[NuovoLab] Il papa, l'aborto e quattro guardie svizzere

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題目: [NuovoLab] Il papa, l'aborto e quattro guardie svizzere
Il documento dei quattro direttori sanitari
romani, poi il papa. Ma qual è la novità, nel
chiedere la rianimazione di un feto? Nessuna:
è già tutto previsto nella legge. E’ propaganda.

Carta quotidiano lunedì 4 febbraio 2008 ore 18

Carlo Oliveri [Socialpress]

Non è certo una scoperta scientifica quella che
hanno fatto i quattro direttori delle cliniche ginecologiche
delle università romane, quando affermano, in
un documento congiunto, che «un neonato vitale, in
estrema prematurità, va trattato come qualsiasi persona
in condizioni di rischio, e assistito adeguatamente
». E allora, se non è una scoperta scientifica,
perché tanto risalto? I motivi potrebbero essere
diversi.
Il primo sta nel fatto che tale documento è stato presentato
in occasione della Giornata della Vita, proprio
nel periodo in cui si è riaffacciata per l’ennesima volta
la volontà di cancellare la legge 194 sull’interruzione
volontaria di gravidanza. Puntuale come un orologio
svizzero, la dichiarazione ha preceduto di sole 24 ore
le parole che il Papa ha pronunciato in piazza San
Pietro, il quale si è potuto avvalere anche delle loro
affermazioni per dare l’ennesimo affondo sull’aborto.
In questo modo l’attacco alla legge 194 comincia a non
apparire più soltanto come una specie di «idea fissa»
dei soliti cattolici integralisti, ma è evidente il tentativo
di dare alle ragioni degli anti-abortisti delle fondamenta
scientifiche.
Data la disponibilità a queste manovre dei quattro
direttori delle cliniche ginecologiche di La Sapienza,
Tor Vergata, la Cattolica e il Campus Biomedico, vien
quasi da domandarsi, se non avessero avuto maggior
fortuna nella carriera di guardie svizzere. D’altra
parte, se non fosse per questi poco scientifici intenti,
che ben si combinano con la recente proposta di moratoria
sull’aborto fatta da quel campione di obiettività
giornalistica che è Giuliano Ferrara, il documento dei
quattro dell’Ave Maria non sarebbe altro che la conferma
della validità della legge 194. Nella legge n.194
del 22 maggio 1978 si prevedono due possibilità per
l’interruzione di gravidanza. La prima è quella prevista
nei primi 90 giorni di gravidanza per «circostanze
per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o
la maternità comporterebbero un serio pericolo per la
salute fisica o psichica della donna, in relazione o al
suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o
sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto
il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni
del concepito».
Questo caso, in cui si parla di aborto entro la 13esima
settimana, non è minimamente toccato dal documento
dei quattro professori ginecologi, perché in esso si
parla di aborti dopo la 22esima settimana. La seconda
possibilità prevista dalla legge 194 è quella specificata
nell’articolo 6, in cui la Ivg è permessa dalla legge
anche dopo i primi novanta giorni di gravidanza: a)
quando la gravidanza o il parto comportino un grave
pericolo per la vita della donna; b) quando siano accertati
processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti
anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino
un grave pericolo per la salute fisica o psichica
della donna.In questi casi, dicono i quattro, «un neonato
vitale, in estrema prematurità, va trattato come
qualsiasi persona in condizioni di rischio, e assistito
adeguatamente».
E qual è la novità di questa affermazione, tale da giustificare
un risalto mass-mediatico così grande da conquistare
il primo posto nella scaletta di tutti i telegiornali
e la prima pagina di quasi tutti i giornali?
Nessuna. Infatti nell’articolo 7 della legge si legge:
«Quando sussiste la possibilità di vita autonoma del
feto, l’interruzione della gravidanza può essere praticata
solo nel caso di cui alla lettera a) dell’articolo 6 e
il medico che esegue l’intervento deve adottare ogni
misura idonea a salvaguardare la vita del feto»
.A questo punto viene spontanea una domanda: se si è
reso necessario, secondo i 4 direttori ginecologi, specificare
questo punto, ciò vorrebbe dire che nella pratica
clinica non viene seguita questa procedura che, oltre
ad essere citata in una legge dello stato, risponde anche
al codice deontologico di ogni buon medico?Se
fosse così, risulta abbastanza chiaro che non è la legge
194, né tantomeno le donne che vi fanno ricorso, ad
attentare alla vita. Infine, risulta necessario precisare
un ulteriore punto del documento dei 4 professori, in
cui si dice che il neonatologo deve intervenire per
rianimare il feto «anche se la madre è contraria, perché
prevale l’interesse del neonato». Ora, se l’interruzione
della gravidanza è prevista dopo i primi 90 giorni solo
in caso di «grave pericolo per la vita della donna»,
come si può pensare che una madre possa essere contraria
alla rianimazione di suo figlio, se è stata costretta
ad abortire per un grave pericolo di vita? Ecco, in
ultima analisi, dove vogliono arrivare tutte queste
iniziative. Dalla scellerata proposta di una moratoria
sull’aborto alle dichiarazioni sessuofobiche dei vertici
ecclesiastici, fino alle fuorvianti dichiarazioni pseudoscientifiche
di qualche guardia svizzera travestita da
scienziato, tutto questo ha un solo bersaglio: la donna

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Non potendo rafforzare la giustizia si è giustificata la forza B. Pascal
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Ugo Beiso