[Forumumbri] Il movimento per l'acqua ha fatto molta strada …

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Autore: elisabetta63\@libero\.it
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To: forum umbri
Oggetto: [Forumumbri] Il movimento per l'acqua ha fatto molta strada e va molto lontano
IL MOVIMENTO PER L’ACQUA HA FATTO MOLTA STRADA,

IL MOVIMENTO PER L’ACQUA VA MOLTO LONTANO





Con la manifestazione nazionale per “ripubblicizzare l’acqua, difendere i
beni comuni” del 1 dicembre 2007 a Roma, possiamo dire che sia giunto a
conclusione un primo ciclo di mobilitazione sociale per l’acqua nel nostro
Paese.

Al fine di affrontare la nuova fase, che sarà non meno impegnativa e
importante di quella trascorsa, vale sicuramente la pena provare a
rivisitare quale sia stato il percorso sin qui compiuto, quali passaggi
abbia dovuto affrontare, quali caratteristiche del movimento abbia messo in
luce.

Un lavoro di restituzione per meglio comprenderci e che consenta a tutte/i
noi di far tesoro dell’esperienza intrapresa, come miglior viatico per le
future battaglie.

Ecco di seguito alcune considerazioni, certo non esaustive, che provano a
segnare gli elementi più importanti del percorso effettuato.







Se cinque anni vi sembran pochi



Il percorso per costruire una vera e propria vertenza nazionale sull’acqua
arriva da lontano e trova il suo humus nelle decine di conflitti
territoriali aperti in tutto il paese contro la privatizzazione dell’acqua.



I passi iniziali vengono mossi in Toscana, dove la realizzazione nel
novembre 2002 del Forum sociale europeo e nel marzo 2003 del Forum mondiale
alternativo dell’acqua consentono di sedimentare nuove consapevolezze e di
dare ulteriore impulso alle capacità di radicamento territoriale delle
realtà di lotta nella regione. La Toscana è stata la prima regione italiana
ad applicare la legge Galli e a scegliere il partenariato pubblico-privato
come modello di gestione dei servizi idrici. I risultati di queste gestioni,
analizzate dai social forum territoriali, mettevano in radicale discussione
la bontà, da molti accettata a prescindere, del cosiddetto “modello
toscano”.



Durante due appuntamenti regionali costruiti dal coordinamento dei social
forum toscani, tenutisi nell’estate 2004 a Stia e a Piombino, i movimenti
decisero di ingaggiare una lotta regionale contro la privatizzazione
dell’acqua e stabilirono come strumento di questa mobilitazione la
predisposizione di una legge regionale d’iniziativa popolare.

La campagna di raccolta firme fu un successo: nonostante ne fossero
sufficienti per legge solo tremila, e nonostante il comitato promotore si
fosse dato l’obiettivo di 30mila, nei sei mesi da febbraio ad agosto 2005,
furono raccolte ben 43mila firme.

La proposta di legge venne poi respinta dal Consiglio Regionale nell’autunno
2006.



Ma intanto un nuovo movimento era partito, e dal Lazio alla Sicilia,
dall’Abruzzo alla Toscana, dalla Campania alla Lombardia si stavano
moltiplicando le lotte territoriali. Tanto che, quando diversi esponenti di
associazioni nazionali e di comitati territoriali (tra gli altri: Attac
Italia, Comitato italiano per il contratto mondiale dell’acqua, Fp Cgil,
Arci, Sincobas, Confederazione Cobas, Abruzzo social forum, Rete toscana per
l’acqua) hanno promosso, nel luglio 2005 un primo appello per realizzare il
Forum italiano dei movimenti per l’acqua, le adesioni si sono in brevissimo
tempo moltiplicate.

Cinque assemblee nazionali itineranti (Cecina, Firenze, Roma, Pescara e
Napoli) hanno scandito i tempi della costruzione partecipata del Forum che,
nel marzo 2006, si è infine realizzato a Roma, con più di seicento
partecipanti, una pluralità di esperienze a confronto, la percezione di una
possibile diffusione sull’intero territorio nazionale.



L’assemblea conclusiva del Forum italiano dei movimenti per l’acqua,
giudicando matura l’apertura di una vertenza nazionale sull’acqua, ha scelto
la costruzione di una legge nazionale d’iniziativa popolare come strumento
di rafforzamento delle vertenze territoriali e come elemento di
riunificazione delle stesse, verso un obiettivo di esplicita rottura della
“gabbia” normativa attuale, che permetteva gestioni dei servizi solo
attraverso la forma societaria della SpA.

Anche la scrittura del testo si è svolta con la massima partecipazione
possibile, affiancando nei tavoli di lavoro tecnici ed attivisti per mettere
in comune i differenti saperi e le diverse esperienze. Il testo della legge
è stato approvato dall’assemblea nazionale dei movimenti per l’acqua
tenutasi a Firenze il 7 ottobre 2006. La stessa assemblea ha ribadito la
scelta politica dello strumento d’iniziativa popolare, proprio per attivare
una campagna di raccolta firme, di iniziative e di mobilitazioni che
coinvolgesse l’intero paese.

Il comitato promotore, a cui hanno aderito 70 reti e organizzazioni
nazionali e quasi mille comitati territoriali ha lanciato, a metà gennaio
2007, la campagna di raccolta firme. Dopo sei mesi intensi di banchetti,
dibattiti, assemblee e mobilitazioni (10.000 a Palermo nella manifestazione
del 10 marzo) che hanno attraversato ogni angolo del Paese, il 10 luglio
2007, il Comitato promotore ha consegnato al Presidente della Camera 406.626
firme in calce alla legge d’iniziativa popolare, chiedendone l’immediata
calendarizzazione nelle sedi parlamentari.



Contemporaneamente, la necessità di tenere alto il carattere della vertenza
nazionale e di evitare che, con la consegna delle firme, l’intera vertenza
fosse solo consegnata al livello politico-istituzionale, il Forum Italiano
dei Movimenti per l’Acqua ha deciso di promuovere la prima manifestazione
nazionale per l’acqua.

Sabato 1 dicembre a Roma, quarantamila persone hanno partecipato alla
manifestazione nazionale per “ripubblicizzare l’acqua e difendere i beni
comuni”, in una sorta di atto di nascita di un movimento per l’acqua di
dimensione nazionale.





Qualcosa di importante è successo





Non è solo il fatto che venga da lontano a sancire l’importanza del percorso
effettuato dal movimento per l’acqua nel nostro Paese. Dentro le diverse
vertenze territoriali, dentro il loro intreccio e scambio di saperi ed
esperienze, è cresciuta in quantità e qualità una consapevolezza diffusa e
un percorso di vera autoeducazione popolare orientata all’azione, che ha
fatto del movimento per l’acqua qualcosa di inedito e di fecondo.

Ed ogni passaggio ha sancito il raggiungimento di un importante obiettivo.



L’appello con cui nel luglio 2005 si è proposto l’avvio di un percorso per
la costruzione del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua aveva come
obiettivo primario la messa in rete delle vertenze territoriali che, a
decine, si erano diffuse nel Paese : l’effettiva effettuazione del Forum nel
marzo 2006 ha sancito la prima tappa di questo obiettivo, oggi in larga
parte realizzato.

Il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua è oggi una straordinaria rete,
capace di rafforzare le singole vertenze e anche di connetterle per
obiettivi di dimensione nazionale : una rete pulsante a cui aderiscono
quotidianamente nuove esperienze territoriali.



La scelta dell’assemblea finale del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua
a Roma di lanciare, a partire dalle vertenze territoriali, una legge
d’iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua, aveva come
obiettivo primario la costruzione di una vertenza nazionale, attraverso una
campagna di raccolta firme e di iniziativa che attraversasse ogni angolo del
paese e uno strumento che incidesse direttamente sull’agenda politica.

Lo straordinario successo della raccolta firme dimostra che anche questo
obiettivo è stato raggiunto, l’acqua è entrata nell’agenda politica del
Paese, costringendo le istituzioni a doversi confrontare con le proposte
prodotte e ottenendo anche alcuni primi risultati parziali, come la
moratoria su tutti gli affidamenti in corso e futuri a qualsiasi tipo di
SpA.



La costruzione di una grande manifestazione nazionale per l’acqua, la cui
discussione è iniziata nell’aprile 2007, ovvero a campagna di raccolta firme
in corso, aveva l’obiettivo primario di sancire, assieme alla costruzione
della vertenza nazionale, l’atto di nascita di un movimento per l’acqua di
dimensione nazionale.

I quarantamila partecipanti alla manifestazione nazionale del 1 dicembre,
con la fortissima presenza delle vertenze territoriali, dei comitati di
cittadini, di importanti pezzi del mondo del lavoro, di numerosi enti
locali, hanno dimostrato anche il raggiungimento di questo obiettivo : oggi
il movimento per l’acqua è una realtà politica di dimensione nazionale e
l’onda dell’acqua pubblica diventa ogni giorno più inarrestabile.



Ma c’è un risultato politico culturale che sottende ai pur importantissimi
passaggi sopra descritti.

E’ la rottura di un paradigma, i cui effetti, potenzialmente straordinari,
dovranno essere misurati nel tempo.

Il paradigma che il movimento per l’acqua ha rotto è la gestione dei servizi
attraverso SpA, ovvero la rimessa in discussione radicale di una gestione
che negli ultimi 15 anni aveva trovato consensi bipartisan ed era stata
interiorizzata da tutte le culture politico-amministrative.

Oggi il dibattito sulle forme di gestione è molto più aperto e libero, la
fuoriuscita delle gestioni dalle SpA raccoglie costantemente nuovi consensi.
Basti pensare che perfino un provvedimento iperliberista, come il DDL
Lanzillotta –che si prefigge la messa sul mercato di tutti i servizi
pubblici locali, ad eccezione del servizio idrico- è in qualche modo
“costretto” a rimettere in campo la possibilità di gestione dei servizi
attraverso enti di diritto pubblico (aziende speciali etc.), rinominando
qualcosa che nella normativa italiana non compariva dal 1990.





Cosa ha reso tutto questo possibile



Tutto questo non era né facile, né scontato. Tutto questo non è avvenuto
per caso.

L’esperienza del movimento per l’acqua ha potuto produrre il percorso sin
qui delineato perché ha saputo mettere a fuoco alcune caratteristiche che ne
hanno permesso la crescita politica e culturale e ne hanno rafforzato la
capacità di mobilitazione.

Vediamole assieme.



Il primo dato è relativo all’intreccio tra locale e globale.



E’ un binomio che a parole viene dato per scontato ed enunciato
astrattamente ad ogni piè sospinto.

In realtà si tratta di una dialettica molto delicata, la cui costruzione è
tutt’altro che semplice e scontata. Perché non è scontato che una realtà
territoriale, per quanto forte e radicata nel locale, pensi alla necessità
di un intreccio più ampio e pratichi gli strumenti per costruirlo. E non è
altrettanto scontato che una rete nazionale o, ancor più, organizzazioni
nazionali strutturate pensino e pratichino un altro modo di costruire i
percorsi e le decisioni, a partire dal rispetto della crescita di tutte le
realtà.

Uno dei punti di forza del movimento per l’acqua è stato quello di non dare
mai per scontata l’acquisizione di questo intreccio, mettendolo a tema ogni
volta, e ripercorrendone i passi di fronte ad ogni scelta comune.

Esempio ne è stata la manifestazione nazionale, che ha visto l’apertura di
una importante consultazione fra tutte le realtà territoriali sulla scelta
del luogo dove tenerla e che ha avuto come risultato una manifestazione
effettuata a Roma ma straordinariamente partecipata dalle realtà
territoriali.



Il secondo dato è relativo ai soggetti in campo.



Anche qui diventa esemplificativa la manifestazione nazionale del 1
dicembre.

In piazza c’erano cittadini organizzati nei comitati territoriali,
importanti esperienze del mondo dei lavoratori del servizio idrico, numerosi
enti locali con delibere di adesione approvate e con gonfalone in corteo.

Cittadini, lavoratori e amministratori locali sono i tre soggetti più
colpiti dai processi di privatizzazione dell’acqua e dei beni comuni e sono
di conseguenza i tre soggetti la cui capacità di incontro può davvero
determinare una svolta per la battaglia della ripubblcizzazione.

Anche su questo punto, il possibile intreccio tra cittadini, lavoratori ed
enti locali non va dato per scontato, né per compiutamente acquisito. Ma la
capacità del movimento per l’acqua di saper tessere la trama tra questi
diversi punti di resistenza alle privatizzazioni e di aver costruito uno
spazio politico per il loro incontro –ancora embrionale naturalmente- è
stato un punto di forza determinante sino ad ora e sicuramente fertile per
il futuro percorso.



Il terzo dato è relativo al binomio radicalità-inclusione



La radicalità del movimento per l’acqua sta nella scelta di campo praticata
fin dall’inizio : l’affermazione dell’acqua come bene comune e diritto umano
universale, la totale fuoriuscita del servizio idrico dalle gestioni di
mercato, la riappropriazione sociale della sua gestione attraverso la
partecipazione dei lavoratori e delle comunità locali.

E’ la costruzione di un nuovo paradigma che impatta e contrasta direttamente
con l’economia liberista della messa sul mercato dell’intera vita delle
persone; che impatta e contrasta con una democrazia formale al servizio dei
capitali finanziari e contrappone la ricostruzione di una democrazia dal
basso e partecipativa.

Uno dei punti di forza del movimento per l’acqua è stato quello di saper
coniugare il massimo di radicalità possibile con il massimo di inclusione
delle culture, delle esperienze e perfino delle storie individuali,
producendo ad ogni nuovo incrocio una nuova faccia di un caleidoscopio
collettivo, il cui disegno diventa possibile solo con il concorso di tutte
le forme.

E’ innegabile come, tra tutte le esperienze di movimento attive in questi
ultimi anni, il movimento per l’acqua sia quello che ha prodotto la più
ampia articolazione tra soggetti che vi concorrono, mettendo assieme culture
ed esperienze molto diverse, non ultima la straordinaria partecipazione di
tantissimi cittadini, spesso alla loro prima esperienza di attivisti
sociali.



Il quarto dato è relativo alla capacità di mettere insieme resistenza e
proposta



Di fronte all’aggressività delle politiche liberiste, che si prefiggono la
messa sul mercato dell’intera vita delle persone dentro l’orizzonte della
solitudine competitiva –ciascuno da solo proiettato sul mercato in diretta
competizione con l’altro e senza più nessun legame sociale- il movimento per
l’acqua ha costruito, innanzitutto con l’apertura di decine di vertenze
territoriali, un forte movimento di resistenza contro le privatizzazioni.

Una capacità di resistenza che ha fatto ricorso a tutti gli strumenti
conosciuti, dalla sensibilizzazione attiva alla mobilitazione politica,
dall’attivazione sociale alla disobbedienza civile.

Un coacervo di esperienze che hanno costruito una barriera culturale e
politica all’avanzare delle politiche liberiste di privatizzazione,
ostacolando concretamente i processi di messa sul mercato dell’acqua e dei
beni comuni.

Ma il movimento per l’acqua è riuscito a coniugare questa formidabile
capacità di resistenza capillare con la costruzione di una proposta politica
e di una piattaforma di obiettivi che ne hanno permesso l’ampliamento della
capacità di aggregazione e ne hanno approfondito le possibilità di incidenza
politica.

Perché di fronte al binomio resistenza –proposta nessuno ha potuto più
liquidare le lotte per l’acqua come localistiche –portavano con sé, infatti,
una proposta di cambiamento più generale- né come pratiche puramente
testimoniali – portavano con sé, infatti, una proposta tanto radicale quanto
praticabile qui ed ora, dunque non liquidabile senza l’apertura di un forte
confronto politico e sociale.



Il quinto dato è relativo all’autonomia politica del movimento per l’acqua.



L’autonomia politica delle esperienze di movimento è stata in questi ultimi
anni tanto enunciata quanto poco spesso praticata. Si tratta di una
dialettica – fra movimenti e politica istituzionale- assolutamente
complicata nella sua comprensione e gestione concreta, al punto che molte
esperienze di movimento hanno finito per arenarsi di fronte alle sfide da
questa poste.

In un contesto comunque non scontato, né acquisibile una volta per tutte, il
movimento per l’acqua ha tuttavia saputo fin qui dimostrare una pratica
dell’autonomia che ne ha fatto uno dei punti di forza, nonché gli ha
permesso di ottenere alcuni primi risultati, per quanto parziali.

Perché il movimento ha saputo declinare l’autonomia innanzitutto come
autonomia della propria politica e non come separatezza tra il sociale e il
politico. Ha saputo, cioè, affrontare il nodo non dichiarando l’autonomia di
un sociale –buono a prescindere- da un politico –cattivo a prescindere-,
bensì praticando una politica autonoma, perché fondata su contenuti,
obiettivi e pratiche proprie, con la quale ha provato ad attraversare tanto
la sfera del sociale, quanto la sfera del politico-istituzionale.

Il movimento per l’acqua, evitando di interiorizzare e di assumere su di sé
necessità e vincoli del quadro politico-istituzionale, ha saputo praticare i
propri obiettivi in maniera protagonista e non subalterna.

Ha così potuto determinare i tempi e i modi della propria pratica senza
farseli dettare dall’agenda istituzionale; ha così potuto praticare la
radicalità dei propri contenuti, assumendo il conflitto come risorsa della
democrazia; ha così potuto allargare l’area del proprio consenso, facendo
della diversità di esperienze occasione di nuove sintesi e non motivo di
intralcio della propria mobilitazione.

Non è quindi per caso che sia stato proprio il movimento per l’acqua quello
che, tra tutte le vertenze di movimento e di fronte ad un quadro politico
sostanzialmente “autistico”, abbia maggiormente inciso sull’agenda politica
istituzionale e abbia riportato alcuni primi risultati, per quanto parziali.



Il sesto dato, che tutti li sottende, è il metodo partecipativo.



C’è una spiegazione che sottende tutti gli elementi di positività che sono
stati sin qui espressi come punti di forza del movimento per l’acqua: è la
scelta del metodo partecipativo come asse determinante per la costruzione di
qualunque movimento e per la definizione di qualunque scelta o passaggio
questo movimento debba affrontare.

Il metodo partecipativo è un’altra delle scommesse, per nulla scontata, che
i movimenti hanno scelto di praticare.

Ma è tanto condivisibile come affermazione astratta, quanto complicato da
gestire nella pratica concreta.

Comporta alcuni elementi non secondari: dalla scelta dei tempi, che deve
corrispondere alla crescita naturale di ogni esperienza che vi partecipa,
senza nessuna scorciatoia di crescita artificiosamente indotta; all’adozione
del metodo del consenso, che ripudia qualunque rapporto di forza in favore
dell’assunzione del punto di vista dell’altro come parte della verità, e di
quest’ultima come mai definitiva o totalizzante, bensì come costruzione per
approssimazioni successive; fino alla pratica sperimentazione di una
consultazione permanente dagli esiti mai predefiniti e con la possibilità di
continua revisione delle scelte intraprese.

Il movimento per l’acqua non ha certo risolto tutta l’enorme complessità
della democrazia partecipativa, ma oggi, dopo alcuni anni di sperimentazione
pratica, può essere sicuramente definito un laboratorio vero di questa
esperienza, sempre in itinere e assolutamente perfettibile.



Il settimo dato è l’assunzione dell’acqua come paradigma e l’apertura di
finestre orizzontali.



L’acqua è un bene essenziale per la sopravvivenza stessa della vita sul
pianeta, di conseguenza è un bene comune e un diritto umano universale.
Questo è l’elemento essenziale che ha coagulato le diverse esperienze che,
nel tempo, hanno dato vita in questo Paese al movimento per l’acqua.

Ma un ulteriore elemento di forza di questo movimento è stato quello di
affermare sì la specificità dell’acqua come bene comune primario, ma nel
contempo di considerarlo un paradigma di tutti i beni comuni, come humus
fondativo del legame sociale fra le persone e di conseguenza della
democrazia.

Il movimento per l’acqua è dunque riuscito ad essere nello stesso tempo un
movimento competente, capace cioè di conoscere a fondo il conflitto in corso
sull’acqua e di produrre proposte alternative, e nello stesso tempo ad
evitare di divenire un movimento specialistico, che declina il tema acqua
come un universo a se stante e isolato dalle più ampie dinamiche sociali.

La scelta dell’acqua come paradigma di un diverso orizzonte sociale ha
aperto la strada del movimento per l’acqua a possibili sinergie con tutte le
altre vertenze in campo sui beni comuni naturali e sociali, sui servizi
pubblici e la democrazia.

E’ questo al momento solo un percorso embrionale, fatto per ora più di
contatti che di nuovi intrecci politico culturali, ma altrettanto foriero di
possibili sviluppi futuri di ampliamento dell’orizzonte delle lotte e delle
proposte.





Marco Bersani

(dedicato a tutte/i quelli che ci hanno creduto)

dicembre 2007
























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