[Forumlucca] I: Lettera aperta a Rifondazione

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著者: massimiliano.piacentini@tin.it
日付:  
To: forumlucca
題目: [Forumlucca] I: Lettera aperta a Rifondazione
---Messaggio originale----
Da: marco_v3@???
Data: 17-dic-2007
9.27 AM
A: Ogg:Lettera aperta a Rifondazione


Al Comitato Politico
Nazionale del Partito della Rifondazione

Al Collegio Nazionale di 
Garanzia,    


Alle compagne e ai compagni di Rifondazione



Carissime/i,



E'con rammarico che vi scriviamo questa lettera e
compiamo questo passo. Il rammarico di

chi ha costruito fin dagli
inizi questo partito investendo le proprie energie e la propria
passione militante in un progetto allora affascinante e ambizioso: la
rifondazione comunista. Questo progetto non esiste più, il patto
originario che ci aveva tenuto insieme è stato spezzato e il Prc non
solo ha alle spalle un'esperienza di governo fallimentare, che ne ha
snaturato il senso e il ruolo, ma si appresta a una capriola politica
in direzione di una nuova soggettività, l'Arcobaleno, che chiude un
ciclo politico e manda a casa migliaia di militanti. Come se non
bastasse, tutto questo viene realizzato con il sequestro del congresso
agli iscritti e alle iscritte in modo tale che quando verrà restituita
loro la parola le scelte principali saranno state già fatte.Noi non ci
stiamo e pensiamo che sia venuto il momento di fare altro e di disporsi
a una nuova progettualità.



Gli avvenimenti dell'ultimo anno del
resto hanno confermato i peggiori timori che molti di noi avevano colto
nelle decisioni del Congresso di Venezia. Si doveva "cambiare l'Italia"
e questo obiettivo non è più nemmeno lontanamente ipotizzato; si doveva
costruire un'alleanza con la "borghesia buona" dei Marchionne, Draghi e
Padoa-Schioppa e da questi è venuta una linea di liberismo tenace a cui
il Prc si è semplicemente subordinato; la "permeabilità" del governo
alle istanze sociali per mezzo delle nostre pressioni si è rivelata
infine impossibile. La "relazione con i movimenti" si è rovesciata nel
loro abbandono (si pensi al voto su guerra e Dal Molin dopo soli
quattro giorni dalla grande manifestazione del 17 febbraio); non si è
minimamente riusciti a incrinare la subordinazione di questo governo al
Vaticano su temi come i diritti civili, la scuola e così via.



Se la
scelta del governo è stata proposta all'insegna del "vuoi vedere che
cambia davvero" - con un errore di analisi che si è rivelato tragico -
dopo qualche mese la stessa ipotesi di una "riduzione del danno" si è
tradotta nel suo contrario, nell'accettazione di provvedimenti persino
peggiorativi rispetto a quelli adottati dal precedente governo.

Il
caso del Pacchetto Welfare e del Decreto Sicurezza ne costituiscono la
dimostrazione.



Sul Welfare, Rifondazione si è spinta fino a
promuovere una grande manifestazione il 20 ottobre che è stata
vanificata dall'accettazione piena del provvedimento siglato da
governo, Confindustria e sindacati. Una sconfitta che non sarà
recuperabile a breve. Sulla sicurezza, invece, si è abdicato persino al
ruolo di "presidio democratico" accettando un provvedimento dalla
logica aberrante e, soprattutto, restando in silenzio nei giorni in cui
il paese era lasciato in pasto a una isteria xenofoba alimentata dallo
stesso Partito Democratico.



La "maggiore visibilità" del partito
si è tradotta nell'apparire ai nostri elettori come i maggiori
responsabili (e i più elettoralmente puniti) del carattere antipopolare
del governo Prodi e della sua ipocrisia di fronte al programma.
Responsabilità che viene di fatto confermata dall'impegno ribadito a
sostenere questa maggioranza fino "all'approvazione delle riforme",
termine dal quale ormai si può solo temere. Anche questo passaggio
rappresenta una torsione incredibile rispetto alla nostra storia e al
nostro ruolo. Ci siamo vincolati a un programma di governo fortemente
sbilanciato sul versante del liberismo - si pensi al nodo dei parametri
di Maastricht - nell'ossessione del pericolo delle destre e ora lo
stesso Berlusconi viene indicato come l'architrave di una riforma
necessaria, proponendo un inedito asse con lui e Veltroni che ha Prodi
come vittima sacrificale. E tutto per ottenere una riforma elettorale
in grado di realizzare la "cosa Arcobaleno" e di reimpostare il patto
con il Pd. Un esempio inedito di cinismo politico e di spregiudicatezza
tattica.



Di fronte al bilancio fallimentare dell'azione di governo
il presidente della Camera ha preferito distogliere l'attenzione
chiamando in causa il "fallimento di Prodi".

In realtà siamo di
fronte al fallimento di Rifondazione che coincide con il suo
snaturamento.

Quel partito anticapitalista, di lotta, fuori dai poli,
distante dal centrodestra e dal centrosinistra, oggi non esiste più. La
logica governativa, ancora una volta, ha travolto convinzioni forti e
rigidi paletti; la logica della mediazione ha preso la mano alla
nitidezza del conflitto. In questo contesto l'esigenza di unire la
sinistra ha reso impalpabile la chiarezza programmatica e la forza dei
contenuti.



Non è un caso, dunque, che per non parlare del
fallimento in atto si sposti l'attenzione su un nuovo progetto, "la
Sinistra, l'Arcobaleno". Quella in corso è sostanzialmente l'ipotesi di
gettare il partito in un calderone di "sinistra istituzionale" con
forze che non intendono mettere in discussione nè l'alleanza con il Pd
nè l'appoggio al governo Prodi, o che non hanno al centro delle loro
preoccupazioni le condizioni di vita dei lavoratori. Ma soprattutto è
un'ipotesi che chiude definitivamente con il progetto della
"rifondazione" cioè con il tentativo di rinnovare e ridare senso
all'opzione comunista. Non sappiamo se nella consapevolezza dei
compagni e delle compagne c'è questa constatazione: la rifondazione è
stata sempre annunciata come prossima a venire, anche se un dibattito
serio non è mai stato realizzato; è sempre stata l'aspirazione futura
che ha però dato linfa e speranza al nostro progetto collettivo. Oggi
per la prima volta non esiste nelle prospettive di domani, essendo
ormai la "rifondazione della sinistra", genericamente intesa, la
preoccupazione dominante. Non amiamo la discussione sui simboli nè li
consideriamo dei feticci. Ma non è un caso che ancora una volta sia
proprio il simbolo della falce e martello la vittima sacrificale di
questo rimescolamento delle carte a sinistra. Ancora una volta si
verifica uno slittamento moderato e ancora una volta a essere rimossi
sono gli unici simboli viventi della storia del movimento operaio.



La nuova cosa Arcobaleno, dunque, si appresta a nascere dentro un
orizzonte timidamente riformista, di stampo governativo e con un
azzeramento di quel patrimonio non negoziabile rappresentato dal
conflitto sociale e dalla costruzione dei movimenti che ha
caratterizzato il Prc. Si appresta a nascere, cioè, affossando la
rifondazione comunista.



E fatto ancora più grave, questa scelta non
viene sottoposta ad una verifica seria da parte dei e delle militanti,
dentro il dibattito congressuale. Si sceglie invece la strada di una
"consultazione" (parola equivoca viste le precedenti esperienze) che
avverrà solo sul tema delle "condizioni per la continuazione della
partecipazione al Governo" e che espropria le compagne e i compagni che
rappresentano l'ossatura del partito della possibilità vera di
decidere: questa è la conseguenza del "colpo di mano" rappresentato dal
rinvio del Congresso alla fine del prossimo anno, quando ormai scelte e
decisioni saranno irrevocabili - e comporteranno la scomparsa del
progetto di una rifondazione comunista e rivoluzionaria (qualunque
significato si voglia dare a questo concetto).



La situazione che si
è venuta a determinare, quindi, ci fa dire che la nostra esperienza nel
Prc è conclusa e che intendiamo avviare la costruzione di un nuovo
progetto politico.

Una separazione che nasce dalla presa d'atto che
due progetti diversi prendono strade diverse: da un lato Rifondazione
chiude di fatto la propria storia, sottraendo il congresso ai suoi
militanti, per dare vita a un nuovo soggetto politico, con un nuova
identità, timidamente riformista e a vocazione governativa; dall'altro,
Sinistra Critica, con forze certamente più modeste ma senza per questo
rinunciare "all'utopia concreta" e allo slancio politico delle sue
compagne e dei suoi compagni, propone di continuare a costruire una
sinistra di classe, anticapitalista, di opposizione, centrata sui
movimenti e in grado di riappropriarsi dello spazio teorico e pratico
di una moderna sinistra rivoluzionaria. Una sinistra all'opposizione,
oggi, del governo Prodi.Una sinistra a sinistra dell'Arcobaleno.



Una separazione, dunque, che nasce nel vivo di un passaggio di fase
molto importante e in un processo di rimescolamento generale della e
nella sinistra. E' questo, dunque, a conferire valore politico e
attualità alla scelta che noi oggi compiamo. Ma nel momento in cui la
compiamo, naturalmente non possiamo e non vogliamo dimentica la rottura
che si è operata con l'espulsione del nostro compagno Franco
Turigliatto, colpevole di essersi rifiutato di votare ciò che per anni
il partito aveva contrastato. Quella scelta l'abbiamo fatta nostra a
sua tempo e oggi la rivendichiamo e se c'è una distanza tra
quell'episodio e l'atto politico di oggi, questa testimonia della
volontà di dare ancora una possibilità al dibattito interno.
Possibilità che non è maturata e che le decisioni delle ultime
settimane hanno ormai reso illusoria.



A quei compagni e quelle
compagne che vi hanno creduto e che pensano sia possibile cambiare il
corso delle cose diciamo oggi di riflettere seriamente. Non vi diciamo,
semplicemente, venite con noi e seguiteci in questa scelta ma
riflettete seriamente. Davvero, si rischia di disperdere un patrimonio
militante molto importante e si rischia di dover ricominciare con forze
molto esigue. Anche per questo abbiamo parlato di "Costituente
Anticapitalista": rivolta a forze politiche e sociali di movimento ma
rivolta anche a tutti coloro che hanno militato o militano ancora in
Rifondazione, o in altri partiti della sinistra, e che vogliono darsi
una nuova occasione.



Vi comunichiamo dunque la fine della nostra
presenza nel Prc. Lo facciamo serenamente e senza settarismi, nella
nettezza della polemica politica, che non concede sconti, ma anche
nella consapevolezza che non mancheranno momenti di collaborazione e di
confronto.

Ma è tempo di ricordare che in Italia sono sempre esistite
due sinistre; una moderata e riformista e l'altra anticapitalista e
rivoluzionaria. Nel momento in cui il Partito democratico sceglie il
centro, le due sinistre sono destinate a venire alla luce.



Fraternamente,



Matteo Bartolini, Sergio Bellavita, Salvatore
Cannavò, Luigino Ciotti, Lidia Cirillo, Danilo Corradi, Christian Dal
Grande, Flavia D'Angeli, Gianluigi Deiana, Nadia De Mond, Roberto
Firenze, Aurelio Macciò, Elena Majorana, Gigi Malabarba, Felice
Mometti, Cinzia Nachira, Chiara Siani, Nando Simeone, Franco
Turigliatto



Roma 16 dicembre 2007
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