[Incontrotempo] Disertare le urne per continuare le lotte

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Autore: corrispondenze metropolitane
Data:  
To: pane-rose, marxiana, incontrotempo, cpiano
Oggetto: [Incontrotempo] Disertare le urne per continuare le lotte
13-14 aprile: Disertare le urne per continuare le
lotte.

Mai come in queste elezioni sono pienamente
avvertibili la sostanziale intercambiabilità delle
forze in campo e l’assenza di alternative. Pesa il
fatto che gli ultimi governi, sui grandi temi, hanno
fatto scelte simili. E, nella campagna elettorale,
l’omogeneità dei contenuti è compensata più che in
passato dalle strategie di marketing. Chi può essere
rappresentato dai protagonisti di questa contesa?
Se si analizzano i discorsi dei due principali
partiti, si capisce che esprimono la visione di
diverse anime della Confindustria. Le due forze
maggiori convergono sul terreno dello smantellamento
dei diritti sociali: il Popolo della Libertà sbraita
di più contro lo Statuto dei lavoratori, ma che esso
sia da superare definitivamente lo pensa pure Ichino,
giuslavorista, candidato di punta del Partito
Democratico. L’unica differenza sta nell’accento posto
dal PDL sulla protezione delle merci italiane,
criticato dai liberisti puri. Il fatto è che
Berlusconi ed i suoi contano su una base di piccoli e
medi imprenditori, che soffrono la competizione
internazionale. Il PD, invece, rappresenta il grande
capitale. Lo fa attraverso una raffinata
mistificazione: nelle sue liste troneggiano Colaninno
jr. e Calearo, ma viene esibito pure un operaio della
ThyssenKrupp, mentre Veltroni sproloquia sulla
collaborazione tra le classi. Niente di meglio che
celebrare la pace sociale, quando la grande impresa
incrementa i suoi profitti senza che migliori la
condizione dei lavoratori. Qualcuno dirà: per i
settori sociali svantaggiati c’è l’Arcobaleno, che
inoltre dà voce alla protesta contro la guerra. Di
male in peggio. Come rappresenta la lotta contro la
guerra l’Arcobaleno, con Bertinotti che si mette la
spilla della pace durante le parate militari? O
votando il rifinanziamento di tutte le missioni
belliche e contribuendo a nascondere notizie come i
frequenti raid italiani in Afghanistan?
I problemi non sono minori se si prende a riferimento
il mondo del lavoro. In Italia esso è frammentato come
non mai: questo paese vanta una quantità stupefacente
di nuove forme contrattuali, tutte all’insegna della
precarietà. E la condizione di chi lavora viene
rivelata in modo drammatico dallo stillicidio di morti
bianche. Molte riguardano immigrati dell’est europeo,
tanto demonizzati sui media quanto spremuti dai
padroni. Già, i padroni: secondo loro il rispetto
delle leggi sulla sicurezza va subordinato ad un
aumento della produttività (quindi dell’intensità a
parità di ore) del lavoro. Costoro sanno bene che
questo supersfruttamento può significare solo altri
incidenti, altre morti, ma non se ne curano, non sono
certo spaventati da quel Bertinotti che promuove la
“lotta di classe” verbale solo per far capire che è
diverso da Veltroni.
Quanto poco classismo vi sia nella sinistra
alternativa, lo si può capire dal suo sostegno totale
ad un governo che ha mantenuto la legge 30 e che ci ha
regalato il protocollo Damiano, nonché dalle sue
politiche locali. A Roma, infatti, l’Arcobaleno non
disdegna di appoggiare Rutelli, l’uomo che fino a
ieri, su Liberazione, era indicato come il servo della
CEI e della Confindustria. Con “sinistre radicali” di
questo tipo, è ovvio che lorsignori si prendano la
libertà di dire ciò che vogliono, senza freni. Il
culmine della volgarità è raggiunto dal Sole 24 Ore e,
come al solito, dal berlusconiano Giornale, che
minimizzano il fenomeno degli incidenti sul lavoro e
considerano un abuso ogni sanzione contro i padroni
che non rispettano la normativa sulla sicurezza.
Dunque, abbiamo di fronte un quadro fosco. Ma se non
ci si limita ad osservare la politica di palazzo, si
scorgono anche segnali diversi, che rimandano alla
lotta per i propri bisogni e desideri. Si pensi ai
conflitti che attraversano il mondo del lavoro ed in
particolare il precariato. Non sempre sono collegati
tra loro, ma quando trovano un momento catalizzatore
(si pensi allo sciopero del 9 novembre 2007, indetto
dal sindacalismo di base) evidenziano una radicalità
fondata sulle condizioni materiali dell’esistenza. In
questi mesi, poi, è riemerso con forza il movimento
delle donne. Esso, nel lottare contro la violenza
patriarcale e nel rispondere all’offensiva clericale
in atto, riafferma una soggettività altra, che non può
essere incanalata nei tradizionali meccanismi della
rappresentanza politica. Anche il movimento contro la
guerra, il più soggetto ai riflussi, quando si sgancia
dalle logiche istituzionali ottiene buoni risultati.
Il 9 giugno 2007, mentre il futuro Arcobaleno in
Piazza del popolo sosteneva Prodi nel suo presunto
tentativo di far rinsavire Bush, per le vie di Roma
sfilava un corteo combattivo. In alcuni suoi settori
si contestava non solo l’imperialismo più forte del
mondo, ma anche quello italiano, sempre più
aggressivo.
Ma è forse opportuno chiudere questa elencazione con
chi è escluso dal diritto di voto: gli immigrati, che
negli ultimi anni hanno lottato costantemente contro
leggi infami (la Turco-Napolitano, la Bossi-Fini) e
condizioni di vita e di lavoro inaccettabili,
ponendosi sempre il problema dell’unità con i
proletari italiani.
Ora, queste realtà di lotta non sono forzosamente
riducibili ad una sola entità, ma una cosa è certa: il
fatto che il Parlamento non ospiti le loro istanze non
è necessariamente un male. E’ vero, viviamo in una
fase in cui si tende a rendere il quadro politico
sempre più sordo ad esigenze che non siano quelle del
padronato o delle gerarchie ecclesiastiche. Riforme
come quella elettorale di cui tanto si parla vanno in
questa direzione, preparata culturalmente
dall’ossessiva attenzione dei media per la politica
statunitense, segnata dallo scontro tra candidati e
partiti perlopiù simili. Ma un Parlamento che
“rappresenta” gli interessi popolari è anche un
Parlamento che ne attenua la portata, che depotenzia
le istanze emerse nella lotta.
Superare l’illusione elettoralista, disertando
coscientemente le urne, vuol dire invece cominciare ad
esprimere davvero la propria forza, riconquistare la
fiducia in sé stessi - come singoli e come
collettività in lotta - per riprendersi la vita.
Roma, 24 marzo 2008

Corrispondenze Metropolitane – collettivo di
controinformazione e d’inchiesta
(per contatti: metropolitane@???)



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