[NuovoLab] Un bambino maciullato sotto un Tir

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Szerző: brunoa01
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Tárgy: [NuovoLab] Un bambino maciullato sotto un Tir
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La storia orrenda di una fuga da Kabul che non ha commosso l'Italia

Un bambino maciullato sotto un Tir
quanto vale se è clandestino?

Piero Sansonetti
Magari vi è sfuggita la notizia, che era pubblicata sui giornali di ieri con scarso rilievo. Anche noi l'abbiamo pubblicata in una pagina interna e in poche righe, travolti, come tutti, dal frastuono della crisi politica, dei suoi risvolti, delle prospettive, delle ipotesi, dei retroscena. La notizia, cruda e agghiacciante, è questa: un bambino di 14 anni è fuggito dall'Afghanistan, dove c'è la guerra che anche le nostre truppe stanno combattendo, e ha cercato di arrivare in Italia dove sperava di trovare un futuro migliore. Per passare la frontiera, sfuggendo ai controlli della nostra polizia e aggirando le leggi sull'immigrazione, ha deciso di nascondersi in un tir, un camion, che veniva dalla Grecia. Per nascondersi ha usato delle corde che ha legato sotto il tir, vicino alle ruote, in modo da non essere visto da nessuno, e poi ha usato queste corde come se fossero una specie di cuccetta. Ha viaggiato per molti chilometri in questa posizione, tenendosi forte, con il volto verso l'asfalto, distante non più di trenta centimetri, e la nuca che sfiorava l'asse di trasmissione. Il tir era sbarcato ad Ancona ed era diretto in Spagna. Nessuno sa a quale punto del tragitto il ragazzino è morto. Lo ha visto un automobilista penzolare sotto il tir, con le scarpe da fuori e il sangue che gocciolava. Forse una delle corde che lo sorreggeva non ha retto, forse una cunetta o qualcosa del genere ha provocato l'urto tra la sua testa e l'asfalto, forse - speriamo - è stato inebetito dai gas di scarico del Tir, ha perso conoscenza, è scivolato. Lo hanno trovato morto e sfigurato.
Non è una notizia orrenda, di quelle che commuovono e che spesso riempiono le prime pagine dei giornali? Già. E come mai non era sulle prime pagine? Lo sapete benissimo perché. Il bambino non era italiano, non sappiamo nemmeno come si chiamasse, non ce l'hanno detto, la sua età la conosciamo perché era stato identificato qualche giorno prima di Natale dalla polizia greca e aveva in tasca un foglietto con i dati di questa identificazione. A noi non interessa molto la sorte di un bambino non italiano, perdipiù afghano e del quale non sappiamo niente. Non ci stupisce eccessivamente il fatto che sia morto, in circostanze così atroci, ed è difficile che una notizia di questo genere possa spingerci a qualche domanda sul modo assurdo con il quale si affronta solitamente il problema e il dramma della clandestinità. Noi consideriamo la clandestinità un enorme problema per noi, noi occidentali, noi italiani, la cui vita è complicata dalla presenza di persone straniere entrate in modo irregolare dentro i confini europei, nella cittadella del benessere, che ovviamente deve essere a numero chiuso se non vuole perdere il suo splendore, i suoi vantaggi.
Nemmeno ci sfiora l'idea che la clandestinità sia un dramma non per il fastidio che ci arreca ma perché comprime i diritti dei clandestini, o li annulla, e spinge queste persone a scelte disperate, e alla morte, come è successo al ragazzino dell'Afghanistan.
Non vi pare che di fronte a notizie come questa, tanti discorsi che hanno accompagnato la discussione sul decreto sicurezza (quello contro i clandestini) possano provocare una sensazione - scusate la franchezza - di schifo?


24/01/2008



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