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From: daily932000
To: antiamericanisti@???
Sent: Tuesday, February 12, 2008 10:35 PM
Subject: [antiamericanisti] Afghanistan: la guerra non va in crisi


[Afghanistan] La guerra non va in crisi: gli italiani fanno strage di
civili a Bakwa, il ministro Parisi obbedisce all'America

|9 febbraio| Il 2007 per la martoriata terra afghana, vittima della
allora prima "guerra al terrore" del post 11 settembre, si è chiuso
con oltre 7000 morti tra civili ed insorti, ma anche con la conquista
e la difesa di territori da parte taleban, che all'oggi son ben il 54%
del paese asiatico, senza contare tutti i distretti in cui i ribelli
sono attivi. Segni forti, visibili, di una sconfitta che sta maturando
con il passare degli anni, dato il pantano in cui gli Stati Uniti
d'America, insieme ai paesi partecipi dell'operazione "Enduring
Freedom", si sono ritrovati avvinghiati. Quindi da una parte il
macello compiuto ai danni della popolazione dell'Afghanistan,
dall'altro l'incapacità di uscire da questa guerra perché
politicamente sconfitti, perché militarmente respinti.

Anche gli italiani combattono, e uccidono
Le truppe italiane, come avvenuto anche per tutti gli altri eserciti
occupanti, hanno subito numerosi attacchi ed agguati, dimostrazioni di
ostilità e opposizione, dalla popolazione locale e dalle formazioni
ribelli. La propaganda nazionale racconta spesso storie che poi nella
realtà si sciolgono come neve al sole: le immagini dei soldati che
distribuiscono le caramelle ai bambini, le favolette sulla
ricostruzione o, ancora, l'innocenza di professarsi come "forza di
pace, non combattente", mentendo, perché l'Italia partecipa
attivamente alle operazioni di attacco e distruzione; l'esercito
italiano fà la guerra.
Domenica notte, il 4 febbraio, le truppe Nato italiane hanno preso
parte all'attacco, nel distretto di Bakwa, contro un villaggio,
uccidendo una decina di persone, e facendo vittime per lo più civili,
dato che solo il mullah Abdul Manan (probabilmente sopravvissuto al
raid) annoverava contiguità ai ribelli. Nonostante la difficoltà di
raccogliere queste informazioni, data la previdente censura imposta
dallo Stato Maggiore italiano, i governatori della provincia
occidentale di Farah, Ghulam Mohaidun Balouch, e del distretto di
Bakwa, Khan Agha, hanno confermato agli organi di stampa
internazionali l'operazione e le vittime provocate da quest'ennesima
azione di guerra di cui si è macchiato l'esercito italiano. Il comando
italiano di Herat, a capo da qualche mese della missione Isaf nelle
provincie occidentali, a cui ha fatto eco il governo Prodi, si è
affrettato a screditare tutto, smentendo il combattimento e le
vittime, riproponendo il solito gioco della negazione dell'evidenza
per oscurare la realtà di un paese che tenta di professare la sua
"innocenza" all'opinione pubblica e, allo stesso tempo, di combattere
una guerra che ha perso ogni significato, se mai ne ha avuto..

>> leggi "Le battaglie degli italiani" e "Operazione Sarissa", report

di Peace Reporter

Un governo alla frutta che auspica la censura di guerra
Nonostante il (mal) seminato di questi ultimi due anni, il governo
Prodi ha ancora la faccia di ostentare moralismi e "sensi di
responsabilità", soprattutto se si parla di campo internazionale, dove
la sua azione ha portato a incrementi di truppe in ogni parte in cui
l'esercito italiano è schierato, maggiori stanziamenti per la Difesa,
servilismo incondizionato per gli Stati Uniti d'America (vedi progetto
Dal Molin di Vicenza), oltre che una nuova trincea in cui spianare
mitra e preseguire la "lotta al terrorismo", spacciando tutto per
cordone umanitario (vedi presenza Unifil 2 in Libano).
Infatti, il sottosegretario alla Difesa Lorenzo Forcieri, lette le
agenzie di stampa che riprendevano la notizia dell'attacco italiano,
data dall'agenzia di stampa di Peace Reporter, uno degli ultimi
barlumi di un'informazione indipendente, si è scagliato contro il
quotidiano online: "La notizia è falsa e priva di ogni fondamento. In
particolare nessuna unità delle forze armate italiane ha partecipato
ad alcuna operazione svolta la scorsa notte nel distretto di Bakwa",
aggiungendo la stoccata finale di un governo alla deriva "Si vogliono
condizionare i lavori del Parlamento". Peace Reporter, da parte sua
non ha mancato di ribadire la sua posizione di parte e l'indipendenza
della sua informazione, controbattendo: "Quanto al voler condizionare
i lavori del Parlamento e delle sue Commissioni, questo sì lo vorremmo
poter fare. Ma sappiamo di non riuscirci, giacché i parlamentari, i
ministri, i sottosegretari e anche i membri delle commissioni non si
fanno condizionare nemmeno dalla volontà dei loro elettori".

La guerra non va in crisi
Nonostante la crisi di governo, le ridicole consultazioni, il
chiacchericcio diffuso, il vento della guerra è sempre favorevole. Il
25 gennaio, all'indomani dello sfaldamento governativo, il Consiglio
dei Ministri ha approvato il decreto legge di rifinanziamento in
blocco di tutte le missioni militari italiane all'estero, il quale,
secondo la burocrazia parlamentare, dovrà essere approvato dal
parlamento entro fine marzo, per evitare di decadere. Annullamento che
si profila come assolutamente improbabile, dato che, nonostante il
teatrino messo in atto dai quattro ministri della sedicente sinistra
radicale, con la non partecipazione a quest'ultimo voto, quasi tutto
l'arco parlamentare esprimerà il suo si alle missioni di guerra, dal
Partito Democratico all'estrema destra, consapevoli del fatto che
questo non contribuirebbe affatto a dare una legittimità a Prodi ma a
proseguire "responsabilmente" le guerre in corso.

La Coalizione vuole più forze, gli Usa chiedono più guerra: Parisi
sull'attenti
La previsione degli strateghi di guerra è sempre quella della
prospettiva di un'offensiva taleban, che si profila per la primavera e
viene addirittura rafforzata dalle parole "senza precedenti".
L'America di George Bush e la Nato comandata dal generale de Jaap Hoop
Scheffer, su pressione statunitense, hanno fatto appello ai paesi
impegnati nel conflitto afghano, chiedendo rinforzi e belligeranza da
tutte le forze della Coalizione di guerra.
Il 7 e l'8 febbraio, si è tenuto a Vilnius, in Lituania, un vertice
informale dei ministri della Difesa dei paesi facenti parte della
missione in Afghanistan: sul tavolo della discussione ogni paese ha
portato la sua offerta, Stati Uniti e Nato vogliono nuovi rinforzi, di
uomini e mezzi di guerra. L'ufficializzazione di quest'operazione di
rinforzo verrà annunciata solo nei giorni tra il 2 ed il 4 aprile,
quando a Bucarest, in Romania, vi sarà l'ufficiale vertice Nato.
Il ministro Parisi, guerrafondaio da sempre, dati i suoi trascorsi,
non si è fatto pregare più di tanto, mostrando da subito un supino
assenso alle richieste pervenute per prime dal ministro alla difesa
americana Robert Gates. Sono stati promessi almeno 300 uomini, oltre a
nuovi mezzi militari, che debbono però essere aggiunti all'invio di
250 alpini nello scorso dicembre. Con questo incremento il contingente
italiano arriverebbe a 3000 uomini, con un impegno profuso che non
potrebbe far altro che aumentare ed incentivare le criminali
operazioni di guerra già in corso.

Vecchi e nuovi fantocci
In previsione dell'annunciata offensiva ribelle di primavera, sembra
che la Casa Bianca stia pensando di apportare qualche modifica al suo
schieramento in Afghanistan, fatto non solo di un aumento dei marines
in campo o di maggiori fondi stanziati per la guerra, ma anche da un
cambio di regime: il presidente dell'Afghanistan Hamid Karzai si è
dimostrato inadeguato agli occhi americani, incapace di frenare
l'avanzata ribelle e di allargare il suo controllo fuori dalla
capitale Kabul. Questo sarebbe un primo segnale del fallimento
interiorizzato dagli Stati Uniti in Afghanistan: Karzai è salito al
potere come loro uomo di fiducia, e come tale è stato successivamente
orchestrato dall'amministrazione Bush, quindi dichiarare come fallita
l'esperienza di Karzai equivarrebbe all'ammettere una propria sconfitta..
L'America starebbe valutando l'ipotesi di installare alla presidenza
un altro suo uomo di fiducia, il neocon afgano-americano Zalmay
Khalilzad, forte di un passato (e presente, è ambasciatore Usa presso
l'Onu) al servizio totale della potenza militare americana. Un nuovo
fantoccio, in sostituzione del vecchio.

>> Ascolta/scarica a lato l'intervista con Enrico Piovesana [

http://www.infoaut.org/public/media/1157_enrico_afghanistan.mp3 ] di
Peace Reporter

http://www.infoaut.org/news.php?id=1157



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