Censura di guerra: il silenzio devastante sulla guerra in Afghanistan
Nessuno dice nulla, nessuno ne parla. Eppure i militari italiani
hanno, dallo scorso 13 dicembre, il controllo (si fa per dire, ce lo
hanno solo formalmente) della capitale Kabul. E ieri un commando
talebano (non un attentatore suicida, un vero commando militare) ha
colpito il cuore della capitale. Che non è il palazzo presidenziale di
Karzai, quello non lo considera più nessuno, ma è l'Hotel Serena. Dove
stanno i ministri stranieri in visita (quello norvegese è scappato
dall'Afghanistan dopo l'attentato annullando tutti gli impegni) e i
loro plenipotenziari. Dove stanno gli uomini d'affari che curano la
ricostruzione lecita e illecita del Paese occupato dalle truppe
straniere. Eppure agli italiani, sempre dallo scorso 13 dicembre, è
stato affidato l'avamposto di Surobi (o Sirobi, a seconda della
traslitterazione), che sta sulla strada che dalla capitale porta al
Pakistan, crocevia di tutte le incursioni talebane e teatro di
centinaia di scontri armati.
Un accenno molto significativo e assai poco citato lo ha fatto il
ministro degli Esteri D'Alema, nella trasmissione Chetempochefa, dopo
una domanda (anche suggerita da noi) sulla situazione afgana. Il
ministro D'Alema ha candidamente ammesso che, in effetti, la missione
italiana è cambiata rispetto all'inizio, perché modificata è la
situazione afgana.
E adesso, mettiamo le mani su una missione che doveva rimanere
supersegreta, la missione Sarissa, che va avanti dal 2006. Altri [
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Quella-strana-missione-chiamata-Afghanistan/193838
7 ] ne avevano già accennato. Noi abbiamo trovato elementi, e persino
il logo, da cui si evince che l'operazione militare non riguarda
affatto la sola zona di Farah. Abbiamo mandato il mini-dossier che
oggi abbiamo pubblicato a tutti i segretari dei partiti rappresentati
in parlamento, al ministro della Difesa, a quello degli Esteri al
presidente del Consiglio Prodi e al presidente della Repubblica
Napolitano, che è il garante della Costituzione Repubblicana. Il
silenzio che abbiamo avuto, per ora, come risposta è un urlo
dirompente. Ma, anche di questo siamo abbastanza certi, se ne
accorgeranno in pochi.
Nessuno parla più di exit strategy. Nessuno parla più di conferenze di
pace. Nessuno parla di Afghanistan. Tipico, anche questo, di un paese
in guerra. Perché quando si è in guerra, la censura è sempre attenta e
vigile. Ma da noi la censura ufficiale, quella che fa vedere solo le
foto dei nostri bravi militari che curano donne e bambini e anziani e
non mostra le foto dei combattimenti, come racconta il bel libro di
Gianandrea Gaiani, Iraq-Afghanistan, guerre di Pace italiane,
(tutt'altro che un pacifista essendo lui un esperto di cose militari e
se vogliamo utilizzare le categorie della politica, certamente più
vicino alla destra che non alla sinistra) è aiutata dall'autocensura
di troppi colleghi.
Maso Natarianni
www.peacereporter.net
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"Non vedo nessun Dio quassù"
(Yuri Gagarin)
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"L'intelligenza militare è una contraddizione in termini"
(Groucho Marx)
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"Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia perche' saranno giustiziati"
(Piergiorgio Bellocchio)
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