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liberazione 3.4.08

Non c'è il numero legale in commissione, il decreto probabilmente slitta al dopo Prodi. Ira dei sindacati

Mancano i senatori del Pd non si votano i lavori usuranti

Carlo Magi

Dopo il tesoretto, i lavori usuranti.
L'azione incrociata di Pd e Pdl sui lavori delle commissioni parlamentari di questi ultimi giorni di legislatura continua: ieri la commissione lavoro del Senato non ha potuto votare il decreto che fissa i criteri per le categorie di lavoro cosiddetto usurante, per l'assenza dei senatori del Pd.
Dopo il blocco di un decreto che avrebbe potuto redistribuire i soldi dell'extragettito fiscale (il famoso tesoretto) alle famiglie, ai pensionati e ai lavoratori dipendenti, in attesa di fantomatiche e future intese fra i due principali partiti sulle riforme, anche la sicurezza sul lavoro finisce sul tavolo sacrificale.
Pensare che ieri sembrava il giorno buono per far passare un decreto che molto ha fatto discutere e che ha provocato non poche ire fra le file di Confindustria, nonostante la stesura finale mancasse di comprendere molte categorie.
Sembrava la giornata buona, dicevamo, perché nel corso della mattina la commissione lavoro della Camera era riuscita a votare e approvare quel testo.
«Si è chiusa una vicenda aperta da oltre dieci anni. - aveva infatti detto il presidente della commissione, Gianni Pagliarini, dopo l'esito positivo della discussione - Il riconoscimento dei lavori usuranti è stato avversato incomprensibilmente da Confindustria, che ha impiegato molte energie per evitare si arrivasse a questo importante provvedimento».
E lo stesso ministro del Lavoro, Cesare Damiano aveva usato parole incoraggianti dopo il voto a Montecitorio:
«Spero ci sia un segnale molto positivo di attenzione su un tema come quello dei lavori usuranti che è di interesse generale ed è una rivalutazione concreta della tematica del lavoro» aveva detto il ministro in previsione della votazione in Senato.
Un auspicio che però i fatti hanno prontamente fatto crollare.
«Noi avremmo dato il nostro voto sebbene il decreto abbia molti e gravi difetti, per non pregiudicare almeno quei lavoratori che avrebbero potuto usufruirne» ha detto il senatore del Prc, Stefano Zuccherini, che comunque ha ribadito le sue critiche ad un decreto che «esclude del tutto i lavoratori autonomi e il monte ore del lavoro notturno e il tetto di finanziamento sono sballati.
Vi rientrano pochissime tipologie di lavoro e stabilisce una cifra oltre la quale il diritto al pensionamento con tre anni di anticipo non viene più garantito».
Fatto sta che il testo non è passato, e adesso il rischio è che non veda la luce prima della nascita del nuovo governo, come ha paventato ieri il presidente della commissione Tiziano Treu:
«L'ufficio di presidenza ha convenuto che non è realistico pensare di poter dare il parere entro la prossima settimana».
I pareri al decreto sono attesi entro il 27 aprile, prima quindi dell'insediamento del nuovo Parlamento, ma sembra poco probabile che venga varato dal governo Prodi.
Infuriati i sindacati:
«È immotivato e inaccettabile l'atteggiamento di coloro che, soprattutto se facenti parte dell'attuale maggioranza, con la loro assenza, si assumono la responsabilità di impedire che un provvedimento dovuto, già concordato con le parti sociali e già finanziato anche per gli anni a venire, non trovi la sua naturale conclusione prima delle elezioni. - ha tuonato la segretaria nazionale della Cgil, Morena Piccinini - Altrettanto grave è il far discendere da ciò che ora non si possa più fare nulla e che il tutto passi nelle competenze del nuovo Governo: ciò significherebbe affermare che si è lavorato e contrattato mesi e mesi per nulla».
Non meno teneri i commenti dell'Ugl, per bocca del segretario confederale dell'Ugl, Nazzareno Mollicone, che ha sottolineato come «il sindacato si è impegnato in tutti questi mesi per fare in modo che il decreto potesse essere approvato entro la fine legislatura e l'assenza irresponsabile di qualche senatore oggi rischia di mandare tutto in fumo».


03/04/2008



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