In italiano vedi mail allegata oppure:
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:: ISLADA ::
Tortura:
rapporto di Amnesty International sull’impunità
Amesty International evidenzia
periodicamente la persistenza della tortura nello Stato
spagnolo; nel suo rapporto annuale sul 2006, si riferisce
in particolare ai cinque giorni di isolamento assoluto,
prorogabili fino a tredici, previsti dalla legalità
spagnola per gli arrestati.
Gorka Lupiañez
torturato
Il giovane di Durango Gorka
Lupiañez è stato arrestato dalla Guardia Civil
il 6 dicembre, nel corso di un controllo nella località
di Berriz, mentre si spostava a piedi, dopo di che è
stato condotto alla caserma “La Salve” in regime
di isolamento assoluto; Lupiañezsi trovava in libertà
provvisoria ed era previsto che sarebbe stato giudicato
in gennaio, accusato di avere partecipato a diversi atti
di sabotaggio, motivo per il quale era già stato
arrestato in due occasioni e, in entrambe, aveva denunciato
di avere subito torture.
Prigionieri ammalati
Gotzone López de Luzuriaga
Sono nove i prigionieri baschi che soffrono di malattie
gravi ed incurabili e che si trovano, obiettivamente, nelle
condizioni per essere scarcerati, soddisfando le condizioni
imposte a questo scopo dall’articolo 92 del Codice
Penale.
ANALISI:
Situazione della lotta
contro la tortura
.
Julen Arzuaga, Coordinador
de Behatokia
Processo
18/98:
Centinaia di anni
per attività commerciali, sociali, politiche e culturali
La Audiencia Nacional, dopo
avere fatto trapelare sulla stampa gran parte dei suoi contenuti,
il 19 dicembre scorso ha finalmente reso nota la sentenza
del Processo 18/98
Incarcerata la
mesa nacional di Batasuna: i diritti politici?
Con l’arresto di Juan
Mari Olano, dopo una manifestazione brutalmente attaccata
dalla brigata mobile della Polizia Autonoma Basca, che il
9 settembre ha provocato dozzine di ferite in una giornata
di festa, si è dato definitivamente il via a questa
nuova dinamica.
Garzón manda in
prigione Marije Fullaondo
Proprio una delle ricorrenti
al Tribunale di Strasburgo contro la messa fuori legge di
Herritarren Zerrenda, Marije Fullaondo, è stata arrestata
il 18 dicembre scorso in un’operazione condotta dal
magistrato della Audiencia Nacional
Strasburgo ammette
il ricorso di Batasuna contro la sua messa fuori legge
All’inizio di dicembre
è stato confermato che il Tribunale Europeo per i
Diritti Umani analizzerà i ricorsi di Herri Batasuna
e di Batasuna, oltre a quelli di Autodeterminaziorako Bilgunea
(AuB), delle piattaforme elettorali locali e di Herritarren
Zerrenda (HZ), contro la loro messa fuori legge in applicazione
della Legge sui Partiti Politici.
:: Tortura: rapporto di
Amnesty International sull’impunità
Amesty International evidenzia periodicamente
la persistenza della tortura nello Stato spagnolo; nel suo rapporto
annuale sul 2006, si riferisce in particolare ai cinque giorni di
isolamento assoluto, prorogabili fino a tredici, previsti dalla
legalità spagnola per gli arrestati. L’organismo internazionale
evidenzia che, durante il periodo di isolamento assoluto, “persone
arrestate con l’accusa di presunta relazione con ETA, hanno
denunciato di avere subito torture”; di seguito, Amnesty evidenzia
anche che, nonostante lo Stato spagnolo abbia ratificato il Protocollo
Facoltativo della Convenzione contro la Tortura, «ha mantenuto
pratiche condannate dal Relatore speciale delle Nazioni Unite in
quanto ha ritenuto che esse aumentino il rischio di torture e maltrattamenti».
Amnesty International sottolinea «molti
casi» di tortura e maltrattamenti «restano impuniti
e non portano ad indagine sistematiche ed indipendenti».
Proprio l’impunità risulterà particolarmente
evidenziata nel rapporto pubblicato lo scorso novembre, “Sale
sulla ferita”, che, riferendosi esclusivamente allo Stato
spagnolo, raccoglie i casi nei quali sono paradigmatiche l’insufficiente
indagine giudiziaria e la mancanza di adozione di provvedimenti
disciplinari e quelli nei quali i torturatori hanno goduto dell’indulto
governativo.
In concreto, il rapporto raccoglie due casi
nei quali Behatokia si è attivata esplicitamente: quello
di Joxe Arregi, morto sotto tortura il 13 febbraio 1981, nel quale
furono implicati 73 poliziotti, dei quali solo cinque sono stati
inizialmente arrestati ma, a causa delle forti pressioni esercitate
dai loro superiori, che hanno a questo scopo organizzato una protesta
collettiva, solo due sono stati giudicati ed, infine, condannati.
Amnesty International menziona le promozioni di uno di essi, Gil
Rubiales, ma egli non è l’unico, ma tutti e cinque
haoono occupato o occupano alte cariche; l’altro condannato,
Julián Marín, ad esempio, è commissario capo
ed è in forza, come Aggregato del Ministero degli Interni,
all’ambasciata di Quito, in Ecuador. Anche gli altri tre
poliziotti inizialmente accusati, hanno fatto rapidamente carriera.
Quanto al secondo caso menzionato nel
rapporto, quello di Kepa Urra, a due dei condannati è stato
concesso l’indulto nel 1999, dopo essere stati ricevuti
da Aznar alla Mocloa (sede del Governo spagnolo, N.d.T.) e già
a quel tempo occupavano posti di rilevanza strategica: Manuel
Sánchez Corbí, promosso capitano mentre il processo
per torture era in pieno corso, una volta ottenuto l’indulto
fu immediatamente nominato comandante, era il responsabile del
coordinamento con la Francia della lotta antiterrorista e José
María de las Cuevas Carretero era destinato all’Unità
Servizi Speciali della Guardia Civil. Carretero ricevette, come
rappresentante della Polizia Giudiziaria, i membri del CPT del
Consiglio d’Europa, che realizzarono un visita in Spagna
nel 2001; le autorità scelsero proprio un torturatore condannato
e che aveva poi goduto dell’indulto per ricevere un prestigioso
organismo per la prevenzione della tortura. Le stesse autorità
sono tornate a mostrare lo stesso assoluto disprezzo non rispettando
affatto la Risoluzione del Comitato contro la Tortura dell’ONU
in riferimento a Kepa Urra, nel quale si raccomandava allo Stato
di «vigilare affinché, nella pratica, siano inflitte
pene adeguate agli autori di atti di tortura e si assicuri alla
vittima una riparazione completa». Nessuna delle azioni
richieste dal Comitato perché la vittima di tortura fosse
risarcita è stata messa in atto da parte dello Stato spagnolo.
ritornare
:: Gorka Lupiañez torturato
Il giovane di Durango Gorka Lupiañez
è stato arrestato dalla Guardia Civil il 6 dicembre, nel
corso di un controllo nella località di Berriz, mentre
si spostava a piedi, dopo di che è stato condotto alla
caserma “La Salve” in regime di isolamento assoluto;
Lupiañezsi trovava in libertà provvisoria ed era
previsto che sarebbe stato giudicato in gennaio, accusato di avere
partecipato a diversi atti di sabotaggio, motivo per il quale
era già stato arrestato in due occasioni e, in entrambe,
aveva denunciato di avere subito torture.
L’isolamento assoluto è durato cinque giorni durante
i quali l’arrestato è rimasto sotto custodia della
Guardia Civil ed altri sette giorni dopo il suo ingresso in carcere,
in applicazione della riforma del 2003, in virtù della
quale (contrariamente alle raccomandazioni internazionali) si
prolunga l’estensione del periodo di isolamento assoluto.
Il giovane ha reso un racconto raccapricciante del trattamento
ricevuto, specificando che le botte sono iniziate immediatamente
dopo l’arresto, “soprattutto sui testicoli”
e che, una volta trasferito a Madrid, gli è stato messo
il “sacchetto” (tortura mediante asfissia, N.d.T.)
più di 50 volte al giorno. Ha anche raccontato di essere
stato obbligato a fare “migliaia di flessioni”, che
per due volte ha subito la “vasca da bagno” (tortura
mediante affogamento, N.d.T.) e di essere stato violentato una
volta con un bastone; ha raccontato che un Guardia Civil “mi
ha legato i testicoli ed il pene con una corda e ha iniziato a
tirare; mi strattonava anche con le mani, ad un certo punto ho
cominciato a sanguinare da pene”. L’intera testimonianza
è disponibile su www.behatokia.info
Le presunte misure di prevenzione che, in altri casi, hanno potuto
avere una certa capacità di dissuasione, hanno dimostrato
la loro assoluta inefficacia, poiché la loro applicazione
è volontaria, aleatoria ed episodica. Il regime di isolamento
assoluto, recentemente riformato per prolungarlo e renderlo, pertanto,
più efficace, dimostra tutte le sue potenzialità.
Neppure la denuncia pubblica si è rivelata efficace, a
causa del silenzio dei partiti politici, degli opinionisti e dei
grandi mezzi di comunicazione; la tortura resta sistematica e
le testimonianze in merito nascoste dal silenzio complice.
ritornare
:: Prigionieri ammalati: Gotzone López
de Luzuriaga
Sono nove i prigionieri baschi che soffrono
di malattie gravi ed incurabili e che si trovano, obiettivamente,
nelle condizioni per essere scarcerati, soddisfando le condizioni
imposte a questo scopo dall’articolo 92 del Codice Penale.
A López de Luzuriaga, che ha già
scontato 18 anni, è stato diagnosticato un carcinoma duttale
infiltrante al seno (cancro al seno) agli inizi di quest’anno;
il 21 giugno 2007 ha subito un intervento chirurgico, dopo il
quale il servizio di oncologia dell’ospedale di Jaen, dove
è in cura, ha prescritto un trattamento di radioterapia.
Fin dall’inizio, le difficoltà nel seguire questa
terapia sono state costanti: condizioni disumane durante i trasferimenti,
ritardi, mancati appuntamenti alle sedute di terapia programmate…
A questa situazione andrebbe aggiunto che López
de Luzuriaga si trova in carcere a 700 chilometri dal suo luogo
d’origine, il che rende più difficile l’assistenza
da parte di medici di fiducia; la stessa prigione di Jaen ha aperto
un fascicolo che conferma la diagnosi di cancro al seno e ha proposto
la sua scarcerazione per motivi di salute.
Tuttavia, il Tribunale Centrale di Sorveglianza
della Audiencia Nacional, competente riguardo la valutazione dello
stato della prigioniera basca e riguardo la sua possibile scarcerazione,
lo scorso 16 novembre ha pubblicato un provvedimento: il suo titolare,
il giudice José Luis Castro, ha ammesso la gravità
della malattia, ma ha negato la messa in libertà perché
ha ritenuto che la prigione non la danneggerebbe, contrariamente
al criterio dei medici. In effetti, le due diagnosi mediche a
disposizione del Tribunale di Sorveglianza (uno fornito dalla
dottoressa di fiducia della prigioniera, Dr. Mati Iturralde e
l’altra del vicedirettore medico del carcere di Jaen) stabiliscono
che Gotzone López de Luzuriaga deve essere scarcerata per
potere ricevere un trattamento adeguato al tumore al seno diagnosticatole
a giugno.
Il Tribunale si giustifica adducendo «l’impossibilità
di garantire minimamente un pronostico, seppure dubbioso, sulla
“difficoltà a delinquere e scarsa pericolosità
del soggetto»; oltre a queste ragioni circa una recidività,
improbabile nello stato in cui si trova López de Luzuriaga,
il giudice considera che “non ha dimostrato pentimento né
volontà di chiedere perdono alle vittime”. Questi
due argomenti sono assolutamente estranei alla procedura stabilita
dall’art. 92, che si riferisce esclusivamente a questioni
mediche; l’ultimo argomento utilizzato dal giudice, questo
sì in riferimento allo stato clinico della prigioniera,
è che “non risulta che la permanenza in carcere incida
negativamente sul suo decorso”.
ritornare
:: Processo 18/98: Centinaia di anni per attività
commerciali, sociali, politiche e culturali
La Audiencia Nacional, dopo avere
fatto trapelare sulla stampa gran parte dei suoi contenuti, il
19 dicembre scorso ha finalmente reso nota la sentenza del Processo
18/98; in seguito ad essa, sono state dichiarati illegali e sciolti
varie imprese commerciali, i mezzi di comunicazione Egin ed Egin
Irratia, l’organizzazione politica Ekin, l’Associazione
Europea per la solidarietà internazionale Xaki e la Fondazione
per lo sviluppo del movimento associativo basco Joxemi Zumalabe,
inoltre 47 persone sono state condannate, in quanto membri delle
suddette imprese o associazioni, a pene per un totale di 525 anni
di prigione per essere state considerate partecipanti, dirigenti
o collaboratori della banda terrorista ETA.
La sentenza, oltre a contenere interi paragrafi
costituiti da rapporti di polizia, è costellata di apriorismi,
pregiudizi, interpretazioni distorte ed interessate, per giustificare
la conclusione che, come affermato da Garzón in istruttoria,
“tutto è ETA”: «né KAS, né
Ekin, né Xaki, costituiscono un’organizzazione armata;
non hanno armi, poiché il loro utilizzo non era compito
loro ma del braccio armato di ETA, ma dette strutture partecipano
pienamente all’unità organizzativa e strutturale
dell’organizzazione terrorista ETA». Inoltre, su coloro
che erano sotto processo in relazione alle imprese del Gruppo
Orain, editore di Egin e di Egin Irratia, sono cadute le pene
più alte; il tribunale tenta di giustificare la sua decisione
legando le attività volte a pubblicare un giornale e quelle
destinate ad eludere l’asfissia economica della quale era
vittima ad una supposta dipendenza da ETA e la relatrice della
sentenza, Angela Murillo, in proposito, afferma che per sostenere
le accuse non ha neppure avuto bisogno di prove: “basta
sapere leggere”.
Come già pubblicamente affermato
da osservatori internazionali, questa sentenza “significa
la normalizzazione di una cultura giuridica d’emergenza
o d’eccezione, nella quale si stabiliscono responsabilità
penali diffuse e collettive, assolutamente incompatibile con un
sistema democratico”; dunque, per essi, la sentenza “si
inquadra in una strategia più globale e di lunga durata
di criminalizzazione dell’esercizio del diritto di opinione,
di riunione, di manifestazione, ed altri, di un settore consistente
della società basca”.
ritornare
:: Incarcerata la mesa nacional di Batasuna:
i diritti politici?
Con l’arresto di Juan Mari
Olano, dopo una manifestazione brutalmente attaccata dalla brigata
mobile della Polizia Autonoma Basca, che il 9 settembre ha provocato
dozzine di ferite in una giornata di festa, si è dato definitivamente
il via a questa nuova dinamica; l’accusa non si basava sugli
incidenti, né nella supposta illegalità della manifestazione:
il reato indicato dal giudice Baltasar Garzón consiste
in una “reiterazione di reato” per la continuazione
delle sue attività come portavoce dell’organismo
a favore dell’amnistia “Askatasuna”. Olano,
insieme ad altri 13 membri di questa associazione, è stato
in carcerazione preventiva per quattro anni, senza che, a d oggi,
si sia celebrato alcun processo per la sua attività politica,
senza dubbio fastidiosa per lo Stato, ma che si limita alla denuncia
della repressione e dell’impunità. Il giudice della
Audiencia Nacional Baltasar Garzón, che si occupa delle
indagini su questi casi, ha dimenticato di prorogare la sospensione
delle attività di questo organismo dal febbraio 2007, pertanto,
oggi, si può ritenere che questa proibizione sia decaduta
a causa della negligenza del giudice stesso.
Alcune settimane dopo, sono stati arrestati
Ohiana Agirre, della stessa organizzazione antirepressiva Askatasuna
e Joseba Alvarez, responsabile dell’area internazionale
di Batasuna.
Quotidiani vicini al Governo avevano annunciato
questa nuova strategia; il 9 settembre, El País indicava
che «Il Governo sta rispondendo alla sfida di ETA in maniera
“implacabile”, secondo l’espressione del presidente
José Luis Rodríguez Zapatero. Questa decisione,
si traduce nel fatto che non solo attaccherà l’apparato
militare di ETA, ma anche la cupola politica che ha partecipato
al processo di dialogo e le associazioni loro affini, assicurano
fonti governative». Il 30 dello stesso mese, il quotidiano
Público si riferiva a questa dinamica repressiva contro
organismi indipendentisti sottolineando che «il Governo
spera che, prima delle elezioni, gran parte dei loro leader sia
in prigione».
In un ambiente surriscaldato e rispondendo puntualmente a questa
volontà dell’Esecutivo, il 4 ottobre una ventina
di dirigenti della sinistra indipendentista basca sono stati arrestati
dalla polizia spagnola, che ha messo in atto una grande operazione
e ha completamente occupato Segua, una piccola località
in Gipuzkoa, dove stavano per svolgere una riunione; altre due
persone sarebbero state arrestate successivamente e tutti sono
stati posti in isolamento assoluto (senza assistenza legale, né
medica, N.d.T.), anche se non sono stati denunciati maltrattamenti.
La copertura giuridica è stata nuovamente affidata al giudice
della Audiencia Nacional Baltasar Garzón; secondo la sua
giustificazione, in un documento del 7 ottobre, “la trama
terrorista guidata da ETA, agisce con vocazione fagocitante e
predatoria su tutto lo spettro conosciuto come sinistra indipendentista
basca”, spazio che Batasuna “senza dubbio ha cercato
e cerca di strumentalizzare per insediarvisi”. La conclusione
dell’argomentazione è (letteralmente) che “questa
tendenza espansiva di Batasuna sotto gli auspici di ETA è
evidente e può produrre effetti in altre organizzazione
che potrebbe, eventualmente, colonizzare e nei confronti delle
quali si potrà agire, se del caso, nel momento nel quale
vi saranno sufficienti indizi, ma non prima”. In conclusione,
tutta la sinistra indipendentista basca è potenzialmente
ETA e contro di essa si agirà in futuro.
In collusione con Garzón, il Ministro degli Interni, Sig.
Rubalcaba, ha dichiarato che «Batasuna si sta riorganizzando
solo e semplicemente per appoggiare ETA». «E questo
è ciò che lo Stato non consentirà»,
ha sentenziato..
Questa operazione, basata esclusivamente sull’attività
politica dei membri di Batasuna, è stata definita da mezzi
di comunicazione internazionali “operazione di vendetta”.
Indipendentemente dai principi processuali che si trasgrediscano,
dalla legalità o illegalità con la quale si eseguono
queste operazioni poliziesche, al di là dei presunti “fondamenti
di diritto” impiegati, ciò che rimane è una
politica di persecuzione ed aggressione alle idee e benché
si continui ad utilizzare la polizia ed il sistema giudiziario
come valvola di sfogo di fronte a congiunture politiche, questa
azione repressiva non sfugge agli occhi di osservatori internazionali
e di organismi che si occupano di diritti umani.
ritornare
:: Garzón manda in prigione Marije Fullaondo
Proprio una delle ricorrenti al
Tribunale di Strasburgo contro la messa fuori legge di Herritarren
Zerrenda, Marije Fullaondo, è stata arrestata il 18 dicembre
scorso in un’operazione condotta dal magistrato della Audiencia
Nacional (Tribunale Speciale, N.d.T) Baltasar Garzón. Quando
la sua avvocata si è messa in contatto con la Audiencia
Nacional, le è stata negata qualsiasi informazione, sostenendo
che le indagini erano coperte da segreto; dopo tre giorni di detenzione
in isolamento assoluto, è stata mandata in carcere con
l’accusa di “partecipazione ad organizzazione terrorista
e reiterazione del reato”. Nel suo documento, il giudice
collega Fullaondo ai partiti politici EAE-ANV ed EHAK, ad oggi
legali e rappresentati in municipi baschi e nel Parlamento Autonomo
Basco; il magistrato afferma che “avvierà un’analisi
più approfondita” di queste organizzazioni. Fullaondo,
poche ore prima del suo arresto, aveva rilasciato un’intervista
nella quale affermava che “la fotografia di questi ultimi
giorni, ci presenta una recrudescenza enorme del conflitto fra
Euskal Herria e lo Stato spagnolo ed in questo contesto politico
si spiegano le azioni repressive dello Stato e quelle di ETA”;
la ragione dell’arresto, secondo l’ordine della magistratura,
sarebbe da inquadrare nell’operazione iniziata dalla Polizia
spagnola lo scorso 4 ottobre, a Segua, nel corso della quale è
stata arrestata buona parte della direzione di Batasuna.
ritornare
:: Strasburgo ammette il ricorso di Batasuna
contro la sua messa fuori legge
All’inizio di dicembre è stato confermato
che il Tribunale Europeo per i Diritti Umani analizzerà
i ricorsi di Herri Batasuna e di Batasuna, oltre a quelli di Autodeterminaziorako
Bilgunea (AuB), delle piattaforme elettorali locali e di Herritarren
Zerrenda (HZ), contro la loro messa fuori legge in applicazione
della Legge sui Partiti Politici. Questi ricorsi sono stati presentati
al Tribunale di Strasburgo dai difensori dei partiti indipendentisti
una volta esauriti i diversi gradi di giudizio del sistema spagnolo,
poiché ritengono che siano stati violati gli articoli 10
ed 11 della Convenzione di Roma, relativi rispettivamente al diritto
alla libertà di espressione ed a quello alla libertà
di riunione e di associazione.
L’Avvocatura dello Stato spagnolo avrebbe giustificato la
messa fuori legge affermando che i ricorrenti «costituivano
una minaccia per i diritti umani, per la democrazia e per il pluralismo»;
a questo scopo, si è appoggiata alla tesi sostenuta dal
giudice Baltasar Garzón secondo la quale «tutto è
ETA» ritenendo che «la creazione di Batasuna e di
Herri Batasuna risponde alla strategia di ETA di duplicare i suoi
assi di attività».
Davanti a queste posizioni contrapposte, il massimo Tribunale
per la salvaguardia dei Diritti Umani decide che «alla luce
dell’insieme di argomentazioni delle parti, questi ricorsi
presentano questioni serie, di fatto e di Diritto, che non possono
essere risolte in questa fase, ma che necessitano di un esame
approfondito».
Quanto alla valutazione di questa prima risoluzione, mentre le
difese esprimono una “prudente soddisfazione”, lo
Stato ritiene che non c’è problema, poiché
«le ragioni sono dalla sua parte». In ogni caso, se
si guarda alle statistiche, il Tribunale di Strasburgo accetta
di esaminare solo l’1,5% dei ricorsi, accogliendone infine
l’80%..
Ora si apre una nuova fase della causa nella quale, in primo luogo,
entrambe le parti potranno presentare, se lo riterranno opportuno,
nuove argomentazioni; si tratta di un processo che risulterà
lungo, ma che potrebbe ristabilire i diritti politici più
fondamentali in Euskal Herria.
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:: ANALISI:
S ituazione della lotta contro la tortura.
Julen Arzuaga, Coordinador de Behatokia
Prima dell’estate, è
stato considerato definitivamente terminato il processo negoziale
sul futuro del conflitto basco; la metodologia di dibattito politico
presentava un progetto di due tavoli di negoziato: il primo fra
l’organizzazione ETA ed il Governo spagnolo, al quale si
sarebbero affrontate questioni relative al conflitto armato ed
il secondo, fra i partiti Batasuna, PNV e PSE, per sbloccare la
parte politica del conflitto basco, i cui nodi gordiani sono il
riconoscimento del territorio basco a sud dei Pirenei ed il suo
diritto a decidere il suo futuro in condizioni di uguaglianza
per tutti i progetti politici.
Così, sebbene appaia evidente
che il motivo di disaccordo e della rottura dei negoziati risieda
in questioni di ordine politico, di divergenza sui contenuti, le
forme hanno rivestito una grande importanza. Mentre lo Stato ha
reso pubblico il risultato positivo di un processo di verifica per
il quale ETA aveva disattivato le sue espressioni di violenza, lo
Stato non ha disattivato nemmeno per un minuto la sua azione repressiva
durante i colloqui politici, un’azione che è, tra l’altro,
in contrasto con gli standard basilari dei diritti umani e delle
libertà fondamentali rispetto ai quali lo Stato si è
volontariamente impegnato, con un’infinità di trattati
ed accordi internazionali. Partiti politici sono rimasti fuori legge,
si è impedito che un ampio settore sociale potesse presentarsi
alle elezioni o potesse esercitare il diritto di voto, sono state
sospese le attività dei movimenti politici e sociali baschi
e sono continuati i processi contro i loro attivisti; la presenza
di forze militari (esercito e Guardia Civil) nelle piazze e nelle
strade basche è stata costante, confermando che il Paese
Basco è, oggi, il territorio maggiormente militarizzato dell’Europa
Occidentale. È stata esercitata una pressione crescente contro
il collettivo dei prigionieri politici, con le solite misure (dispersione
nelle carceri di tutto il territorio spagnolo e francese, pene da
scontare integralmente, fino a 40 anni, impossibilità di
scarcerazione per i prigionieri malati) ed inventandone di nuove
(quella nota come “Dottrina Parot”, che nega il diritto
alla libertà dopo avere scontato la pena o la fabbricazione
di nuove accuse, come nel caso di Iñaki de Juana...); non
è stata cambiata di una virgola la struttura antiterrorista
rafforzata dal PP con il regime di detenzione in isolamento assoluto
e con le competenze assegnate alla Audiencia Nacional come punta
di lancia… In definitiva, come riconosciuto dallo stesso PSOE,
lo Stato non è mai stato in tregua e, come denunciato da
organismi baschi oggi nell’occhio del ciclone e da istituzioni
ed osservatori internazionali, lo Stato spagnolo non ha voluto accettare
le condizioni minime, dei fondamentali democratici minimi, per affrontare
un processo di superamento di tutte le violenze e di risoluzione
politica del conflitto basco.
Così, dopo l’estate,
si è moltiplicata una dinamica che già si prevedeva,
è stata attuata una brutale attività repressiva, della
quale diamo conto in questo bollettino; “Lo Stato è
pronto a questo combattimento”, dice il guerriero Zapatero
e torna ai suoi vecchi castelli per esibire le sue armi obsolete,
quelle politiche (la Costituzione spagnola, camicia di forza della
legalità spagnola) e quelle repressive (Garzón dalla
Audiencia Nacional, il regime di isolamento assoluto, il sistema
penitenziario…), mostrando i muscoli.
Non sembrano buoni momenti
per i movimenti critici, dissidenti, di opposizione ad un sistema
arroccato e che si trova più a suo agio nel brandire tutta
la batteria di misure repressive (ordinarie o eccezionali) delle
quali si è dotato negli ultimi anni che nell’utilizzare
argomenti verbali. Certamente, disegnare una strategia di risposta
alla repressione è una delle necessità imperative
dei movimenti sociali in Euskal Herria, nello Stato spagnolo ed
in quasi tutta l’Europa.
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