Fiera del Libro . Il problema non è la penna...ma la spada
Chiunque disponga di un minimo di buonsenso o si sia preso la briga di
leggere gli appelli per il "boicottaggio" della Fiera del Libro di
Torino, non avrebbe tardato a capire che al centro del conflitto non
sono gli scrittori israeliani né i loro libri. Chi, al contrario, ha
concentrato su questo aspetto polemiche e dibattito, lo ha fatto in
perfetta malafede o con grande superficialità. La dinamica della
discussione e dei conseguenti anatemi, somiglia molto a quella messa
in campo in relazione alla contestazione per l'intrusione "culturale"
del Pontefice all'Università di Roma.
1. Innanzitutto ci sembra che la campagna di "boicottaggio" abbia
prodotto un primo risultato. L'ambasciata e le autorità di Israele,
non potranno utilizzare la Fiera del Libro come propria vetrina
politica in occasione del sessantesimo della nascita del loro Stato
senza che ciò produca opposizione e resistenza evidente anche
all'opinione pubblica. Una parte dell'operazione - tutta politica -
messa in campo per l'edizione della Fiera di quest' anno, è stata
pubblicamente svelata e compromessa dall'azione pacifica ma
determinata delle reti, associazioni, organizzazioni, centri sociali,
intellettuali che non hanno abdicato alla solidarietà verso il popolo
palestinese. Una prima verifica su questo la faremo all'indomani della
prima manifestazione già convocata per il 29 marzo a Torino. Una
seconda la faremo nella settimana di mobilitazione prevista in
contemporanea con la Fiera stessa e che culminerà il 10 maggio con una
nuova manifestazione nazionale a Torino.
Sarà in quei giorni che verificheremo concretamente se la Fiera del
Libro tornerà alla sua dimensione naturale di incontro, marketing,
scambi editoriali e culturali oppure sarà occupata politicamente e
materialmente dagli apparati ideologici di stato (per dirla con
Althusser) di Israele.
2. In secondo luogo, il dibattito sul "boicottaggio" nel nostro paese
avviene in una sorta di vuoto pneumatico in cui i soggetti e l'oggetto
del boicottaggio scompaiono insieme alla storia, ai processi reali,
agli obiettivi e ai risultati delle azioni concrete.
Il ragionamento è semplice. I governi che si sono succeduti nello
Stato di Israele in questi sessanta anni dalla sua nascita, hanno
impedito materialmente e politicamente che nascesse lo Stato
Palestinese. I fatti e le responsabilità sono evidenti a tutti. La
Palestina come Stato non è potuta nascere perché un altro Stato
(Israele) glielo ha impedito militarmente, economicamente e
politicamente (con quel politicidio richiamato opportunamente da
Kimmerling), dando vita ad una relazione di tipo classicamente
coloniale tra Israele e i palestinesi dei Territori Occupati tuttora
vigente ed anzi diventata ancora più brutale.
Dedicare a Israele per i sessanta anni dalla sua nascita un evento
ufficiale come la Fiera del Libro di Torino, assumeva in sé come
legittima questa vulnerazione della storia, del diritto internazionale
e del diritto dei popoli, in modo specifico quello palestinese. Se
questo dubbio o questa sensibilità, avesse sfiorato le istituzioni che
animano la Fiera del Libro non si sarebbe arrivati a questa
situazione. Né può essere accettabile a posteriori che gli scrittori o
la cultura palestinese siano ammessi ancora una volta dalla "porta di
servizio" ad un evento che celebra i sessanta anni dello Stato che ha
negato ai palestinesi la terra, la libertà, l'identità,la dignità,
l'indipendenza.
3. Infine, ma non per importanza, il boicottaggio nasce come sanzioni
dal basso da parte della società civile di fronte all'inerzia o alla
complicità dei governi e delle istituzioni internazionali predisposte
per attuare sanzioni verso uno stato che violi la legalità e i diritti
umani e dei popoli.
Noi non abbiamo gli strumenti o la possibilità di far revocare
l'accordo di cooperazione militare tra Italia e Israele siglato dal
governo Berlusconi ma tuttora vigente, né possiamo far revocare le
collaborazioni nel campo delle alte tecnologie tra Regione Lazio e
Israele, né di far revocare i finanziamenti per le cure ai bambini
palestinesi assegnati però alle strutture israeliane e non agli
ospedali palestinesi dalla Regione Toscana. Tantomeno abbiamo la
possibilità di mettere fine al vergognoso paradosso, per cui le uniche
sanzioni internazionali adottate fino ad oggi sono state adottate non
contro Israele ma contro la popolazione palestinese di Gaza già in
emergenza umanitaria ancora prima dell'embargo adottato dall'Unione
Europea (e dall'Italia).
4. Dunque se qualcuno - anche nella sinistra – ha paura delle parole,
possiamo chiamare da oggi in poi il boicottaggio sanzionaggio. La
forma sarebbe più rassicurante per alcuni, ma la sostanza e gli
obiettivi rimangono i medesimi: ottenere attraverso una pressione
internazionale crescente un cambiamento della politica di uno stato e
dei suoi governi nei confronti di una popolazione sottoposta a
insostenibili violazioni dei propri diritti. Con il Sudafrica
dell'apartheid questo modello ha ottenuto dei risultati decisivi. Nel
1989 – con Mandela ancora in carcere e il movimento antiapartheid
reduce da una sconfitta dolorosa -nessuno di noi avrebbe immaginato
che nel 1994 Nelson Mandela sarebbe diventato presidente del
Sudafrica. Non solo, ma nessuno ha mai chiesto a Mandela e ai
movimenti che nel proprio paese e nel mondo lo sostenevano di dare
vita a due Stati: uno per i bianchi ed uno per i neri. Perché mai oggi
dovremmo arretrare anche sulla prospettiva niente affatto utopica
dello Stato unico per israeliani e palestinesi, uno stato laico,
democratico, multireligioso? Anche su questo il dibattito si è
finalmente riaperto. Chissà se si riuscirà a discuterne anche dentro e
fuori la Fiera del Libro di Torino nei prossimi mesi? Vista così, la
campagna di "boicottaggio" ha avuto il merito di porre al centro
dell'agenda politica questioni decisive che erano state pesantemente
rimosse anche nel nostro paese, anche dalla sinistra nel nostro paese.
(Il presente articolo è stato inviato il 7 febbraio al Manifesto con
richiesta di pubblicazione. E' comunque a disposizione di chiunque lo
ritenga interessante e intenda pubblicarlo o utilizzarlo)
Sergio Cararo
Campagna 2008 anno della Palestina/Forum Palestina
fonte: forumpalestina@???
http://www.pane-rose.it/files/index.php?c3:o11059
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"Non vedo nessun Dio quassù"
(Yuri Gagarin)
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(Groucho Marx)
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(Piergiorgio Bellocchio)
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