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Autor: brunoa01
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Mamadou, il clandestino diventa rifugiato
Chiuso a chiave sulla nave, dopo una battaglia legale ottiene il permesso di soggiorno

Aveva scritto "Help" su un foglio e l´aveva appiccicato all´oblò della cabina dov´era stato rinchiuso
MASSIMO CALANDRI


MAMADOU aveva scritto Help! su di un foglio, appiccicato all´oblò della cabina dove l´avevano rinchiuso. E l´aiuto alla fine è arrivato. L´aiuto di un avvocato, Alessandra Ballerini, che si è caparbiamente dedicata al caso del giovane africano trovato a bordo di una nave proveniente da Dakar, Senegal. E prima ancora l´aiuto della gente del porto di Genova, dei "guardiafuochi" in particolare, che avevano dato l´allarme dopo aver scoperto il "prigioniero". L´aiuto del personale della questura del capoluogo ligure, e dell´Alto Commissariato Onu per i rifugiati. Mamadou ha ottenuto il riconoscimento dello status di rifugiato, la protezione umanitaria e conseguentemente il permesso di soggiorno. Vorrebbe restare in città, cerca un lavoro da elettrauto. E nel frattempo ha presentato in procura una denuncia per sequestro di persona contro ignoti, allegando il fotoservizio pubblicato da Repubblica nel gennaio passato.
E´ ospite di una struttura religiosa, giura di essersi ambientato perfettamente a Genova. Nonostante il freddo. «La gente è simpatica, generosa. Voglio fermarmi qui». Per il momento è ospite di una struttura religiosa. «Ma con il permesso di soggiorno spero di trovarmi presto un lavoro. Al mio paese facevo l´elettrauto». La paura adesso è passata. «Avevo il terrore che mi rimandassero al mio paese. Mi avrebbero ucciso».
Lo avevano visto domenica mattina, era il 20 gennaio. Con il naso contro il vetro dell´oblò, che agitava le mani e mostrava quel foglio. Era a bordo della motonave "Italroro One". Mamadou, 22 anni, originario della Guinea Conakry, si era imbarcato clandestinamente due settimane prima. L´equipaggio lo aveva scoperto dopo poche ore di navigazione. Il comandante si era rivolto alle autorità spagnole, perché il primo scalo del vecchio mercantile era l´isola di Tenerife, ma aveva ottenuto un secco rifiuto ad accogliere lo straniero. La nave era arrivata nel capoluogo ligure il 14 gennaio, l´ufficiale si era messo in contatto con la polizia marittima. Gli agenti erano saliti a bordo, e dopo avergli preso le impronte digitali avevano notificato all´africano un «respingimento». Mamadou era stato affidato al comandante, che prima o poi con l´imbarcazione sarebbe tornato in Senegal. Ma il mercantile nel frattempo era finito in bacino di carenaggio per una lunga serie di riparazioni. L´ufficiale a questo punto non aveva trovato di meglio che trasformare una cabina della nave in una cella per il clandestino: chiudendo la porta d´ingresso con un lucchetto, usando una catena. All´oblò c´erano delle sbarre di ferro. Dopo la denuncia dei giornali, il comandante aveva replicato con una lettera ad un quotidiano negando l´esistenza di lucchetti, catene e sbarre di ferro. Particolari che sono stati però immortalati nelle fotografie consegnate in procura. Nel frattempo l´africano aveva lasciato la nave, l´avvocato Ballerini l´aveva accompagnato negli uffici della polizia. «Speriamo in una soluzione positiva del caso», si era augurato il questore Salvatore Presenti. Era intervenuto l´Alto Commissariato Onu nella persona di Laura Boldrini, che riferendosi alla "detenzione" e alla paventata "espulsione" di Mamadou aveva parlato di pratica «arbitraria» che «desta molta preoccupazione». Grazie alla collaborazione di un altro legale, Dario Ciarletta, è stato possibile ottenere l´ok della commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato di Milano. L´aiuto è arrivato, il sogno del giovane straniero - che voleva un permesso di soggiorno - è diventato realtà.



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