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Il giorno 21/mar/08, alle ore 12:23, Grimaldi Fulvio ha scritto:
In allegato una "poesia" di Ivan della Mea, pubblicata dal
"manifesto" il 20 marzo 2008, a coronamento del suo stracciarsi le
vesti bipartisan ed ecumeniche sulla "tragedia del Tibet".
L'autore, che qualche vegliardo ricorda per alcune melense e
familistiche canzoncine delm '68, esaurita la vena del cinguettio
musicale, si esercita di tanto in tanto in allucinazioni
linguistiche, ortografiche, sintattiche su un "manifesto" che con
maggiore rigore dovrebbe concedere la sua ospitalità. Ma visto che ci
scrivono Giuliana Sgrena (Che schifo questi islamici, Al Qaida è Al
Qaida), Rossana Rossanda (Le BR erano le BR, erano interne alla
sinistra storica e hanno ammazzato Moro da sole. Il Mose a Venezia è
ottima Cosa, Sofri è un martire e un grande intellettuale, votiamo
Bertinotti...) e Valentino Parlato (Il boicottaggio della Fiera del
libro sionizzata è crimine antisemita), anche della Mea ci può
sguazzare.
Anche se standoci, l'uomo dall'ego-mongolfiera (questa volta è
riuscito a ripetere "io" trenta volte in trenta "versi") senza dubbio
contribuisce al progressivo e inesorabile affondamento del
"quotidiano comunista". Con nostro sommo dispiacere, perchè dopo cosa
leggiamo? Con chi ce la prendiamo se coloro che al momento resistono
sull'orlo della poubelle della storia, poi ci finiscono dentro a
raggiungere rifiuti di portata campana quali quelli che, oggi come
oggi, sbavano alle porte del parlamento?
Parafrasando, in virtù di una boria giulianferrariana, nientemeno che
Pasolini, questa fattucchiera della lingua italiana, per la quale
Dante avrebbe inventato un girone più profondo di quello dei
traditori, ripete per trenta volte, autentico cilindro da preghiera
tibetano, "io so". E con questo proclama mosaico scende la montagna e
ci confonde tutti nella lacrimosa valle dei nostri irrimediabili "non
so". Sa tutto, l'anziano verisificatore, del Tibet, dei potenti del
mercato e degli infami di Cina che lo vogliono uccidere, sa che i
soldati cinesi stanno massacrando civili tibetani, sa che
l'autodeterminazione è sacra (anche se è di una casta di monaci
schiavisti, superstiziosi e pedofili) e che le olimpiadi non s'hanno
da fare.
Questo bombardamento di "io so", che ricorda Bush quando farnetica di
consapevolezze di vittoria, scaturisce da una centrale nucleare
alimentata dall'uranio dell'ignoranza fuso con il plutonio della
supponenza. Non sa, l'ex-giullare e oggi New Entry New Age, che, a
proposito di autodeterminazione, il popolo tibetano come tale non
esiste in quanto è un insieme composito di genti che venute dal'Asia
Centrale, dalla Valle dell'Indo, dalle foreste birmane, dalla Valle
dello Yangzé e dalla Valle del Fiume Giallo. Che questi popoli hanno
fatto parte per mille anni delle varie unioni statali cinesi e solo
durante 70 anni se la sono fatta da soli. Non sa, il menestrello
stazzonato, che il buddismo dei monaci tibetani è solo un
sessantesimo - il più astruso e fomentatore di passività - di tutti i
buddismi che, a loro volta, rappresentano il 6% delle religioni nel
mondo e che fu questo buddismo particolarmente violento e protervo a
introdurre nel Tibet una società feudale. Società in cui, fino
all'arrivo della rivoluzione cinese (peraltro assai degenerata da Mao
in giù), il potere era suddiviso tra l'aristocrazia tibetana (cara a
Hitler) e la comunità monacale e che il 90% della popolazione era
ridotta in schiavitù, con nobili e monaci padroni della vita e della
morte di questi servi della gleba. Un sistema vagheggiato dai poteri
imperialisti di oggi e opportunamente travestito in termini New Age,
da vascello di spiritualità, nonviolenza, bontà, pacifismo, melasse
paracule varie, tali da neutralizzare eventuali obiezioni di sinistri
e democratici un po' più occhiuti del canarino "io so". Una spietata
dittatura feudale che la Cia avrebbe voluto perpetuare versando al
suo portavoce, un equivalente con gli occhi di sguincio di Padre Pio,
alcuni milioni di dollari, armandone i paramilitari e infiltrati,
quegli stessi che hanno messo a ferro e fuoco i cinesi dei piccoli
negozi (sono il 10% della popolazione tibetana, a proposito delle
fantasticate alterazioni etniche cinesi attraverso flussi alluvionali
di immigrati).
Prima il Dalai Lama flirtava con i nazisti, nel segno della comune
purezza ariana. Poi, vista la mala parata dei cuginetti hitleriani,
si aprì alla colonizzazione-protezione britannica, sostituita dopo la
seconda guerra mondiale, come ovunque, dagli Usa in funzione anti-
rivoluzione cinese. Il rientro della regione nella madrepatria Cina e
la restaurazione di una dignità nazionale coerente con la propria
storia, promosse il Dalai Lama, fuggiasco dopo il fallito progrom
anticinese del 1959, sconfitto dagli stessi tibetani non partecipi
dei fasti monacali (e bisognosi del primo ospedale, della prima
scuola, della prima strada, della prima ferrovia...), a una specie di
papa alternativo. Papa sempre a cinque stelle, quanto ad alloggi, ma
ammantato di quei misticismi New Age che sono serviti ai fichi della
borghesia per masturbarsi con eleganza e per infinocchiare chi
continuava più che mai a capire i termini della lotta di classe. Una
specie di McDonald's dell'alimentazione tossica spirituale. E, oggi
come oggi, uno strumento impagabile e insostituibile per azzannare
agli orli una Cina così grande e così vincente economicamente (e non
socialmente, ahinoi) da far passare notti da incubi a tutto il
gangsterismo terrorista e militarindustriale occidentale. E quando
meglio che alla vigilia delle Olimpiadi?
Per i postsessantottini del ripensamento, o salto della quaglia,
divenuti sofrianamente intellettuali à la page della borghesia e in
bilico tra papa e Pannella sul che fare della propria morte, ecco che
il buddismo dell'assoluto e della metafisica accettazione dell'ordine
delle cose, senza la minima traccia di impegno, rappresenta la
risposta ideale alla propria bulimia di egotismo. Capisco Ivan Della
Mea.
Il quale non sa, o fa finta di non sapere, che quando un coro canta
la stessa canzone, dall'estrema destra all'estrema sinistra, come
sulle mistificazioni tibetane accade tra sinistre e destre
intellettuali e tra "Libero" e "il manifesto", quella canzone l'ha
scritta la destra.
Quello che sta facendo la Cina in Cina non ci piace. Quello che i
monaci stanno facendo per riprendersi i privilegi e le soperchierie
che ne hanno nutrito mense e palazzi per secoli, ci piace assai meno.
Abbiamo vissuto per un po' relativamente tranquilli nella salute
fisica grazie all'esistenza di un equilibrio tra potenze. Finito
quello, è scattata l'era del terrorismo di Stato, delle classi
dirigenti fuorilegge, dei gangster di un nuovo protocapitalismo.
Agevolare ciò che alcuni eufemizzano in "unilateralismo", attraverso
la fragilizzazione del paese che si presenta come antagonista
dell'orco nazisionista che manovra la manovella del nostro giro della
morte, è da tontoni tafazzisti.
Ivan della Mea, non sai un cazzo.
Grimaldi