Martedì 26 febbraio ore 21.30
Prime visioni
YOU THE LIVING
di Roy Andersson, Svezia 2006 94'
con Jessica Lundberg, Ollie Olson
Candidato all'Oscar come miglior film straniero
Roy Andersson è un regista svedese, sconosciuto in Italia sebbene attivo da quasi quarant'anni. Dotato di uno stile personalissimo, Andersson costruisce i suoi film per segmenti successivi, per scene rigorosamente isolate, quadro dopo quadro, come una lunga strip a fumetti, come quelle strisce giornaliere dove un disegnatore, a colpi di poche vignette al giorno, costruisce un suo mondo, fatto di momenti isolati eppure tutti compresi dentro uno stesso orizzonte. Non fa eccezione questo bel You The Living (Tu che vivi, da un verso di Goethe) in cui Andersson naviga lungo il bordo della catastrofe e intanto ritrae le miserie umane con comica e immobile precisione. La comicità di Andersson è concettuale, fredda e potente, disperata e scoppiettante, statica e prorompente. Una continua serie di scatti di riso che galleggiano sul non senso della vita. Non la vita con la v maiuscola, l'altra vita, quella di chi vive nel piccolo, tra soggiorno, cucina, ufficio, bar e camera da letto. (Bruno Fornara, "Cineforum", n. 466)
Mercoledì 27 febbraio ore 21.30
Provincia Nera
L'IMBALSAMATORE
di Matteo Garrone, Italia 2005 92'
con Ernestio Mahieux, Valerio Foglia Manzillo
Parte da un fatto di cronaca (l'omicidio di Domenico Semeraro, detto "il nano di Termini", avvenuto a Roma nel 1990) ma subito prende direzioni iperrealistiche la quarta bellissima prova nel lungometraggio di Matteo Garrone. Se le storie dei film precedenti erano, innanzitutto, questioni di geografia, di urbanistica applicata ai confini territorialmente e sociologicamente di frontiera, ne L'imbalsamatore Garrone si inoltra nelle strade perdute della psiche, nelle contaminazioni chimiche di tre personaggi così lontani e così diversi tra loro da tracciare percorsi dentro gli spazi e nelle distanze creati dall'impossibilità di essere normali. Non a caso l'ambientazione galleggia nello spettrale Villaggio Coppola del litorale casertano: una specie di "incubo inurbano", dove l'architettura è un optional e gli uomini ombre stagliate all'orizzonte. Più che David Lynch (il riferimento oggi più facile e immediato), ritornano in mente Fassbinder e i suoi ambigui dolori. Quei dolori, quegli scarti, quell'ovvia incomprensione che impediscono a un uomo troppo piccolo, a un giovane troppo alto e a una ragazza con la bocca rifatta di interagire, di parlarsi e di vivere se non in forma di violenza. (Aldo Fittante, "Film Tv")
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