Re: [Hackmeeting] Modi "etici" di portare a casa il pane

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Autor: Elettrico
Data:  
Para: hackmeeting
Assunto: Re: [Hackmeeting] Modi "etici" di portare a casa il pane
premetto che la soluzione è qui:
http://worldsocialism.blog.excite.it/permalink/340347

lesion scrisse:
>
> nella seconda faccia della medaglia c'e' la vita vera, dove ti
> ritrovi a parlare con gente che ti vuole salvare, ripulire, trovare
> un lavoro serio, fare felice, non riuscendo a comprendere come non
> ci sia niente di piu' lontano rispetto a quello a cui aspiri.


a parte ciò la questione della "vita vera" si scontra con
individualità-ismi e collettivi-smi, perchè la società è costruita in
una maniera tale per cui il collettivo fusione di bisogni individuali
singoli può provare a funzionare ponendosi al margine di essa (al di
fuori non è possibile) e soddisfando i bisogni al quale riesce a
sopperire in autonomia. nel momento in cui la tendenza non è verso
l'interno, quindi verso una forma "autarchica" di soddisfacimento dei
bisogni, ma verso l'esterno, quindi con la necessità di doversi
interfacciare coi meccanismi ai quali siamo abituati, si tende a
sciogliersi dentro la società che non ci piace o a replicarne i
meccanismi. la "generazione di autoreddito" all'interno di alcune
esperienze "alternative", se gli togliamo la sovrastruttura fiabesca,
non è null'altro che la replicazione del sistema che c'è all'esterno.
per inciso, io personalmente preferisco chi lavora in un ufficio per
garantirsi il reddito e poi spende parte del suo tempo a fare
"volontariato" in un hacklab rispetto a chi "genera autoreddito"
facendomi pagare per mangiare in un posto occupato... lo so che è
tagliato con l'accetta così, però per rendere l'idea, perchè un conto è
scendere al compromesso individuale - io lavoro per campare, ma quando
sono fuori dal lavoro e all'interno del collettivo alternativo non metto
in atto le stesse pratiche -, un conto è spingere il collettivo al
compromesso minandone alla fine le sue basi, perchè in questa maniera lo
si contamina in negativo, ed alla lunga si finisce per trasformare in
in'impresa (tra l'altro molto meno produttiva ed efficiente) quello che
doveva essere un luogo/tempo liberato.
poi c'è il discorso delle necessità e delle possibilità, che in un'idea
rigida dovrebbero sottostare ai grandi ideali (tm), ma che nella realtà
ti possono spingere senza problemi ad un sistema-vita con il quale
volevi forse avere poco a che fare. poi puoi scegliere che a causa di
questo ti allontani da quello che è "alternativo" perchè non ti senti
più "adeguato" o "giusto", però di fatto se non si vuole rifiutare la
normale pulsione umana a riprodursi e non si è fra coloro che non la
hanno giunge una fase della vita dove, a causa di ormoni, recettori e
sistemi linfatici vari che non sono sotto il nostro controllo, la
necessità di scendere al compromesso, pur sapendo che costerà la discesa
negli inferi di un inserimento sempre più forte in mezzo a certi
meccanismi, si sente sempre di più.
quando questo accade il bisogno individuale non è più veramente
individuale, diventa un bisogno collettivo all'interno di un sistema
collettivo che si basava sulla mediazione - o sulla quasi identità - dei
bisogni individuali. e un collettivo di collettivi è fatto di spinte
centrifughe più che di intenti di unità. almeno così mi è sembrato di
scorgere nelle mie esperienze.

> mesi in realta' il pane lo faccio in casa, e viene anche molto piu'
> buono, pero' voglio dire, riusciamo ad gestire umanamente fior fior
> di servizi digitali allucinanti, ma non ci riusciamo con i servizi
> base, e mi viene da chiedermi il perche'. con la musica ad esempio
> ci si sta provando, e non vedo come possa differire da un bene fisico,
> la cosiddetta "merce".


qui il parallelo mi fa, un po', cagare.
siamo capaci a dare servizi digitali perchè sono il niente. prendiamo
atto che la vita reale è ben diversa dai servizi digitali, e che dare 10
caselle di posta, o anche 100, è ben diverso che fare il pane per 10
persone.
la trasformazione della materia è una cosa, la creazione di costrutti di
bytes è un'altra.

> non sto pensando che rifare da 0 un portatile come quello che sto
> utilizzando per scrivere questa mail sia una cosa fattibile oggi,
> pero' qual'e' la discriminante per cui c'e' un botto di software
> libero di qualita' che tutti usiamo ogni giorno su cui si e' speso
> tante "ore uomo" mentre per gli oggetti fisici questa cosa non
> e' neanche pensabile? perche' c'e' della materia dietro?
> cioe' la discriminante non sono le ore da spenderci dietro ma
> la materia prima? perche' per fare del pane alla fine serve
> solo del tempo, e anche per fare il grano per dire in realta'
> serve solo del tempo.


secondo me sì, la discriminante è quella.
soprattutto c'è una condizione di base che ci permette di offrire i
servizi: qualcun altro ci ha offerto la materia e tutto l'ambaradan che
serve per far sì che noi potessimo giocare a offrire servizi digitali.
cioè, se tu sei a casa, e puoi fare il pane, e ci metti diciamo due ore,
lo puoi fare perchè qualcuno - che paghi - ha macinato la farina, ti ha
portato l'acqua, ti ha portato il gas. anche qui, nel caso del pane,
stai solamente raffinando un prodotto di terzi. nel mondo digitale non è
diverso. non stai inventando niente. o meglio, sì, crei cose, ma che non
sono cose davvero: sono costrutti, sono un bene di alto livello, sono la
raffinazione di un qualcosa che già esiste, ovvero delle singole
cellette delle ram, dei transistor del processore, dei nuclei sui piatti
degli hard disk.
se tu potessi partire da 0, sia per il pane, sia per le caselle di
email, che cazzo di percorso dovresti fare e di quanto tempo avresti
bisogno?
la società ti ha cresciuto facendoti sapere che tu di farti il pane non
hai la necessità: è un bene di basso livello (per noi) e qualcuno lo può
fare per te. però ti ha insegnato che hai bisogno di comunicare in
maniera impersonale, e che lo puoi fare con una casella email, che è un
bene inesistente, che però ti fa sentire a posto non solo per un pranzo,
ma ti fa sentire ok ogni volta che usi quella casella per, ad esempio,
raccontare come sai fare il pane.
è un discorso complesso quello dei bisogni fisici e dei bisogni indotti,
che si mescola col fatto che siamo in un luogo ricco del mondo, dove
possiamo paciocare con portatili che valgono pane per un anno in altri
luoghi, dove possiamo sentire la necessità di connetterci a internet
invece di dover fare il pane, ecc ecc.
questo ci permette persino di prenderci meglio a fare caselle di mail
invece di fare il pane, ci stacca dalle nostre necessità reali e ci fa
sorridere più quando premiamo invio che quando tiriamo fuori dal forno
la pagnotta calda.
ci può stare o non stare bene, ma non ci può stupire, secondo me, perchè
stupirsi di questo vuol dire guardare con stupore al binomio
progresso-capitalismo.

...e ovviamente questi sono tutti deliri immateriali.
--

"In principio era il cubo"

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