[Paesibaschiliberi] Islada n.28, bollettino di Behatokia

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Szerző: Marcellino
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Címzett: paesibaschiliberi
Tárgy: [Paesibaschiliberi] Islada n.28, bollettino di Behatokia
In italiano vedi mail allegata oppure:
www.behatokia.info/docs/boletinak/boletinberria/28isladait.htm
www.behatokia.info/docs/boletinak/boletinberria/28isladait.htm




:: ISLADA ::




















Tortura:
                      rapporto di Amnesty International sull’impunità

Amesty International evidenzia
                      periodicamente la persistenza della tortura nello Stato 
                      spagnolo; nel suo rapporto annuale sul 2006, si riferisce 
                      in particolare ai cinque giorni di isolamento assoluto, 
                      prorogabili fino a tredici, previsti dalla legalità 
                      spagnola per gli arrestati. 


Gorka Lupiañez
                      torturato

Il giovane di Durango Gorka
                      Lupiañez è stato arrestato dalla Guardia Civil 
                      il 6 dicembre, nel corso di un controllo nella località 
                      di Berriz, mentre si spostava a piedi, dopo di che è 
                      stato condotto alla caserma “La Salve” in regime 
                      di isolamento assoluto; Lupiañezsi trovava in libertà 
                      provvisoria ed era previsto che sarebbe stato giudicato 
                      in gennaio, accusato di avere partecipato a diversi atti 
                      di sabotaggio, motivo per il quale era già stato 
                      arrestato in due occasioni e, in entrambe, aveva denunciato 
                      di avere subito torture.


Prigionieri ammalati
Gotzone López de Luzuriaga

                      Sono nove i prigionieri baschi che soffrono di malattie 
                      gravi ed incurabili e che si trovano, obiettivamente, nelle 
                      condizioni per essere scarcerati, soddisfando le condizioni 
                      imposte a questo scopo dall’articolo 92 del Codice 
                      Penale.


                      ANALISI:

Situazione della lotta
                      contro la tortura
.
Julen Arzuaga, Coordinador
                      de Behatokia








Processo
                      18/98:

Centinaia di anni
                      per attività commerciali, sociali, politiche e culturali

La Audiencia Nacional, dopo
                      avere fatto trapelare sulla stampa gran parte dei suoi contenuti, 
                      il 19 dicembre scorso ha finalmente reso nota la sentenza 
                      del Processo 18/98


Incarcerata la
                      mesa nacional di Batasuna: i diritti politici?

Con l’arresto di Juan
                      Mari Olano, dopo una manifestazione brutalmente attaccata 
                      dalla brigata mobile della Polizia Autonoma Basca, che il 
                      9 settembre ha provocato dozzine di ferite in una giornata 
                      di festa, si è dato definitivamente il via a questa 
                      nuova dinamica. 


Garzón manda in
                      prigione Marije Fullaondo

Proprio una delle ricorrenti
                      al Tribunale di Strasburgo contro la messa fuori legge di 
                      Herritarren Zerrenda, Marije Fullaondo, è stata arrestata 
                      il 18 dicembre scorso in un’operazione condotta dal 
                      magistrato della Audiencia Nacional 


Strasburgo ammette
                      il ricorso di Batasuna contro la sua messa fuori legge

All’inizio di dicembre
                      è stato confermato che il Tribunale Europeo per i 
                      Diritti Umani analizzerà i ricorsi di Herri Batasuna 
                      e di Batasuna, oltre a quelli di Autodeterminaziorako Bilgunea 
                      (AuB), delle piattaforme elettorali locali e di Herritarren 
                      Zerrenda (HZ), contro la loro messa fuori legge in applicazione 
                      della Legge sui Partiti Politici. 











:: Tortura: rapporto di
              Amnesty International sull’impunità

Amesty International evidenzia periodicamente
              la persistenza della tortura nello Stato spagnolo; nel suo rapporto 
              annuale sul 2006, si riferisce in particolare ai cinque giorni di 
              isolamento assoluto, prorogabili fino a tredici, previsti dalla 
              legalità spagnola per gli arrestati. L’organismo internazionale 
              evidenzia che, durante il periodo di isolamento assoluto, “persone 
              arrestate con l’accusa di presunta relazione con ETA, hanno 
              denunciato di avere subito torture”; di seguito, Amnesty evidenzia 
              anche che, nonostante lo Stato spagnolo abbia ratificato il Protocollo 
              Facoltativo della Convenzione contro la Tortura, «ha mantenuto 
              pratiche condannate dal Relatore speciale delle Nazioni Unite in 
              quanto ha ritenuto che esse aumentino il rischio di torture e maltrattamenti». 


Amnesty International sottolinea «molti
                casi» di tortura e maltrattamenti «restano impuniti 
                e non portano ad indagine sistematiche ed indipendenti». 
                Proprio l’impunità risulterà particolarmente 
                evidenziata nel rapporto pubblicato lo scorso novembre, “Sale 
                sulla ferita”, che, riferendosi esclusivamente allo Stato 
                spagnolo, raccoglie i casi nei quali sono paradigmatiche l’insufficiente 
                indagine giudiziaria e la mancanza di adozione di provvedimenti 
                disciplinari e quelli nei quali i torturatori hanno goduto dell’indulto 
                governativo. 

In concreto, il rapporto raccoglie due casi
                nei quali Behatokia si è attivata esplicitamente: quello 
                di Joxe Arregi, morto sotto tortura il 13 febbraio 1981, nel quale 
                furono implicati 73 poliziotti, dei quali solo cinque sono stati 
                inizialmente arrestati ma, a causa delle forti pressioni esercitate 
                dai loro superiori, che hanno a questo scopo organizzato una protesta 
                collettiva, solo due sono stati giudicati ed, infine, condannati. 
                Amnesty International menziona le promozioni di uno di essi, Gil 
                Rubiales, ma egli non è l’unico, ma tutti e cinque 
                haoono occupato o occupano alte cariche; l’altro condannato, 
                Julián Marín, ad esempio, è commissario capo 
                ed è in forza, come Aggregato del Ministero degli Interni, 
                all’ambasciata di Quito, in Ecuador. Anche gli altri tre 
                poliziotti inizialmente accusati, hanno fatto rapidamente carriera. 


Quanto al secondo caso menzionato nel
                rapporto, quello di Kepa Urra, a due dei condannati è stato 
                concesso l’indulto nel 1999, dopo essere stati ricevuti 
                da Aznar alla Mocloa (sede del Governo spagnolo, N.d.T.) e già 
                a quel tempo occupavano posti di rilevanza strategica: Manuel 
                Sánchez Corbí, promosso capitano mentre il processo 
                per torture era in pieno corso, una volta ottenuto l’indulto 
                fu immediatamente nominato comandante, era il responsabile del 
                coordinamento con la Francia della lotta antiterrorista e José 
                María de las Cuevas Carretero era destinato all’Unità 
                Servizi Speciali della Guardia Civil. Carretero ricevette, come 
                rappresentante della Polizia Giudiziaria, i membri del CPT del 
                Consiglio d’Europa, che realizzarono un visita in Spagna 
                nel 2001; le autorità scelsero proprio un torturatore condannato 
                e che aveva poi goduto dell’indulto per ricevere un prestigioso 
                organismo per la prevenzione della tortura. Le stesse autorità 
                sono tornate a mostrare lo stesso assoluto disprezzo non rispettando 
                affatto la Risoluzione del Comitato contro la Tortura dell’ONU 
                in riferimento a Kepa Urra, nel quale si raccomandava allo Stato 
                di «vigilare affinché, nella pratica, siano inflitte 
                pene adeguate agli autori di atti di tortura e si assicuri alla 
                vittima una riparazione completa». Nessuna delle azioni 
                richieste dal Comitato perché la vittima di tortura fosse 
                risarcita è stata messa in atto da parte dello Stato spagnolo.


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:: Gorka Lupiañez torturato

Il giovane di Durango Gorka Lupiañez
                è stato arrestato dalla Guardia Civil il 6 dicembre, nel 
                corso di un controllo nella località di Berriz, mentre 
                si spostava a piedi, dopo di che è stato condotto alla 
                caserma “La Salve” in regime di isolamento assoluto; 
                Lupiañezsi trovava in libertà provvisoria ed era 
                previsto che sarebbe stato giudicato in gennaio, accusato di avere 
                partecipato a diversi atti di sabotaggio, motivo per il quale 
                era già stato arrestato in due occasioni e, in entrambe, 
                aveva denunciato di avere subito torture.


                L’isolamento assoluto è durato cinque giorni durante 
                i quali l’arrestato è rimasto sotto custodia della 
                Guardia Civil ed altri sette giorni dopo il suo ingresso in carcere, 
                in applicazione della riforma del 2003, in virtù della 
                quale (contrariamente alle raccomandazioni internazionali) si 
                prolunga l’estensione del periodo di isolamento assoluto. 
                Il giovane ha reso un racconto raccapricciante del trattamento 
                ricevuto, specificando che le botte sono iniziate immediatamente 
                dopo l’arresto, “soprattutto sui testicoli” 
                e che, una volta trasferito a Madrid, gli è stato messo 
                il “sacchetto” (tortura mediante asfissia, N.d.T.) 
                più di 50 volte al giorno. Ha anche raccontato di essere 
                stato obbligato a fare “migliaia di flessioni”, che 
                per due volte ha subito la “vasca da bagno” (tortura 
                mediante affogamento, N.d.T.) e di essere stato violentato una 
                volta con un bastone; ha raccontato che un Guardia Civil “mi 
                ha legato i testicoli ed il pene con una corda e ha iniziato a 
                tirare; mi strattonava anche con le mani, ad un certo punto ho 
                cominciato a sanguinare da pene”. L’intera testimonianza 
                è disponibile su www.behatokia.info


                Le presunte misure di prevenzione che, in altri casi, hanno potuto 
                avere una certa capacità di dissuasione, hanno dimostrato 
                la loro assoluta inefficacia, poiché la loro applicazione 
                è volontaria, aleatoria ed episodica. Il regime di isolamento 
                assoluto, recentemente riformato per prolungarlo e renderlo, pertanto, 
                più efficace, dimostra tutte le sue potenzialità. 
                Neppure la denuncia pubblica si è rivelata efficace, a 
                causa del silenzio dei partiti politici, degli opinionisti e dei 
                grandi mezzi di comunicazione; la tortura resta sistematica e 
                le testimonianze in merito nascoste dal silenzio complice. 



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:: Prigionieri ammalati: Gotzone López
                de Luzuriaga


Sono nove i prigionieri baschi che soffrono
                di malattie gravi ed incurabili e che si trovano, obiettivamente, 
                nelle condizioni per essere scarcerati, soddisfando le condizioni 
                imposte a questo scopo dall’articolo 92 del Codice Penale.

A López de Luzuriaga, che ha già
                scontato 18 anni, è stato diagnosticato un carcinoma duttale 
                infiltrante al seno (cancro al seno) agli inizi di quest’anno; 
                il 21 giugno 2007 ha subito un intervento chirurgico, dopo il 
                quale il servizio di oncologia dell’ospedale di Jaen, dove 
                è in cura, ha prescritto un trattamento di radioterapia. 
                Fin dall’inizio, le difficoltà nel seguire questa 
                terapia sono state costanti: condizioni disumane durante i trasferimenti, 
                ritardi, mancati appuntamenti alle sedute di terapia programmate…

A questa situazione andrebbe aggiunto che López
                de Luzuriaga si trova in carcere a 700 chilometri dal suo luogo 
                d’origine, il che rende più difficile l’assistenza 
                da parte di medici di fiducia; la stessa prigione di Jaen ha aperto 
                un fascicolo che conferma la diagnosi di cancro al seno e ha proposto 
                la sua scarcerazione per motivi di salute. 

Tuttavia, il Tribunale Centrale di Sorveglianza
                della Audiencia Nacional, competente riguardo la valutazione dello 
                stato della prigioniera basca e riguardo la sua possibile scarcerazione, 
                lo scorso 16 novembre ha pubblicato un provvedimento: il suo titolare, 
                il giudice José Luis Castro, ha ammesso la gravità 
                della malattia, ma ha negato la messa in libertà perché 
                ha ritenuto che la prigione non la danneggerebbe, contrariamente 
                al criterio dei medici. In effetti, le due diagnosi mediche a 
                disposizione del Tribunale di Sorveglianza (uno fornito dalla 
                dottoressa di fiducia della prigioniera, Dr. Mati Iturralde e 
                l’altra del vicedirettore medico del carcere di Jaen) stabiliscono 
                che Gotzone López de Luzuriaga deve essere scarcerata per 
                potere ricevere un trattamento adeguato al tumore al seno diagnosticatole 
                a giugno. 

Il Tribunale si giustifica adducendo «l’impossibilità
                di garantire minimamente un pronostico, seppure dubbioso, sulla 
                “difficoltà a delinquere e scarsa pericolosità 
                del soggetto»; oltre a queste ragioni circa una recidività, 
                improbabile nello stato in cui si trova López de Luzuriaga, 
                il giudice considera che “non ha dimostrato pentimento né 
                volontà di chiedere perdono alle vittime”. Questi 
                due argomenti sono assolutamente estranei alla procedura stabilita 
                dall’art. 92, che si riferisce esclusivamente a questioni 
                mediche; l’ultimo argomento utilizzato dal giudice, questo 
                sì in riferimento allo stato clinico della prigioniera, 
                è che “non risulta che la permanenza in carcere incida 
                negativamente sul suo decorso”.


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:: Processo 18/98: Centinaia di anni per attività
                commerciali, sociali, politiche e culturali


La Audiencia Nacional, dopo avere
                fatto trapelare sulla stampa gran parte dei suoi contenuti, il 
                19 dicembre scorso ha finalmente reso nota la sentenza del Processo 
                18/98; in seguito ad essa, sono state dichiarati illegali e sciolti 
                varie imprese commerciali, i mezzi di comunicazione Egin ed Egin 
                Irratia, l’organizzazione politica Ekin, l’Associazione 
                Europea per la solidarietà internazionale Xaki e la Fondazione 
                per lo sviluppo del movimento associativo basco Joxemi Zumalabe, 
                inoltre 47 persone sono state condannate, in quanto membri delle 
                suddette imprese o associazioni, a pene per un totale di 525 anni 
                di prigione per essere state considerate partecipanti, dirigenti 
                o collaboratori della banda terrorista ETA. 

La sentenza, oltre a contenere interi paragrafi
                costituiti da rapporti di polizia, è costellata di apriorismi, 
                pregiudizi, interpretazioni distorte ed interessate, per giustificare 
                la conclusione che, come affermato da Garzón in istruttoria, 
                “tutto è ETA”: «né KAS, né 
                Ekin, né Xaki, costituiscono un’organizzazione armata; 
                non hanno armi, poiché il loro utilizzo non era compito 
                loro ma del braccio armato di ETA, ma dette strutture partecipano 
                pienamente all’unità organizzativa e strutturale 
                dell’organizzazione terrorista ETA». Inoltre, su coloro 
                che erano sotto processo in relazione alle imprese del Gruppo 
                Orain, editore di Egin e di Egin Irratia, sono cadute le pene 
                più alte; il tribunale tenta di giustificare la sua decisione 
                legando le attività volte a pubblicare un giornale e quelle 
                destinate ad eludere l’asfissia economica della quale era 
                vittima ad una supposta dipendenza da ETA e la relatrice della 
                sentenza, Angela Murillo, in proposito, afferma che per sostenere 
                le accuse non ha neppure avuto bisogno di prove: “basta 
                sapere leggere”. 

Come già pubblicamente affermato
                da osservatori internazionali, questa sentenza “significa 
                la normalizzazione di una cultura giuridica d’emergenza 
                o d’eccezione, nella quale si stabiliscono responsabilità 
                penali diffuse e collettive, assolutamente incompatibile con un 
                sistema democratico”; dunque, per essi, la sentenza “si 
                inquadra in una strategia più globale e di lunga durata 
                di criminalizzazione dell’esercizio del diritto di opinione, 
                di riunione, di manifestazione, ed altri, di un settore consistente 
                della società basca”. 


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:: Incarcerata la mesa nacional di Batasuna:
                i diritti politici?


Con l’arresto di Juan Mari
                Olano, dopo una manifestazione brutalmente attaccata dalla brigata 
                mobile della Polizia Autonoma Basca, che il 9 settembre ha provocato 
                dozzine di ferite in una giornata di festa, si è dato definitivamente 
                il via a questa nuova dinamica; l’accusa non si basava sugli 
                incidenti, né nella supposta illegalità della manifestazione: 
                il reato indicato dal giudice Baltasar Garzón consiste 
                in una “reiterazione di reato” per la continuazione 
                delle sue attività come portavoce dell’organismo 
                a favore dell’amnistia “Askatasuna”. Olano, 
                insieme ad altri 13 membri di questa associazione, è stato 
                in carcerazione preventiva per quattro anni, senza che, a d oggi, 
                si sia celebrato alcun processo per la sua attività politica, 
                senza dubbio fastidiosa per lo Stato, ma che si limita alla denuncia 
                della repressione e dell’impunità. Il giudice della 
                Audiencia Nacional Baltasar Garzón, che si occupa delle 
                indagini su questi casi, ha dimenticato di prorogare la sospensione 
                delle attività di questo organismo dal febbraio 2007, pertanto, 
                oggi, si può ritenere che questa proibizione sia decaduta 
                a causa della negligenza del giudice stesso. 

Alcune settimane dopo, sono stati arrestati
                Ohiana Agirre, della stessa organizzazione antirepressiva Askatasuna 
                e Joseba Alvarez, responsabile dell’area internazionale 
                di Batasuna.


Quotidiani vicini al Governo avevano annunciato
                questa nuova strategia; il 9 settembre, El País indicava 
                che «Il Governo sta rispondendo alla sfida di ETA in maniera 
                “implacabile”, secondo l’espressione del presidente 
                José Luis Rodríguez Zapatero. Questa decisione, 
                si traduce nel fatto che non solo attaccherà l’apparato 
                militare di ETA, ma anche la cupola politica che ha partecipato 
                al processo di dialogo e le associazioni loro affini, assicurano 
                fonti governative». Il 30 dello stesso mese, il quotidiano 
                Público si riferiva a questa dinamica repressiva contro 
                organismi indipendentisti sottolineando che «il Governo 
                spera che, prima delle elezioni, gran parte dei loro leader sia 
                in prigione». 


                In un ambiente surriscaldato e rispondendo puntualmente a questa 
                volontà dell’Esecutivo, il 4 ottobre una ventina 
                di dirigenti della sinistra indipendentista basca sono stati arrestati 
                dalla polizia spagnola, che ha messo in atto una grande operazione 
                e ha completamente occupato Segua, una piccola località 
                in Gipuzkoa, dove stavano per svolgere una riunione; altre due 
                persone sarebbero state arrestate successivamente e tutti sono 
                stati posti in isolamento assoluto (senza assistenza legale, né 
                medica, N.d.T.), anche se non sono stati denunciati maltrattamenti. 



                La copertura giuridica è stata nuovamente affidata al giudice 
                della Audiencia Nacional Baltasar Garzón; secondo la sua 
                giustificazione, in un documento del 7 ottobre, “la trama 
                terrorista guidata da ETA, agisce con vocazione fagocitante e 
                predatoria su tutto lo spettro conosciuto come sinistra indipendentista 
                basca”, spazio che Batasuna “senza dubbio ha cercato 
                e cerca di strumentalizzare per insediarvisi”. La conclusione 
                dell’argomentazione è (letteralmente) che “questa 
                tendenza espansiva di Batasuna sotto gli auspici di ETA è 
                evidente e può produrre effetti in altre organizzazione 
                che potrebbe, eventualmente, colonizzare e nei confronti delle 
                quali si potrà agire, se del caso, nel momento nel quale 
                vi saranno sufficienti indizi, ma non prima”. In conclusione, 
                tutta la sinistra indipendentista basca è potenzialmente 
                ETA e contro di essa si agirà in futuro.


                In collusione con Garzón, il Ministro degli Interni, Sig. 
                Rubalcaba, ha dichiarato che «Batasuna si sta riorganizzando 
                solo e semplicemente per appoggiare ETA». «E questo 
                è ciò che lo Stato non consentirà», 
                ha sentenziato.. 


                Questa operazione, basata esclusivamente sull’attività 
                politica dei membri di Batasuna, è stata definita da mezzi 
                di comunicazione internazionali “operazione di vendetta”. 
                Indipendentemente dai principi processuali che si trasgrediscano, 
                dalla legalità o illegalità con la quale si eseguono 
                queste operazioni poliziesche, al di là dei presunti “fondamenti 
                di diritto” impiegati, ciò che rimane è una 
                politica di persecuzione ed aggressione alle idee e benché 
                si continui ad utilizzare la polizia ed il sistema giudiziario 
                come valvola di sfogo di fronte a congiunture politiche, questa 
                azione repressiva non sfugge agli occhi di osservatori internazionali 
                e di organismi che si occupano di diritti umani. 



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                :: Garzón manda in prigione Marije Fullaondo


Proprio una delle ricorrenti al
                Tribunale di Strasburgo contro la messa fuori legge di Herritarren 
                Zerrenda, Marije Fullaondo, è stata arrestata il 18 dicembre 
                scorso in un’operazione condotta dal magistrato della Audiencia 
                Nacional (Tribunale Speciale, N.d.T) Baltasar Garzón. Quando 
                la sua avvocata si è messa in contatto con la Audiencia 
                Nacional, le è stata negata qualsiasi informazione, sostenendo 
                che le indagini erano coperte da segreto; dopo tre giorni di detenzione 
                in isolamento assoluto, è stata mandata in carcere con 
                l’accusa di “partecipazione ad organizzazione terrorista 
                e reiterazione del reato”. Nel suo documento, il giudice 
                collega Fullaondo ai partiti politici EAE-ANV ed EHAK, ad oggi 
                legali e rappresentati in municipi baschi e nel Parlamento Autonomo 
                Basco; il magistrato afferma che “avvierà un’analisi 
                più approfondita” di queste organizzazioni. Fullaondo, 
                poche ore prima del suo arresto, aveva rilasciato un’intervista 
                nella quale affermava che “la fotografia di questi ultimi 
                giorni, ci presenta una recrudescenza enorme del conflitto fra 
                Euskal Herria e lo Stato spagnolo ed in questo contesto politico 
                si spiegano le azioni repressive dello Stato e quelle di ETA”; 
                la ragione dell’arresto, secondo l’ordine della magistratura, 
                sarebbe da inquadrare nell’operazione iniziata dalla Polizia 
                spagnola lo scorso 4 ottobre, a Segua, nel corso della quale è 
                stata arrestata buona parte della direzione di Batasuna.


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:: Strasburgo ammette il ricorso di Batasuna
                contro la sua messa fuori legge


All’inizio di dicembre è stato confermato
                che il Tribunale Europeo per i Diritti Umani analizzerà 
                i ricorsi di Herri Batasuna e di Batasuna, oltre a quelli di Autodeterminaziorako 
                Bilgunea (AuB), delle piattaforme elettorali locali e di Herritarren 
                Zerrenda (HZ), contro la loro messa fuori legge in applicazione 
                della Legge sui Partiti Politici. Questi ricorsi sono stati presentati 
                al Tribunale di Strasburgo dai difensori dei partiti indipendentisti 
                una volta esauriti i diversi gradi di giudizio del sistema spagnolo, 
                poiché ritengono che siano stati violati gli articoli 10 
                ed 11 della Convenzione di Roma, relativi rispettivamente al diritto 
                alla libertà di espressione ed a quello alla libertà 
                di riunione e di associazione. 


                L’Avvocatura dello Stato spagnolo avrebbe giustificato la 
                messa fuori legge affermando che i ricorrenti «costituivano 
                una minaccia per i diritti umani, per la democrazia e per il pluralismo»; 
                a questo scopo, si è appoggiata alla tesi sostenuta dal 
                giudice Baltasar Garzón secondo la quale «tutto è 
                ETA» ritenendo che «la creazione di Batasuna e di 
                Herri Batasuna risponde alla strategia di ETA di duplicare i suoi 
                assi di attività».


                Davanti a queste posizioni contrapposte, il massimo Tribunale 
                per la salvaguardia dei Diritti Umani decide che «alla luce 
                dell’insieme di argomentazioni delle parti, questi ricorsi 
                presentano questioni serie, di fatto e di Diritto, che non possono 
                essere risolte in questa fase, ma che necessitano di un esame 
                approfondito». 


                Quanto alla valutazione di questa prima risoluzione, mentre le 
                difese esprimono una “prudente soddisfazione”, lo 
                Stato ritiene che non c’è problema, poiché 
                «le ragioni sono dalla sua parte». In ogni caso, se 
                si guarda alle statistiche, il Tribunale di Strasburgo accetta 
                di esaminare solo l’1,5% dei ricorsi, accogliendone infine 
                l’80%.. 


                Ora si apre una nuova fase della causa nella quale, in primo luogo, 
                entrambe le parti potranno presentare, se lo riterranno opportuno, 
                nuove argomentazioni; si tratta di un processo che risulterà 
                lungo, ma che potrebbe ristabilire i diritti politici più 
                fondamentali in Euskal Herria.



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                :: ANALISI: 

                S ituazione della lotta contro la tortura.

                Julen Arzuaga, Coordinador de Behatokia


Prima dell’estate, è
                stato considerato definitivamente terminato il processo negoziale 
                sul futuro del conflitto basco; la metodologia di dibattito politico 
                presentava un progetto di due tavoli di negoziato: il primo fra 
                l’organizzazione ETA ed il Governo spagnolo, al quale si 
                sarebbero affrontate questioni relative al conflitto armato ed 
                il secondo, fra i partiti Batasuna, PNV e PSE, per sbloccare la 
                parte politica del conflitto basco, i cui nodi gordiani sono il 
                riconoscimento del territorio basco a sud dei Pirenei ed il suo 
                diritto a decidere il suo futuro in condizioni di uguaglianza 
                per tutti i progetti politici. 


Così, sebbene appaia evidente
              che il motivo di disaccordo e della rottura dei negoziati risieda 
              in questioni di ordine politico, di divergenza sui contenuti, le 
              forme hanno rivestito una grande importanza. Mentre lo Stato ha 
              reso pubblico il risultato positivo di un processo di verifica per 
              il quale ETA aveva disattivato le sue espressioni di violenza, lo 
              Stato non ha disattivato nemmeno per un minuto la sua azione repressiva 
              durante i colloqui politici, un’azione che è, tra l’altro, 
              in contrasto con gli standard basilari dei diritti umani e delle 
              libertà fondamentali rispetto ai quali lo Stato si è 
              volontariamente impegnato, con un’infinità di trattati 
              ed accordi internazionali. Partiti politici sono rimasti fuori legge, 
              si è impedito che un ampio settore sociale potesse presentarsi 
              alle elezioni o potesse esercitare il diritto di voto, sono state 
              sospese le attività dei movimenti politici e sociali baschi 
              e sono continuati i processi contro i loro attivisti; la presenza 
              di forze militari (esercito e Guardia Civil) nelle piazze e nelle 
              strade basche è stata costante, confermando che il Paese 
              Basco è, oggi, il territorio maggiormente militarizzato dell’Europa 
              Occidentale. È stata esercitata una pressione crescente contro 
              il collettivo dei prigionieri politici, con le solite misure (dispersione 
              nelle carceri di tutto il territorio spagnolo e francese, pene da 
              scontare integralmente, fino a 40 anni, impossibilità di 
              scarcerazione per i prigionieri malati) ed inventandone di nuove 
              (quella nota come “Dottrina Parot”, che nega il diritto 
              alla libertà dopo avere scontato la pena o la fabbricazione 
              di nuove accuse, come nel caso di Iñaki de Juana...); non 
              è stata cambiata di una virgola la struttura antiterrorista 
              rafforzata dal PP con il regime di detenzione in isolamento assoluto 
              e con le competenze assegnate alla Audiencia Nacional come punta 
              di lancia… In definitiva, come riconosciuto dallo stesso PSOE, 
              lo Stato non è mai stato in tregua e, come denunciato da 
              organismi baschi oggi nell’occhio del ciclone e da istituzioni 
              ed osservatori internazionali, lo Stato spagnolo non ha voluto accettare 
              le condizioni minime, dei fondamentali democratici minimi, per affrontare 
              un processo di superamento di tutte le violenze e di risoluzione 
              politica del conflitto basco. 

Così, dopo l’estate,
              si è moltiplicata una dinamica che già si prevedeva, 
              è stata attuata una brutale attività repressiva, della 
              quale diamo conto in questo bollettino; “Lo Stato è 
              pronto a questo combattimento”, dice il guerriero Zapatero 
              e torna ai suoi vecchi castelli per esibire le sue armi obsolete, 
              quelle politiche (la Costituzione spagnola, camicia di forza della 
              legalità spagnola) e quelle repressive (Garzón dalla 
              Audiencia Nacional, il regime di isolamento assoluto, il sistema 
              penitenziario…), mostrando i muscoli. 

Non sembrano buoni momenti
              per i movimenti critici, dissidenti, di opposizione ad un sistema 
              arroccato e che si trova più a suo agio nel brandire tutta 
              la batteria di misure repressive (ordinarie o eccezionali) delle 
              quali si è dotato negli ultimi anni che nell’utilizzare 
              argomenti verbali. Certamente, disegnare una strategia di risposta 
              alla repressione è una delle necessità imperative 
              dei movimenti sociali in Euskal Herria, nello Stato spagnolo ed 
              in quasi tutta l’Europa.


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