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I no global della Diaz pronti a chiedere un risarcimento a De Gennaro. E gli accusati di Bolzaneto contrattaccano
Processi G8, tutti contro tutti
I legali degli agenti: "I responsabili? Sono al vertice"
"Le vere colpe sono di chi doveva occuparsi della gestione dell´evento e non ha saputo farlo"
La ragazza tedesca che perse sette denti per le manganellate nella scuola parte civile contro l´ex questore Colucci
MASSIMO CALANDRI
MENTRE i no-global della Diaz si preparano a chiedere un risarcimento a Gianni De Gennaro - e l´avvocato Riccardo Passeggi preannuncia la prima costituzione di parte civile nel procedimento contro l´ex capo della polizia, il prefetto Francesco Colucci, il questore Spartaco Mortola - , anche i difensori degli imputati di Bolzaneto se la prendono con i vertici dell´amministrazione. «Le vere responsabilità apicali sono quelle di chi non è stato in grado di organizzare il G8», accusa Vittorio Pendini, difensore del vice-questore Alessandro Perugini. Il legale ha puntato l´indici contro «chi doveva occuparsi della gestione di quell´evento, e non è stato in grado di farlo». Ha sottolineato come le «vere» responsabilità siano da cercare ai vertici, appunto. «Cominciando da quelli che non avevano previsto un adeguato servizio di vigilanza dei fermati nella caserma di Bolzaneto».
La richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di Colucci, accusato di falsa testimonianza durante il processo Diaz, di Gianni De Gennaro (che lo avrebbe istigato) e ancora di Spartaco Mortola (che, imputato, ha rinfrescato la memoria dell´ex questore prima della deposizione), sarà nelle prossime ore assegnata ad un giudice per le indagini preliminari. Che, sentite le parti fisserà, la prima udienza. Ci sono buone ragioni per credere che se ne riparlerà a maggio. Ma nel frattempo c´è chi non vuole perdere tempo. Riccardo Passeggi, che tutela gli interessi di Anna Iulia Kutschkau - una ragazza tedesca che nel 2001 aveva 21 anni e che per le manganellate della polizia perse sette denti - sta preparando una costituzione di parte civile nel procedimento. In ballo c´è un attentato alla genuinità della prova, se l´ipotesi della procura - che Colucci abbia "aggiustato" il tiro per evitare fastidi al suo capo - sarà confermata. Al legale genovese potrebbero presto associarsi i colleghi che tutelano gli altri 92 no-global picchiati ed illegalmente arrestati.
Ieri mattina nel processo per i soprusi e le violenze nella caserma di Bolzaneto è stato il turno degli imputati. Meglio, del primo di loro. Alessandro Perugini, allora numero due della Digos, imputato anche in un altro procedimento del G8 - per il pestaggio e l´arresto illegale di alcuni dimostranti, tra cui un adolescente, davanti alla questura - , si è presentato in aula. E si è affidato a due avvocati come Giovanni Scopesi e Vittorio Pendini. Il primo di è rivolto indirettamente ai pm - Patrizia Petruzziello, Vittorio Ranieri Miniati - sostenendo la non compatibilità tra due accuse rivolte al funzionario: abuso di ufficio e abuso di autorità su persone detenute. O uno, o l´altro. Una tesi che sarà con ogni probabilità riproposta anche dai difensori di altri imputati. Pendini ha invece sottolineato altri aspetti della vicenda. La responsabilità dei «vertici organizzativi». Ma anche la buona fede del suo cliente. Che non era nell´ordine di servizio per Bolzaneto, ma nonostante fosse impegnato sulla strada accettò di assumerne la gestione. Che lavorò dal mattino all´alba del giorno seguente, in condizioni particolarmente stressanti. Che quando seppe di detenuti spruzzati con spray urticante, fece vigilare le celle da personale in divisa. Che offrì il suo cellulare ad un fermato, perché si potesse mettere in contatto con i familiari. Che invitò più volte alla calma agenti e militari. Che ha ammesso «qualche « lacuna, compresa la mancata denuncia circa l´uso dello spray. «Ma in quella caserma furono tutti costretti a situazioni ed orari insostenibili, per colpa di quei livelli apicali´ che non organizzarono nulla e rispetto ai quali non abbiamo nulla da condividere», ha insistito Pendini. Per Alessandro Perugini l´accusa ha chiesto tre anni e mezzo di reclusione. L´avvocato ha ricordato allora il magistrato Alfonso Sabella, che era il primo responsabile della struttura e che da tempo è uscito dall´inchiesta. «Sabella non è responsabile di alcunché. Ma a maggior ragione non lo è Perugini».
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