[Cm-milano] Fwd: Re: [neurogreen] G8, oltre 100 anni di carc…

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Autore: Adriana Marafioti (adriana.marafioti)
Data:  
To: cm-milano
Oggetto: [Cm-milano] Fwd: Re: [neurogreen] G8, oltre 100 anni di carcere per 24 no global

Simone ha scritto:
> Io ancora mi chiedo come si faccia a dare 10 anni di galera per danni
> a delle cose... La pena massima per uno stupro è 10 anni (e raramente
> viene data), devo dedurne che per questi giudici sfasciare delle
> vetrine equivale a violentare una donna...

Lo stupro, così come questa sentenza e non altre, è sempre una
dimostrazione di potere e di autorità.

Il commento del supporto legale spiega bene il senso della condanna:


IN OGNI CASO NESSUN RIMORSO

SUPPORTOLEGALE.ORG - COMUNICATO STAMPA
IN OGNI CASO NESSUN RIMORSO

La sentenza del processo contro 25 manifestanti per gli scontri avvenuti
durante le proteste contro il g8 a Genova, ha deciso qual è il prezzo
che si deve pagare per esprimere le proprie idee e per opporsi allo
stato di cose presenti: 110 anni di carcere. Il tribunale del presidente
Devoto e dei giudici a latere Gatti e Realini, non ha avuto il coraggio
di opporsi alla feroce ricostruzione della storia collettiva ad uso del
potere che i pm Andrea Canciani e Anna Canepa gli ha richiesto di avvallare.
Anzi, ha fatto di peggio. Ha scelto di sentenziare che c'è un modo buono
per esprimere il proprio dissenso e un modo cattivo, che ci sono forme
compatibili di protesta e forme che vanno punite alla stregua di un
reato di guerra.
Per completare l'opera ha anche fornito una consolazione a fine processo
per i difensori e gli "onesti cittadini", chiedendo la trasmissione
degli atti per le false testimonianze di due carabinieri e due
poliziotti, un contentino con cui non si allevia il peso della sentenza
e il cui senso di carità a noi non interessa.

Il tribunale di Genova ha scelto di assecondare tutte quelle forze
politiche, tutti quei benpensanti, tutti quegli avvocati, che -
coscientemente - speravano che pochi, ancora meno dei 25 imputati,
fossero condannati per poter tirare un sospiro di sollievo, per poter
sapere dove puntare il proprio dito grondante morale e coscienza sporca.
L'uso del reato di devastazione e saccheggio per condannare fatti
avvenuti durante una manifestazione politica apre la strada a
un'operazione pericolosa, che vorrebbe vedere le persone supine alle
scelte di chi governa, inermi di fronte ai soprusi quotidiani di un
sistema in piena emergenza democratica, prima ancora che economica.
Nessuno di coloro che era a Genova nel 2001 e che ha costruito carriere
sulle parole d'ordine di Genova, salvo poi tradirle con ogni voto e
mezzo necessario, ha voluto schierarsi contro questa operazione assurda
e strumentale: nessuno, o quasi, in tutto l'arco del centro sinistra al
governo ha saputo dire che a Genova, tra coloro i quali oggi sono stati
condannati ad anni di galera, avrebbe dovuto esserci tutti quanti hanno
partecipato a quelle giornate.

La stessa cosa è stata portata avanti anche da molti dei movimenti, e
molte delle persone che hanno cercato di sabotare i contenuti della
manifestazione che solo tre settimane fa, il 17 novembre, ha riempito le
strade di Genova: hanno voluto annebbiare le persone su chi fossero
coloro che si battevano per un modello di vita e di società diverso, e
chi difendeva il modello che viviamo sulla nostra pelle tutti i giorni;
hanno voluto confondere le acque, forse perché anche la loro dignità è
confusa. E allora decine di comunicati sulle possibili Commissioni
Parlamentari, sulla Verità e sulla Giustizia, e troppe poche parole su
25 persone che stavano avviandosi a diventare capri espiatori di un
potere che ha avuto paura.
Genova però non si cancella con il revisionismo a mezzo procura, né con
le pelose scelte di comodo e gli scheletri nascosti negli armadi. Le
80.000 persone che lo scorso 17 novembre hanno sfilato per le vie di
Genova, non chiedevano una Commissione Parlamentare, bensì che 25
persone non diventassero il paravento dietro cui seppellire un passaggio
storico scomodo, che ha messo in discussione l'attuale sistema di vita e
di società. Siamo convinti che quelle 80.000 persone ci ascoltano e non
permetteranno a un'aula di tribunale di espropriare la propria memoria e
devastare le vite di 24 persone.
A maggior ragione oggi, con una sentenza che cerca di schiacciarci e
farci vergognare di quello che siamo stati e quello che abbiamo vissuto,
di dipingere quei momenti di rivolta a tinte fosche anziché con la luce
e la dignità che meriterebbero i momenti più genuini che esprimono la
volontà popolare, noi diciamo che non ripudieremo nulla, che non
chiederemo scusa di nulla, perché non c'è nulla di cui ci pentiamo o di
cui sentiamo di dover parlare in termini diversi che del momento più
alto della nostra vita politica.

Noi pensiamo che tutti coloro che erano a Genova dovrebbero gridare: in
ogni caso nessun rimorso. Nessun rimorso per le strade occupate dalla
rivolta, nessun rimorso per il terrore dei grandi asserragliati nella
zona rossa, nessun rimorso per le barricate, per le vetrine spaccate,
per le protezioni di gommapiuma, per gli scudi di plexiglas, per i
vestiti neri, per le mani bianche, per le danze pink, nessun rimorso per
la determinazione con cui abbiamo messo in discussione il potere per
alcuni giorni.
Lo abbiamo detto il giorno dopo Genova, e in tutti questi anni: la
memoria è un ingranaggio collettivo che non può essere sabotato. E per
tutto quello che Genova è stata e ha significato noi non proveremo
nessun rimorso. Oggi, come ieri e domani, ripeteremo ancora che la
Storia siamo Noi. Oggi, come ieri e domani, diremo di nuovo: in ogni
caso nessun rimorso.

SUPPORTOLEGALE





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NEUROGREEN
ecologie sociali, strategie radicali
negli anni zerozero della catastrofe
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