Auteur: Luisa Date: À: 'Mailing list del Forum sociale di Genova' Sujet: [NuovoLab] G. Casarino: domande alla Sinistra-l'Arcobaleno
Editoriale del Manifesto di ieri, 23 febbraio
Sinistra, a che servi?
Gabriele Polo
«Ben che vada portiamo a casa la pelle». Partiamo da qui, da questa frase
detta a mezza voce un po' dovunque, per affrontare l'incubo presente a molti
ma esplicitato da pochi: la scomparsa della sinistra parlamentare italiana,
o la sua riduzione a irrisoria consistenza (che poi è come sparire). Finire
sotto l'8% aprirebbe la strada per un declino alla «francese» e a quel punto
resterebbe solo il terreno extraparlamentare; superare quella soglia
rappresenterebbe una «prova in vita», che senza risolvere il problema
dell'assenza di un progetto di trasformazione, terrebbe aperta la
possibilità di agire la lotta politica anche a livello istituzionale.
La Sinistra-l'arcobaleno è arrivata a questo bivio nel peggiore dei modi:
con un'unità tutta «di riporto» rispetto alla nascita del Partito
democratico, massacrata da un'esperienza di governo foriera di pochissimi
successi, nella fretta di costruire una compagine elettorale sotto gli
equilibri dei partiti che la compongono (e che rischiano di esaurirla) e
solo promettendo per un domani la costruzione di un vero e proprio soggetto
politico. Mettendo insieme, con pessima alchimia, il peso di una concezione
della politica parziale nel merito e totalizzante nel metodo (centralità
quasi esclusiva delle sedi istituzionali, pretendendo di rappresentarvi il
«tutto» di una società frammentata) con la leggerezza di messaggi
testimoniali. Tradotto in termini elettoral-parlamentari, proporsi come
opposizione senza le idee e le forze per praticarla. Così la domanda cui ci
viene chiesto di rispondere diventa: «pensate o no che debba esistere una
sinistra in Parlamento?». La risposta è fin troppo facile: «certo che sì»,
ma il punto è che quella è la domanda sbagliata. Perché corrisponde al
«congelamento delle idee di fronte alla liquidazione della sinistra» di cui
parlava ieri Marco Revelli in un'intervista su queste pagine; perché rivela
una logica puramente testimoniale. Se fosse così, tanto valeva tenersi la
falce e il martello: almeno sarebbe stata una testimonianza lineare.
La domanda vera - che giriamo ai dirigenti della Sinistra-l'arcobaleno - è
un'altra. A chi - come chi scrive - vi voterà per stato di necessità, quale
disegno proponete? A che cosa servirà - in Parlamento e fuori da esso,
nell'immediato e in prospettiva - il soggetto «unitario e plurale» che state
costruendo in tutta fretta? Non è una domanda retorica e sarebbe bene dare
risposte non scontate, né risolvere il problema con l'elenco dei sacri
princìpi (che diamo per acquisiti) o con un elenco di microprovvedimenti. E'
una domanda che si fanno in molti e che pretenderebbe l'apertura di un
confronto serrato, da non esaurire il 13 aprile. Avrebbe bisogno della
ricostruzione di una comune alternativa da riempire di pratiche. Altrimenti
il rischio - più che concreto - è che di fronte a una pura logica di
sopravvivenza, le donne e gli uomini in carne e ossa - alle prese con i loro
pressanti problemi - preferiscano la scelta «americana» del Partito
democratico. Scegliendo un contenitore che non propone nessuna alternativa
di sistema, ma che in una logica del tutto contrattualistica della politica
promette soluzioni parziali a individui e gruppi, elargendo un po' di
prebende e affermando l'antico e interclassista luogo comune della comunità
nazionale ben governata. Alla fine è un imbroglio, ma potrebbe essere visto
da molti come l'unica soluzione possibile. E, poi, le illusioni - se ben
presentate - possono apparire un sogno. Per evitare tristi risvegli avremmo
bisogno di tutt'altri sogni.