Che tu abbia trovato il tempo di scrivermi una lettera così lunga, in un momento in cui il tuo tempo certamente è prezioso e conteso da mille impegni, non può che essere accolto come una ulteriore dimostrazione, se ce ne fosse bisogno, di un' amicizia profonda e cara che ci lega.
Vorrei rispondere a tutti i punti da te toccati ma al momento credo importante toccarne solo alcuni. Anzi penso che questo carteggio fra te e me possa essere utili ad altri e lascio a te di decidere se renderne partecipi gli amici più vicini. Il mio discorso infatti sarebbe superfluo se rivolto a te solo: è un approfondimento ad altra voce del mio scritto precedente ed ha un senso solo se i punti salienti servono a aprire quel dibattito che vado cercando di provocare.
Premetto che non ho fatto a nessuno pressioni perché sposi la mia posizione. Ho solo voluto prendere una posizione provocatoria per invitare ad aprire una riflessione, che però non trova interlocutori e tu sei solo il secondo e, temo, l' ultimo.
Ho visto molte persone, con nome e cognome, a noi vicina, anzi vicinissima, allontanarsi in silenzio, delusa. Non ci siamo fermati per chiedere loro perché. Con un minimo sforzo puoi immaginare alcuni dei nomi cui mi riferisco. Compagni e compagne generosi e intelligenti, delusi da un modo di fare politica che è vecchio ed al quale non basta supplire con impegni generosi come il tuo, di Alessio, di Giuseppe e di pochi altri. Il loro andarsene doveva interpellarci e invece siamo rimasti muti, o abbiamo pensato (e detto) che erano dei deboli, dei pusillanimi.
Tu sai bene, o dovresti saperlo, che io non ho ceduto a <la tentazione e la voglia di mandare tutti a quel paese>, perché ho abbastanza chiaro che siamo sulla stessa barca che sta affondando. E pompo la mia parte di acqua. Ma ho contestato e contesto la rotta, e lo rivendico come diritto e come dovere. In una pratica politica sfilacciata e mucillaginosa vegetano bene le amebe, queste entità prive di forma propria e capaci di adattarsi a qualunque contenitore. Non è il momento di essere amebe, ma quello di costringere a chiarire le proprie posizioni, a partire da coloro che vogliono rappresentare la <nuova> sinistra, che così nuova non sarà e non può essere visto come ha affrontato questa situazione: come ha affrontato, tardi e male, solo per necessità, il problema dell' unità; come ha proceduto a scegliere i nomi degli <eletti>, per cordate di potere e non per criteri ragionati (alcuni nomi mi hanno indignato e sono stati la goccia che ha fatto tracimare un vaso già colmo); per i criteri vecchi di candidare persone in seggi lontani dai luoghi di origine, solo per assicurare una eleggibilità sottratta al giudizio di chi avrebbe le ragioni per giudicarli a ragion veduta. A queste cose né la Gagliardi l' altra sera né te ora rispondete.
Noi possiamo essere liberi, non siamo <prigionieri di un sistema perverso> come tu dici, a cui almeno individualmente, ma comunque non necessariamente da soli, ci si può sottrarre, per prepararne uno alternativa. E ho la fortuna di avere alcuni compagni di viaggio con cui tentiamo di rafforzare questa nostra libertà, magari vista solo in lontananza, possibile e non certa. Prigioniero è chi crede che esista una sola scelta, un solo modo di fare politica, un solo modo di lavorare per il bene comune.
Tu scrivi : <la spinta dei movimenti è venuta meno, anzi non c' è stata proprio>. E vieni così ad un nodo per me centrale. Il modo come si è tentato di strumentalizzare i movimenti, inglobandoli (e anestetizzandoli) e cercando di cavalcarli elettoralmente è da tempo il nodo centrale del mio dissenso, con i partiti della sinistra, nel caso specifico Rifondazione, e con parte dei movimenti stessi, che costituiscono una galassia così vasta che ci puoi trovare di tutto. E in questa voi tuttora sulla breccia partitica avete fatto le vostre scelte. Avete scelto i più rumorosi, i più sguaiati, o i più ambiziosi, allontanandovi dagli altri, i più pensosi e, certo, i meno <allineabili>. Avere visto Caruso e Farina candidati in Veneto, e la Siniscalchi in Friuli, è stata la goccia di cui dicevo prima. Il massimo del tentativo di cooptazione dei movimenti, che tu fra l' altro dichiari incapaci di spinta. Errare humanum est, perseverare diabolicum. Dopo avere ingaggiato certi movimenti, insistete. Quindi la colpa non è dei movimenti in generale, come affermi. Certo, c' è una retorica di sinistra che scambia tre <dissidenti> rumorosi per un movimento. Mentre i movimenti in questo momento sono assai più deboli di quanto abbiate creduto o si vorrebbe far credere, e il problema che mi sta a cuore è quello di far crescere in modo robusto e indipendente questo interlocutore esterno, e non di aumentare la confusione delle sue componenti meno nobili (mi assumo la responsabilità di ciò che dico sapendo bene che mi aprirà, anzi mi ha già aperto altri fronti di ostilità) distribuendo posti di visibilità e buone rendite. Su questo Bertinotti & C hanno manifestato il massimo di improvvisazione e/o di disinformazione.
Io non sono morto, e con me altri, vivaddio !. E a una sinistra che vuole rinascere noi siamo più necessari di qualche migliaio di voti in più o meno. Perché o la sinistra avrà un ricambio profondo di etica e di idee ma anche di personaggi, o non sarà. E può darsi che questa sinistra vedrà nascere alcune componenti importanti al di fuori di un contenitore già usurato, dove le fila sono ancora tirate più in alto dei Baronti o dei Ciacci, il cui lavoro stimo e apprezzo e non reputo inutile. Insufficiente però sì, senza un ampio, doloroso, profondo rivolgimento.
Tu dici <è più di vent' anni che ci stiamo provando senza successo> a costruire una sinistra all' altezza della sfida. Bene, non è il momento di chiedersi il perché? E il farlo, in modo provocatorio come certo è stato al momento il mio, non è forse l' unico modo che ci avete lasciato? Solo con amputazioni dolorose il quasi cadavere potrà dare origine a quella <coraggiosa e determinata azione di ricostruzione della sinistra> che giustamente invochi. Sarà l' <ultima occasione>, tu dici. A parte che la storia insegna, magari con costi dolorosi, che non esistono <ultime occasioni>, ma se così fosse e questa lo fosse, sei certo che servano più i pannicelli caldi o i cataplasmi di un buon bisturi? Tu parli al futuro : faremo, dovremo, costruiremo. Io ho considerato inaccettabili alcune scelte di questo presente elettorale, recentissime: i modi con cui abbiamo costruito il terreno e le forme della sfida. Se ci fosse l' intenzione seria di cambiare, perché non avere cominciato dalle cose prima dette, senza rinviare? Si è pensato di dare qualche segno concreto annunciando cose invece risibili, gattopardesche.
Stai certo, io sopravviverò come animale politico (per ora almeno, fisicità permettendo) e continuerò a fare politica. Come del resto sto facendo. Magari in modo che a molti non piacerà. Sbagliato? O forse no? Chi sa?
Con affetto sincero
Aldo
Caro Aldo,
vorrei tentare di risponderti perchè ad essere sincero la tua astensione dichiarata, l'altra sera a Camigliano, non mi ha stupito ma mi ha fatto male lo stesso, non solo per la stima e l'affetto che ti porto ma perchè rappresenta un ulteriore segnale, tra i tanti, di forte disagio che c'è oggi dentro il popolo di sinistra mai come adesso , deluso, scoraggiato, disorientato in cui è forte la tentazione e la voglia di mandare tutti a quel paese.
Se la situazione presso a poco è questa, allora è del tutto ovvio, che errori ne sono stati commessi perchè niente è semplice e tutto è estremamente e maledettamente complesso. Il governo Prodi ci ha massacrato. E' vero, costatazione alquanto scontata, dentro l'evidenza delle cose, non servono grandi sforzi per capirlo ma, allora?
Chi si ricorda il clima politico di appena due anni fa, la domanda forte e pressante di unità, quei milioni in fila davanti ai seggi per le primarie che sorpresero e stupirono tutti, potevamo fare diversamente? Avevamo una alternativa in quel momento e in quel contesto politico? NO, Se avessimo rotto l'Unione per andare alle urne da soli consegnando il paese per altri cinque anni a Berlusconi ci avrebbero bruciati vivi sulle piazze, saremmo stati spazzati via nel giro di una settimana. Facile rispondere che comunque questa disastrosa prospettiva è all'ordine del giorno anche dell'oggi e che quindi con quella scelta abbiamo solo prolungato l'agonia.
Avevamo scommesso che questo grande spirito unitario, voglia di cambiare e la spinta forte dei movimenti ci avrebbero aiutato e permesso di spingere verso un cambiamento sicuramente non radicale e rivoluzionario ma almeno timidamente riformatore, che, dato i tempi e i rapporti di forza reali nella società , era comunque un obiettivo non disdicevole. Non si è verificato niente di tutto questo, la spinta dei movimenti è venuta meno, anzi non c'è stata proprio, e soprattutto abbiamo sicuramente sbagliato a festeggiare una vittoria elettorale inesistente, pensando di poter governare lo stesso con una non maggioranza sottoposta ai ricatti e alle bizze quotidiane di chiunque si alzasse al mattino con la luna di traverso. Ma anche qui, domanda, potevamo rompere e trascinare di nuovo ad elezioni un paese in crisi, in declino , passivizzato e rancoroso?
Noi non siamo liberi, siamo prigionieri di un sistema perverso e non riusciamo a trovare le modalità e una via di uscita per liberarci rimanendo però vivi, perchè, se è vero che oggi forse serviamo a poco perchè malridotti da questa esperienza, è altrettanto sicuro che da morti serviamo ancora di meno. Siamo stritolati tra l'incudine e il martello, tra il tirarsi fuori con il rischio di essere condannati e ridotti alla residualità e marginalità politica, completamente ininfluenti sui processi politici e sociali e lo stare dentro, dovendo attraversare e vivere passaggi politici e contraddizioni gigantesche che ci sfibrano, ci dividono, ci fanno litigare e, sicuramente, ci fanno anche male a livello personale.
Tante sono le vie di fuga, per esempio, ognuno può fondare il suo partitino a sua immagine e somiglianza, ce ne sono già sette o otto, o forse di più, magari per ritagliare un momento di gloria a qualche strimizzito ceto politico e una fugace comparsa sul palcooscenico politico elettorale ad illustrare programmi del tipo: esproprio di tutte le proprietà del vaticano, nazionalizzazione di tutte le banche, governo operaio, ecc. ecc. una sinistra parolaia, ininfluente e insopportabile oggi nel bel mezzo di un passaggio epocale dove è in gioco tutto, la nostra vita, quella del pianeta sul quale viviamo e di conseguenza la possibilità stessa per le future generazioni di poter continuare ad esserci con condizioni di vita accettabili.
Se un partito non è un fine ma un mezzo, uno strumento per trasformare lo stato delle cose esistenti, allora deve essere uno strumento utile, necessario, percepito così almeno da una parte del popolo italiano che decide di utilizzarlo, di servirsene per cambiare le proprie condizioni di vita e di lavoro. Negli anni settanta la nuova sinistra divisa in mille rivoli ma capace di grande generosità e con grandi capacità di lotta e di mobilitazione ad ogni vigilia elettorale sembrava dovesse incassare tutta questa sua grande capacità di lotta e di mobilitazione, tranne il giorno dopo le elezioni piangersi addosso per quel 1,5% inchiodato sulle nostre spalle per un quindicennio. La gente che lottava con noi per tutto l'anno in cabina elettorale sceglieva il PCI per il voto utile, quella logica utilitaristica del voto che ancora oggi spinge tanti elettori in buona fede a votare per Veltroni. Tanti domenica prossima sceglieranno purtroppo ancora una volta Il voto utile.
Obiettivo prioritario è tornare a far essere la sinistra percepita come soggetto e strumento utile, necessario, capace di coinvolgere, aggregare, mobilitare, riportare entusiasmo, idealità e una nuova speranza per un mondo più giusto ed ecosostenibile. Facile a dirsi, ma per quale Via, con quali strumenti, con quale modalità, forma e cultura politica? E' più di vent'anni che ci stiamo tentanmdo senza successo. Non possiamo arrenderci proprio ora che questo modello di sviluppo ci sta portando al disastro e la presenza di una sinistra nuova, all'altezza delle grandi sfide epocali, è oggi più che mai necessaria, bisogna tentare e ritentare, riprovarci fino a trovare una via d'uscita. La ricetta in tasca non c'è l'ha nessuno, e, coloro che pensano di avercela, sono proprio quelli più pericolosi che producono i danni maggiori.
Non abbiamo scelta, bisogna partire da quel che c'è, o come si dice in gergo popolare, da quello che passa il convento, nessuno di noi è entusiasta della Sinistra l'Arcobaleno che c'è oggi, ognuno di noi ha da ricriminare per atti e azioni intraprese che non ci piacciono, anzi ci fanno proprio incazzare. Questa è solo una partenza, l'inizio di un processo, strada facendo si aggregheranno altri oggi dubbiosi e altri li perderemo perchè non hanno sufficiente coraggio di ripensare cosa vuol dire essere di sinistra oggi nel XXI secolo e quale cultura politica è necessaria, non per sopravvire, ma per vivere nel presente con la capacità propulsiva e di trasformazione necessaria. Siamo tutti uomini, chi è senza peccato scagli la prima pietra, vizi, settarismi, invidie, gelosie, egoismi, fanno parte di questo mondo e della complessa natura umana, noi facciamo parte di questo mondo anche se non lo amiamo e lo vorremmo radicalmente diverso.
Il progetto Veltroniano del bipartitismo, per affermarsi, ha bisogno di cancellare la presenza di una sinistra politica radicata e forte. I due principali paesi che oggi hanno un sistema bipartitico sono l'Inghilterra e gli USA, in tutti e due i casi non c'è una sinistra politica forte ma una rete anche vivace di gruppi, associazioni di una sinistra intellettuale e culturale diffusa, anche fortemente radicalizzata, ma completamente marginalizzata, senza alcuna rappresentanza politica e senza nessuna possibilità di conquistarsela in una qualche elezione presente e futura. Il progetto Veltroniano può esistere solo a queste condizioni, altrimenti, la Germania insegna, si pagherebbero costi politici insostenibili. Se la sinistra esce malconcia e fortemente ridimensionata dal voto popolare potrebbe essere l'inizio della fine, perchè il reston del lavoro, il colpo di grazia, ce lo tireremo da soli con le nostre stesse mani, scannandoci per scaricare uno sull'altro le responsabilità della sconfitta, producendo una uletriore frammentazione che metterebbe per molti anni a venire la parola fine ad ogni tentativo di rifondare una nuova sinistra per il XXI secolo.
Un buon risultato ci permetterà, in questo momento, solo di sopravvivere, che, date le circostanze, i rapporti di forza reali nella società, non è cosa di poco conto.
Dal 15 aprile in poi potremo iniziare una coraggiosa e determinata azione di ricostruzione della sinistra, sarà l'ultima occasione che avremo a disposizione, dovremo recuperare e ricostruire un rapporto con e dentro la società, tra i lavoratori, il popolo, quello che non legge mai un giornale, un libro, che non frequenta mai i luoghi della politica ne quelli dell'impegno sociale e sindacale, che si nutre quotidianamente di TV spazzatura, dovremo dotarci di strumenti per fare politica, per aggregare, coinvolgere, far incontrare, discutere, dovremo in definitiva essere capaci di costruire una comunità in cui si produce cultura, socialità, mutualità e solidarietà, azione, lotte e una pratica politica del fare e non quella delle sole parole, dove si è capaci di misurarci con le contraddizioni della società contemporanea, dove ci si sporca le mani per costruire pratiche virtuose, esempi concreti che sostanziano, proprio nella capacità di fare, la nostra diversità che non la si può continuare semplicemente a proclamare, perchè non ci crede più nessuno, bisogna iniziare a viverla a praticarla.
Se non ci riusciremo non avremo una prospettiva di civiltà davani a noi ma la barbarie che avanza ogni giorno di più.
Come al solito sono stato esageratamente lungo, non so se hai avuto la pazienza di leggermi fino in fondo, se lo hai fatto, grazie
con la speranza che tu ci ripensi
un abbraccio
Eugenio Baronti
www.eugeniobaronti.it
----- Original Message -----
From: Aldo Zanchetta
To: FORUM LUCCA ; forumvalleserchio@???
Sent: Thursday, April 03, 2008 8:40 AM
Subject: [Forumlucca] a proposito di un dibattito in corso
Cari Marcantonio, Ilaria, Matteo e quant' altri si sono appassionatamente scambiati domande, risposte, preoccupazioni e speranze partendo dalla questione dei diritti alla pensione dei deputati dopo due anni e un giorno o più o meno che alcuni hanno accusato altri di aver avallata. Così non è stato, ci è stato autorevolmente detto. Ma nel contesto reale la cosa sarebbe stata verosimile e possibile. E questo è il sintomo del male da cui siamo afflitti. Per cui la cosa non avrebbe accresciuto il mio già alto livello di scandalo.
Qualcuno ha scritto giustamente che se in alcuni (molti, fra cui il sottoscritto) incazzatura c' è, essa viene da molto prima nel tempo, e su fatti ben più sostanziali.
Visto che ci troviamo in un sistema di privilegi ben costruiti e presidiati che i politici si sono costruiti nel tempo e ormai ampiamente dimostrati, a cui ci hanno anestetizzato, stare a discutere se i polli rubati sono stati cento o centouno proprio non mi sembra il nocciolo del problema. Esisteva o no per le forze che oggi compongono l' <arcobaleno>, singolarmente o tutte assieme, l' indignazione morale per quanto si veniva facendo nel tempo e la possibiltà per denunciarlo dissociandosi ? E la volontà politica per opporvisi, magari senza successo istituzionale ma con enorme valore simbolico ?
Posso confessarvi (l' ho già fatto in altre sedi) che provo rigetto a andare a votare con un sistema che ha già preordinato tutto togliendomi alla fine anche la possibilità di scelta anche dei nomi, pur se in una rosa ristretta e in certo modo pure preconfezionata?
Siamo soddisfatti dei criteri con cui sono state costruite le attuali liste, scelti i nomi, inseriti alcuni, rigettati altri? Io no, non è premonitore di alcuna volontà di cambiamento reale.
So bene che molti diranno, come già mi hanno detto, che le cose sono state così improvvise che non c' è stato tempo di fare diversamente. Perché, la necessità di una sinistra nuova e unita pur in un pluralismo sempre auspicabile, non è forse una esigenza che viene da lontano, ben prima della caduta del governo Prodi? E non era chiaro per tutti già da molti mesi che questo governo non sarebbe arrivato alla fine della legislatura? Emergenza o incapacità politica di porsi i problemi nel tempo e nel modo più costruttivo? E il mio rigetto si accresce scorrendo le liste dei nomi, appunto. Liste che comprendono nomi che frequentano le assemblee TAV e DAL MOLIN ma che poi, con perfetto trasformismo, si sono allineati in parlamento al voto sui militari all' estero, in Afganistan come nelle altre più di 20 nazioni dove in varia forma e consistenza sono presenti. Nomi paracadutati dai vertici in collegi elettorali assai diversi da quelli di origine, secondo una prassi atta a rafforzare i criteri di sicurezza del successo elettorale e quindi di privilegio, sottraendoli al giudizio diretto dei propri conterranei, del luogo ove svolgono correntemente la propria attività politica. E nessuno di costoro ha avuto il pudore di non accettare, perché ognuno di loro sente il proprio successo personale come indispensabile alla causa comune.
E, consentitemi, se il <salvatore> della <sinistra> di turno, Veltroni, non avesse deciso di correre con altri (e non da solo come si va dicendo) e avesse riproposto una coalizione ai soliti <alleati>, questi avrebbero sentito la necessità di accettare l' alleanza aggruppandosi in una unica lista per dare vita a un nuovo processo unitario e rifondatore ?
Anch' io penso che avere partecipato al governo Prodi, nel modo come vi abbiamo partecipato, ci abbia massacrato, come ha scritto qualcuno. Ma abbiamo avuto la capacità di una autocritica, per tirarne fuori delle indicazioni utili al cammino futuro o abbiamo invece fatto di tutto perché questo dibattito, che sarebbe stato imbarazzante per molti, non si aprisse neppure?
Neppure questo è il vero problema, bensì una conseguenza di assai più gravi motivi di preoccupazione : un vecchio modo strumentale di fare politica, fatto di piccole rivalità, piccoli interessi, piccole omissioni, tutti piccoli ma così abituali e ripetuti da costruire un sistema, che ben difficilmente il modo con cui si è arrivati all' <arcobaleno> cancellerà, anzi probabilmente rafforzerà, dopo aver espulso i perdenti e messo in pole position i vincenti di turno.
A monte di tutto c'è, a mio parere, l' incapacità di comprendere il passaggio storico che stiamo vivendo a livello planetario, richiudendosi in vecchie formule e vecchie soluzioni. Ne è un segnale, questo si grave, il (sotto)livello del dibattito <politico> generale, la carenza di prospettive di più ampio respiro, di collegamento alle forze più vive che pure esistono a livello mondiale come nazionale, di volontà di capire la realtà, di analizzare gli avvenimenti con pazienza e modestia invece di ricorrere a formule semplificatrici e di formule ad effetto ma effimere.
Una ventata di pessimismo distruttore o di qualunquismo la mia ? Se fosse così sarebbe più comodo tacere e evitare di farsi nemici fra i vecchi amici, ritirandosi nel proprio angolino, invece di cercare di gridare che la melma è alla bocca e che fra un po' non potremo più neppure respirare perché sarà al naso. Quanti amici seri e impegnati abbiamo perso per strada senza fermarsi a cercar di capire ciò che ci stavano dicendo.
Certo, che questa ultima parvenza storica di sinistra non scompaia può essere importante. Ma potrebbe anche essere un ostacolo alla rigenerazione ex-novo. E purchè la sua sopravvivenza non continui a essere espressione di una inarrestabile vocazione al suicidio collettivo continuato e progressivo cui da tempo stiamo assistendo (direi partecipando, non mi tiro fuori dalle mie responsabilità). E constato (elezioni ne ho viste molte, più della maggioranza di coloro che mi leggeranno) come ogni volta il nostro discorso si faccia più minimalista e più angoscioso.
Forse ormai è tempo di cambiare strada, a partire dal nostro modo individuale di rapportarsi con la politica organizzata, e la capacità e volontà di dare vita ad altri percorsi. Sarei tentato di dire <nuovi percorsi> ma anche qui ho un rigetto derivantemi dall' abuso che ho sperimentato di questa parola gattopardesca oppure presuntuosa. Direi piuttosto percorsi <altri>, che forse devono recuperare anche il meglio del <vecchio> che talora abbiamo gettato alle ortiche troppo affrettatamente. Non siamo i primi intelligenti <homo sapiens> venuti alla luce. Perché anche qui occorre un po' di modestia e accettare che non saremo noi i solo cui il destino ha riservato il privilegio di salvare il mondo.
Aldo
PS E' ovvio che non faccio di ogni erba un fascio e che so bene come ancora vi siano compagni o amici, pochi in verità, che sono seriamente impegnati e soprattutto lo sono con coerenza fra comportamenti personali e obbiettivi proclamati, ma non credo che bastino a assolvere questa classe politica dominante anche l' Arcobaleno. A loro conservo il mio affetto e la mia amicizia, ma non credo che il loro impegno sia sufficiente a giustificare e assolvere questa <macchina>.
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