liberazione 22.3.08
Dopo Veltroni è il turno del ministro dell'interno che si "scandalizza" per i silenzi della politica sul G8
Il candidato premier: Noi a Genova c'eravamo, qualcun altro invece si schierò contro il movimento
Anche Amato scopre Bolzaneto
Bertinotti:«Dov'eri in questi anni?»
Dopo Walter Veltroni, anche il ministro dell'Interno Giuliano Amato interviene - attraverso Repubblica , organo del Pd - sulle violenze della polizia a Genova 2001, e sulle torture esercitate verso centinaia di giovani nella caserma di Bolzaneto. Come Veltroni, Amato ha aspettato 7 anni a parlare, per evitare posizioni improvvisate. E ha detto però che è inaudita la ritrosia delle forze politiche che se ne sono infischiate di quelle violenze, e che preferiscono parlare di Guantanamo invece degli episodi di tortura in Italia. Amato ha proseguito il suo ragionamento chiedendo che sia risparmiato il capo della polizia di allora, Gianni De Gennaro, considerato da lui innocente, e che sia evitata una commissione di inchiesta parlamentare, perchè è meglio lasciar fare la magistratura. Infine ha escluso che le autorità possano intervenire, evitando promozioni dei poliziotti coinvolti con l'affare-Genova, prima delle sentenze definitive. Non ha fatto cenno, invece, al fatto che i reati di violenza per i quali sono ora sotto processo alcuni poliziotti sono destinati a cadere in prescrizione, e dunque una sentenza definitiva sarà impossibile.
Ieri Fausto Bertinotti, che ha partecipato, qui a Liberazione , a una tavola rotonda con noi del giornale, è stato molto polemico con Amato. Si è detto stupefatto da tanta sfacciataggine, ha ricordato che Genova 2001 fu una operazione di polizia studiata prima dal governo presieduto da Amato e successivamente dal governo Berlusconi. Come è possibile che Amato oggi cada dalle nuvole? E poi - si è chiesto Bertinotti - come si fa ad essere contrari a una commissione di inchiesta parlamentare, su una vicenda così torbida, scordandosi che nella storia d'Italia ci sono commissioni di inchiesta (come quella sulla loggia massonica P2) che sono gli unici organismi che hanno aiutato a scoprire un po' di verità? Poi Bertinotti ha polemizzato con chi nel 2001 si schierò contro il movimento, e in quel modo finì per legittimare la violenza della polizia.
L'intervista di Giuliano Amato, effettivamente, è una specie di monumento alla finta ingenuità. Amato non dice della prescrizione, non dice che lui in persona ha promosso De Gennaro a capo di gabinetto del ministero dell'Interno, non dice che De Gennaro è stato imputato per un reato gravissimo, cioè è sospettato di avere intralciato le indagini sul massacro alla scuola Diaz. Capite bene che un capo della polizia accusato di intralciare o sviare le indagini è un bel problema politico per chiunque. E comunque, per quel che riguarda De Gennaro, sono legittime alcune domande, e anche alcune risposte: Cosa fece la polizia nel luglio del 2001? Si occupò dell'ordine pubblico a Genova, concentrando in quella città il grosso delle sue forze. Chi era il capo della polizia? De Gennaro. Come è possibile che De Gennaro sia esente dalle responsabilità su come si comportò la polizia? Di cosa si stava occupando quei giorni, dei lavavetri di Firenze?
Sconvolgente. Fausto Bertinotti non trattiene lo sconcerto. E incrocia perfettamente lo stato d'animo della redazione di Liberazione . E' al forum con i redattori (di cui daremo ampio resoconto sul giornale di domani) che il candidato premier della Sinistra Arcobaleno sfoga la sua rabbia per l'intervista di Giuliano Amato a Repubblica sul G8 di Genova, in particolare sugli abusi ai danni dei manifestanti nella caserma di Bolzaneto. Prima, sempre su Repubblica , due giorni di reportage di Giuseppe D'Avanzo sul tema. Dopo, l'uscita di Walter Veltroni, che evidentemente spiega il perchè dei reportage, preparatori di quanto, per il Pd, è solo un capitolo di campagna elettorale. L'intervista di Amato ieri conferma i sospetti: in vista del voto, il Pd continua voler coprire tutti gli spazi, tenta (finti) scavalchi a sinistra anche su Genova, copre tutto, soprattutto la verità sul G8 2001.
Al forum con Liberazione , Bertinotti esordisce sul tema con una parola: «Propaganda». Si dice «sconvolto dalla sfacciataggine su Genova e il G8». Prova quello che chiama «rigetto pre-politico». Amato dice che non ci si è occupati di Genova? «Lui era il premier del governo che precedette il governo Berlusconi. Cioè, era presidente del Consiglio fino a due mesi prima di Genova. E Genova è stata costruita sul rapporto tra i due governi - attacca Bertinotti - Noi eravamo a preparare Genova, a denunciare che con la "zona rossa" avremmo avuto un'esasperazione del conflitto». Così è stato e si ricorderà anche "l'esasperazione del conflitto" alcuni mesi prima di Genova: 17 marzo 2001, Global Forum a Napoli, governo Amato, ministro degli Interni Enzo Bianco, scontri e fermati portati alla Caserma Raniero, inaudita violenza della polizia. Anche di questo dopo si è occupata la magistratura.
Bertinotti rivendica: «A Genova abbiamo prodotto la trattativa tra manifestanti e governo, tentando di limare un'organizzazione che a occhio nudo sembrava violentemente repressiva. Ci siamo andati a Genova, prima delle manifestazioni, al corteo dei migranti, il giorno della tragedia di Carlo Giuliani», ucciso in piazza Alimonda. E ancora «il giorno dopo quando altri si sono ritirati...». E ora? Ora «Veltroni dice che bisogna parlare di Genova dopo che anche lui ha avuto la responsabilità dell'isolamento di alcuni di noi». In quei giorni, a Genova era in azione una «macchina di repressione che noi denunciammo subito...».
La Diaz, Bolzaneto. Bertinotti racconta un episodio, che «forse narro per la prima volta». Notte tra il 21 e il 22 luglio, l'irruzione alla Diaz è in corso, Bertinotti apprende del massacro da Luisa Morgantini, europarlamentare del Prc. «Mi telefonò piangendo, tanto che io non riuscivo a capire cosa stesse dicendo. Mi raccontava di quanto stava vedendo alla scuola Diaz, con i singhiozzi, descriveva una scena tragica che a me risultava persino incomprensibile, mi chiedeva di intervenire. Io telefono al capo della polizia, De Gennaro, gli chiedo di intervenire...». Verrebbe in mente una battuta: era inutile chiamare la polizia, la polizia era già "intervenuta" sul posto... Ad ogni modo, De Gennaro risponde di «non conoscere i fatti - continua Bertinotti - mi chiede di attendere due minuti, mi richiama e dice: "Guarda, non posso farci niente e non me lo chiedere perchè quella non è un'ambasciata e quindi è un territorio sul quale le forze dell'ordine possono intervenire...».
Ma De Gennaro era il capo della polizia. E anche la polizia si stava rendendo responsabile di quella feroce aggressione, massacro privo di alcuna giustificazione. E' andata così. Segue «il dibattito televisivo con Fini, le denunce, l'attività sistematica con i compagni di Genova, con la famiglia Giuliani: per chiedere la verità». Fino alla commissione d'inchiesta parlamentare sui fatti del G8, promessa dal programma dell'Unione, lettera morta sotto il governo Prodi. «Silenzio terrificante» attorno alla questione, prosegue Bertinotti ricordando la proposta di legge presentata prima dell'inizio della legislatura, l'approdo della materia in commissione, il dibattito politico che ne è seguito e che ha portato ad un ennesimo nulla di fatto dello scorso governo. E sulla commissione d'inchiesta, un altro fendente per Amato, che si dice contrario, privilegiando l'inchiesta giudiziaria. «E' incredibile la contrapposizione tra la magistratura e una commissione d'inchiesta, non della politica, ma del Parlamento italiano che esplori la verità storica del fatto e individui le responsabilità». Amato, aggiunge Bertinotti, «dimentica che in un passaggio acutissimo della storia del Paese, mi riferisco alla P2, proprio una commissione d'inchiesta, quella di Tina Anselmi, ebbe la forza di dire delle parole importanti. Adesso, giocare il giudizio della magistratura contro quello delle istituzioni, laddove la natura dei due poteri è differente, è una cosa che mi colpisce...». La conclusione: «Bisognerebbe bonificare il dibattito politico, perciò parlo di propaganda». Eliminare gli «elementi che alzano il tono dell'antipolitica». Se «non si fanno percepire le diversità», se i media sono complici di questa mancata percezione, «il mondo politico diventa omologato e l'antipolitica cresce». Per il Pd il messaggio è: «Su Genova tu hai le tue responsabilità, io no perchè stavo da un'altra parte rispetto a te, mi sono battuto per la verità e continuo a farlo. E tu, elettore, per favore scegli, ma nessuno ti faccia credere che tutto è uguale, che abbiamo lasciato sommergere dal silenzio l'uccisione di Carlo e le tragedie della Diaz e Bolzaneto». A proposito di "parte", come recita lo slogan della Sinistra Arcobaleno, «c'è chi a Genova è stato da una parte e chi dall'altra - conclude Bertinotti - parliamo del futuro, ma anche del presente e del passato perchè una differenza tra noi e gli altri c'è stata».
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